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eJournalism, in Italia ancora incertezza e poche risorse

Incertezza, poche risorse e scarsa attenzione da parte delle istituzioni. E’ questo, in estrema sintesi, l’orizzonte in cui si muove il giornalismo digitale in Italia e che renderebbe quindi l’informazione online sostanzialmente ‘’non libera”.

E’ pieno di ombre e criticità il quadro che emerge dalle considerazioni espresse dalle testate che hanno partecipato al sondaggio realizzato da ‘’Giornalismi’’ (gruppo di lavoro del Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti) in collaborazione con Anso (l’Associazione degli editori online) per la seconda fase della Ricerca sul giornalismo e l’editoria digitale in Italia (il primo Rapporto è qui), dedicata soprattutto al giornalismo digitale ‘’nativo’’ non collegato a testate cartacee o emittenti radiotelevisive.

La conferma viene anche da una serie di interviste specifiche, condotte da ‘’Giornalismi’’, che testimoniano come chi fa seriamente informazione sul web, ha per compagna l’incertezza. Se è imprenditore combatte con i conti che non tornano per la pubblicità insufficiente e con la paura delle cause che possono arrivare dai dipendenti se i contratti non sono sufficientemente “blindati”. Se è dipendente da un lato si gode l’avventura di un lavoro che quando dà soddisfazioni non ha nulla da invidiare alle altre testate, anzi. Ma è talmente legato alle oscillazioni del mercato che ritrovarsi per strada può essere un attimo. Insomma, sintetizzano in coro i protagonisti dell’editoria online che abbiamo interpellato, ‘’siamo soli, vogliamo un nostro contratto e delle leggi che finalmente ci tutelino’’.

Se poi si passa in particolare alla situazione del fotogiornalismo, il quadro che emerge da una serie di altre interviste mirate è veramente a tinte fosche. L’ impatto che le tecnologie digitali stanno avendo sul segmento del fotogiornalismo ha prodotto una giungla che – dicono i diversi fotoreporter interpellati – non vede il rispetto delle regole base di privacy, deontologia professionale e diritto d’autore. Anche se – sono convinti in molti –‘’ la scarsa qualità del ‘tutti fotogiornalisti’ lascia dello spazio ai professionisti per l’approfondimento’’

Il tutto in una situazione in cui – come spiega Pier Luca Santoro in una analisi dello scenario industriale del settore realizzato come sfondo per questa ricerca – ‘’non è ancora chiaro quale sia il modello di business in grado di garantire adeguati ritorni economici’’.

Intanto, come afferma in un suo intervento Betto Liberati, presidente Anso fino al 7 maggio scorso (Sostituito dall’attuale Presidente Marco Giovannelli), ‘’appare sconfortante, per di più in un momento storico come quello attuale in cui la multimedialità pervade ogni angolo della vita quotidiana dei cittadini, la mancanza di dati riconosciuti e certificati – non solo statistici – e disponibili in tempo reale sullo status di testate e aziende che fanno del tempo reale parte la propria missione.

In questi ultimi anni – precisa Liberati – ANSO ha sollecitato su questo tema i governi che si sono succeduti. Ora l’augurio è che assieme all’ODG, e grazie all’importante lavoro svolto con questa ricerca, si riesca a sensibilizzare le istituzioni affinché possa nascere un vero Osservatorio del comparto digitale’’.

Alla Ricerca hanno contribuito i consiglieri nazionali dell’Ordine Fabio Amoroso, Paola Cascella, Mario Derenzis, Franco Nicastro, Andrea Pattaro, Pino Rea, Mario Rebeschini, Gianfranco Sansalone e Alessandro Savoia, e, come consulenti esterni, Carmen Lentini, Andrea Morigi e Pier Luca Santoro.

Ecco di seguito alcuni estratti dalla ricerca che troverete allegata ed in forma integrale e scaricabile in calce a questo articolo, buona lettura!

” …ci sono blogger non iscritti all’Ordine, e che non vogliono nemmeno iscriversi, che hanno audience superiori a star del giornalismo e guadagnano più di un redattore: si prenda atto che c’è una rivoluzione già fatta che sta portando a nuovi cambiamenti; che c’è sì bisogno anche di deontologia, ma che il nuovo va avanti mentre l’Ordine dei giornalisti si comporta secondo regole ormai ottocentesche…”

Il questionario sottoposto al mondo del giornalismo digitale ‘’diffuso’’ è stato compilato da 79 testate italiane. Si tratta di circa il 6% delle 1300 testate giornalistiche online operanti in Italia (secondo le valutazioni di Anso). Undici di esse (il 14% del campione) hanno dichiarato un fatturato superiore ai 100.000 euro annui e solo tre di esse fanno capo a editori che pubblicano anche quotidiani cartacei.

Un campione relativamente ristretto dunque, ma che – a nostro parere – offre comunque una serie di spunti interessanti, da cui si potrebbe partire per approfondire l’esame dello sviluppo e dei problemi del giornalismo e dell’editoria digitale in Italia. A dati puramente quantitativi, infatti, bisognerebbe aggiungere anche un’analisi sul campo delle trasformazioni che le nuove tecnologie hanno portato nel campo dell’attività quotidiana e nelle pratiche del giornalismo professionale nel nostro paese.

Ma intanto sarebbe importante realizzare la creazione di un elenco specifico delle testate giornalistiche online registrate nei vari tribunali del paese. E cogliamo l’occasione per sollecitare le autorità governative a disporre questa misura.

Le difficoltà economiche sono il principale problema secondo la gran parte delle 71 testate che hanno fornito una risposta alla relativa domanda (8 testate non hanno risposto). Una condizione che produce una assoluta ‘’mancanza di prospettiva economica’’ (come indica una testata toscana) – e che di fatto produce una informazione non libera. Il problema economico – sintetizza efficacemente una testata lombarda – è il problema della libertà di stampa. ‘’Un giornale debole è un giornale facilmente censurabile’’.

Per qualcuno il settore è condannato al sottosviluppo per ‘’l’impossibilità di sviluppo economico’’: una condizione che – asserisce una testata abruzzese – ‘’comporta l’impossibilità di nuove e necessarie assunzioni’’. Insomma, ‘’senza nuovi introiti pubblicitari pagati degnamente e senza un vero mercato concorrenziale tra le testate non ci può essere sviluppo per i migliori’’.

Insieme al problema delle risorse viene segnalata la ‘’scarsa attenzione’’ che le istituzioni hanno finora dimostrato nei confronti dell’editoria digitale. Del tutto ‘’insufficiente’’- viene giudicato da una testata siciliana – il ‘’riconoscimento da parte delle istituzioni del fondamentale lavoro compiuto sul territorio’’.

Questa scarsa attenzione si traduce in disparità di trattamento rispetto all’ informazione tradizionale e in inerzia di fronte allo squilibrio nel campo delle risorse pubblicitarie, che già il ‘’mercato’’, da solo, produce nel campo del valore delle inserzioni online. Il problema, secondo una testata aostana, è nella ‘’mancanza di trasparenza e chiarezza delle norme sull’ editoria online’’.

La percezione della debolezza strutturale del settore è comune a tutte le testate che hanno partecipato al sondaggio, e per qualcuna di esse le difficoltà nascono dall’interno stesso del mondo dell’informazione digitale dove l’abbondanza provoca la ‘’perdita di valore economico dei contenuti di qualità’’.

Le difficoltà sono ben forti sul piano del credito. “Manca totalmente un accesso al credito da parte delle banche. E’ impossibile ottenere qualsiasi tipo di finanziamento senza prestare garanzie’’, denuncia una testata che opera in Emilia-Romagna. La mancanza di fondi – spiega una testata laziale – produce quindi ‘’la difficoltà di assumere giornalisti e personale’’. Oggi – continua – ‘’la gente ritiene che avere le informazioni online in modo gratuito sia la prassi per cui non si possono far pagare i contenuti o si perdono i lettori”.

Alcune testate si sentono in condizioni migliori rispetto alle altre e c’è chi – come ad esempio un sito marchigiano – ritiene di non dover affrontare problemi ‘’particolarmente gravosi’’. Ma poi aggiunge: se non quelli legati alla ricerca di clienti inserzionisti che possano ‘’far vivere e crescere il giornale’’.

Insieme all’aspetto economico si parla di ‘’concorrenza sleale’’ (senza però precisare in che termini), e di ‘’agevolazioni per chi investe nell’ editoria digitale’’ e di ‘’mancanza di tutele per le testate digitali’’. Tanto che una testata abruzzese – denuncia – la ‘’impossibilità assoluta di dare vita ad un giornale con taglio da inchiesta per le enormi ritorsioni economiche, politiche e giudiziarie che hanno vita facile per la mancanza di vere tutele per i giornalisti’’. Una condizione di ‘’solitudine di fronte a pressioni e minacce di cause anche solo con finalità intimidatorie’’, come sostiene una testata emiliana. Varie testate, come è facilmente immaginabile, fanno riferimento anche alla questione della pubblicità. Una testata del Trentino Alto Adige, in particolare, denuncia come principale problema ‘’la politica dei prezzi della pubblicità, in particolare quella dei social’’. Una testata pugliese sottolinea, poi, la ‘’carenza di figure professionali adeguatamente formate nel settore pubblicitario’’.

‘’Le aziende – spiega una testata laziale – non hanno ancora compreso l’importanza della pubblicità sui giornali online e quindi tentano di far passare la pubblicità per notizia con pseudo comunicati stampa inviati da PR. Un’azione scorretta e contro la legge. E si rifiutano di pagare la pubblicità. Purtroppo molti semplici siti – non testate giornalistiche registrate – pubblicano tali articoli pubblicitari creando un danno a chi è onesto”.

Il problema delle risorse pubblicitarie si aggrava poi nel sud: “Nel sud Italia la pubblicità sul web non ha valore ed è difficilmente vendibile”, riferisce una testata campana.

Fra le questioni economiche vengono frequentemente indicate contribuzione e tassazione. ‘’Contratto nazionale di lavoro, Inpgi troppo oneroso per l’editore e non applicabile a piccole testate; assenza di strumenti di inquadramento flessibile ed economico per collaboratori’’, sintetizza una testata lombarda, mentre un sito molisano sostiene che ‘’il costo del lavoro giornalistico è troppo alto’’, suggerendo: ‘’in questo settore dovrebbero essere più semplici le collaborazioni occasionali, anche per le sostituzioni temporanee di personale’’. Tutto questo si traduce in un grosso sforzo per mantenere quell’‘’impegno quotidiano finalizzato a mantenere un buon livello di qualità’’, come sottolinea una testata toscana.

’Produrre contenuti di qualità e contemporaneamente controllare i costi”: così una grossa testata della capitale descrive sinteticamente la situazione dell’editoria online. Tra l’altro, secondo una testata emiliana, uno dei nodi della situazione è la ‘’mancanza di percorsi di formazione superiore per giornalisti in ambito digitale e web’’.

E una testata pugliese sottolinea in particolare una presunta ‘’eccessiva presenza di pubblicisti privi di competenze tecnico-professionali’’. Insomma ‘’il lavoro diventa a volte quasi un volontariato – spiega una testata umbra -. Mancano risorse finanziarie per migliorare struttura e visibilità’’.

C’è chi segnala poi ‘’problemi con diritto all’ oblio e con la privacy’’ (‘’lo scoglio della privacy’’, come la definisce una testata veneta). Disoccupazione e inoccupazione. Criminalità (testata emiliana). Mancanza di tutela e di riconoscimento (per esempio – spiega una testata laziale – non esiste l’accredito a Camera e Senato per una testata esclusivamente online).

Per quanto riguarda il problema dei contenuti, viene ripetutamente stigmatizzata la pratica del ‘’copia-incolla’’ selvaggio, indicata come un problema anche se viene citata la fonte. Una sorta di giungla che viene descritta così da una testata umbra: ‘’Mancanza di indicazioni citazionali nelle pubblicazioni elettroniche (data, autori, editore). Nessuna gestione del copyright ed implementazione delle licenze Creative Commons. Utilizzazione scorretta dei testi e soprattutto delle immagini’’.

Una testata campana asserisce che una parte di responsabilità è anche dell’Odg che – sostiene – non esercita ‘’controllo sui contenuti’’ e quindi ‘’non garantisce la professionalità degli iscritti’’. Denunciando ‘’blog senza controllo che pubblicano contenuti copiati a costo zero facendo concorrenza sleale senza che qualcuno possa prendere provvedimenti’’. Vengono indicati come elementi di criticità anche ‘’la mancanza di normative chiare’’ (e quindi l’“urgenza di semplificazione’’) e la mancanza di una legge di sostegno al comparto. Soprattutto per quelle testate – scrive un sito campano – ‘’che hanno dimostrato affidabilità e sono pronte ad investire in risorse umane’’.

Controllo e verifica delle notizie

Le risposte indicano come sia ampiamente accettata la necessità di controlli e verifiche e come sia diffusa e radicata (almeno come dichiarazioni di intenti) la pratica del controllo e verifica. In grande maggioranza, nelle risposte affermative, il ruolo di controllo e verifica è affidato al direttore, che spesso è anche editore, o in caso di redazioni più ampie anche ai capiredattore.

C’è chi pratica una doppia verifica; c’è chi esplicitamente si rifà alle norme di legge e “al codice etico e deontologico” dei giornalisti.

In diversi casi viene citato come pratica radicata il controllo alla fonte e verifiche – “anche incrociate”.

Per una testata la linea seguita è che “qualsiasi notizia deve essere verificata alla fonte, anche se apparsa su giornali cartacei, sui social network o su altri siti web. In ogni caso, anche per le fotografie, viene sempre citata la fonte originaria, secondo il concetto di massima trasparenza nei confronti del lettore’’.

Qualche testata cita come garanzia di qualità del prodotto la professionalità del proprio personale.

Nel caso di testate scientifiche, poi, la verifica è affidata anche al principio della “peer review”, la revisione ‘’orizzontale’’ affidata alla comunità a cui essa si rivolge.

Il 77% delle testate (61 su 79) seguono delle linee precise di intervento in caso di errore. In generale viene citato come intervento in caso di errore la correzione e – in qualche caso (”in casi estremi”, spiega una testata, la rettifica, anche con le scuse ai lettori. In qualche caso di parla anche di “articoli di riparazione”. Quasi sempre l’intervento è “immediato”, spesso è palese e accompagnato da spiegazioni.

In vari caso si citano “le normali pratiche giornalistiche” o quelle indicatedalla legge e dal Codice etico e deontologico dei giornalisti”. Una testata spiega: “quelle dettate dalla legge sulla stampa e consigliate dall’ordine dei giornalisti: si pubblicano eventuali rettifiche e/o si correggono gli errori/refusi anche su articoli ‘storici’, cioè usciti da tempo”.

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