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Elettronica indossabile, IA e algoritmi: così il digitale curerà le malattie di cervello e cuore

depressione

L’innovazione tecnologica si applica in ogni settore, compreso quello della nostra salute, della medicina e della cura di malattie molto diffuse e di forte impatto sociale. La ricerca e la cura hanno sempre più necessità di soluzioni ad alto contenuto tecnologico, anche in aree di intervento molto sensibili, come il cervello, il cuore ed altri organi vitali.

In Europa sono oltre 165 milioni le persone interessate da disturbi cerebrali di qualche tipo (tra cui i più conosciuti sono Alzheimer, demenza, schizofrenia, morbo di Parkinson, ma anche epilessia, depressione, ictus, emicrania cronica, disturbi del sonno) e le stime sono peggiorative, perché presto un europeo su tre soffrirà di queste patologie, con conseguente aumento dei costi sanitari, calcolati attorno agli 800 miliardi di euro l’anno.

Oggi la ricerca sullo sviluppo di nuove opzioni di trattamento per i pazienti con disturbi cerebrali ha intrapreso un’inevitabile svolta digitale, sfruttando la potenza di tali tecnologie e il peso crescente dell’informatica come mezzo per spingere in avanti i confini della ricerca cerebrale, delle neuroscienze cognitive e dei progressi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ispirati al cervello.

In tale contesto, la Commissione europea ha sostenuto la ricerca sul cervello attraverso programmi quadro successivi di ricerca e innovazione: 3,1 miliardi di euro nel precedente programma, il 7° PQ (2007-2014), e altri 3,2 miliardi di euro finora attraverso Orizzonte 2020.

C’è lo “Human Brain Project” (o progetto HBP), un’iniziativa faro da 1 miliardo di euro che mira ad accelerare la nostra comprensione del cervello umano e delle sue malattie e, in particolare, a costruire una piattaforma di ricerca europea basata sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic) per neuroscienze e medicina.

C’è il progetto “Aetionomy” che acquisisce e rappresenta in modo sistematico le conoscenze sulle malattie neurodegenerative in un formato computabile che rappresenta cause ed effetti e che può essere analizzato mediante algoritmi. Anch’esso finanziato attraverso la IMI, il progetto “EU-Aims” ha sviluppato un grande database sull’autismo, uno dei più ricchi del suo genere al mondo, che ha il potenziale di cambiare drasticamente la base di conoscenze per l’autismo, mentre il progetto “Prism” ha sviluppato un nuovo quadro che potrebbe aiutare i ricercatori a comprendere meglio la complessità della malattia neuropsichiatrica, allontanandosi dalle attuali classificazioni riduttive di malattia, per aprire la strada a nuovi trattamenti.

Un altro progetto particolarmente promettente è “Nosudep”, che ha aperto la strada all’elettronica indossabile come mezzo per aiutare le persone affette da epilessia. C’è poi l’iniziativa “Breakben”, che ha progettato e realizzato magnetometri altamente sensibili che promettono scansioni celebrali migliori e più dettagliate, e il progetto “Pronia”, che ha creato nuovi algoritmi che consentono previsioni più accurate delle psicosi.

Di questi giorni l’annuncio della sperimentazione clinica internazionale di “V-LAP”, il primo microcomputer wireless per il monitoraggio cardiaco al mondo, avviata anche in Italia su persone affette da insufficienza cardiaca. L’équipe del professor Filippo Crea, direttore del Polo di Scienze cardiovascolari e toraciche del Policlinico Gemelli IRCCS, ha eseguito a Roma con successo l’impianto del dispositivo su un paziente ultrasettantenne con scompenso cardiaco.

Il primo intervento è stato portato a termine a Firenze dal professor Carlo Di Mario dell’Università degli Studi di Firenze.
Se il trial darà risultati positivi, si tratta – ha spiegato in una nota ufficiale il professor Crea – di un potenziale balzo in avanti nell’ambito della telemedicina e della medicina personalizzata”.

Il dispositivo è inserito nel setto interatriale (che separa le due camere chiamate atri) e consente di raccogliere e fornire con la massima rapidità dati molto accurati h24. Il sensore non è alimentato da batterie e può funzionare per l’intera vita del paziente. Si carica in remoto dall’esterno e trasmette in modo totalmente wireless le informazioni sull’attività cardiaca del paziente direttamente ai medici e all’ospedale, dove i tracciati saranno analizzati dai cardiologi.
I dati forniti dal dispositivo vengono analizzati grazie all’uso di tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning che permettono di intervenire in una fase precoce, rilevare eventi critici e aiutare i pazienti a raggiungere uno stato soddisfacente di equilibrio e sicurezza.        

Lo scompenso cardiaco (quando il cuore non è più efficiente nel pompare il sangue) è l’esito di tutte le malattie cardiache non intercettate, dall’infarto alle cardiopatie congenite. Si stima che dopo i 65 anni una persona su 10 abbia una qualche forma di scompenso cardiaco. Abitualmente il paziente viene monitorato con visite periodiche, ma può accadere tra un controllo e l’altro che l’attività cardiaca si alteri improvvisamente portando al ricovero.

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