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Efficienza energetica, grazie all’eolico la base italiana in Antartide risparmierà 80 mila euro l’anno

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Sfruttare i forti venti del Polo per generare energia elettrica, così la base italiana Mario Zucchelli eviterà di consumare combustibili fossili e sperimenterà le fonti rinnovabili in ambienti davvero estremi: in inverno le temperature scendono sotto i -40°C e il vento soffia oltre i 200 km/h.

Nelle terre ghiacciate del Polo Sud i venti possono raggiungere anche i 200 km/h. In particolare, i venti catabatici, anche definiti venti di caduta, originati dalle alture circostanti e mossi da variazioni termiche e per forza gravitazionale, sono in grado di soffiare fino a 300 km/h.

Venti sostenuti e di tempesta, che sono presenti sul suolo dell’Antartide per buona parte dell’anno. Una forza che grazie alle tecnologie attuali può tornare utile per chi vive e lavora in quelle zone così remote ed inospitali, come nel caso delle squadre di ricercatori che a turno occupano la base italiana Mario Zucchelli a Baria Terra Nova.

Qui l’Enea ha progettato e realizzato un impianto eolico che sfruttando i venti catabatici potrà generare 63 mila kWh di energia elettrica l’anno, che significa un risparmio di 24 mila litri di carburante e di 80 mila euro in “bolletta”.

L’impianto – si legge in una nota dell’Enea – consiste di 3 generatori eolici alti circa 10 metri, ciascuno composto da un rotore di 7 metri e da turbine tripale di 5 metri ad asse verticale. I lavori di realizzazione sono iniziati nel 2015 e si concluderanno con un avviamento sperimentale nel corso dell’attuale campagna estiva, la XXXIII del PNRA”

Ma la cosa più importante è che “una volta a regime, le tre torri eoliche riusciranno a coprire il fabbisogno di elettricità della base italiana durante l’intero inverno antartico”.

Dal 1985, la base italiana al Polo Sud ospita il laboratorio scientifico del PNRA, il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, finanziato dal MIUR con l’attuazione logistica dell’Enea e il coordinamento scientifico del CNR.

Ovviamente, spiegano i ricercatori italiani, il fabbisogno energetico della struttura è davvero minimo nei mesi invernali, quindi l’energia elettrica ottenuta con il vento sarà più che sufficiente ad alimentare tutti i sistemi elettronici comunque attivi all’interno della base e i tanti altri che rimarranno in stand by durante il lungo e gelido inverno antartico.

Nella stagione invernale – ha spiegato l’ingegnere Enea Sergio Sgroila stazione italiana non è più presidiata e quindi il fabbisogno energetico è minore, ma resta essenziale mantenere in funzione i sistemi di comunicazione satellitari, le stazioni scientifiche e meteo e garantire il riscaldamento di alcuni locali adibiti a deposito per le apparecchiature sensibili. Durante i lunghi mesi dell’inverno antartico, la centrale endotermica della stazione rimarrà comunque in stand-by e subentrerà per tamponare eventuali situazioni di emergenza o per compensare la variabilità della generazione eolica quando questa non è gestibile dalle batterie di accumulo”.

Diverso il discorso per i mesi estivi, quando la base si rianima e decine di studiosi e ricercatori prendono alloggio al suo interno, lavorando e quindi consumando molta più energia elettrica, cosa che comporta ancora l’utilizzo di combustibili fossili in parallelo con le nuove turbine eoliche.

L’impianto progettato dall’Enea è stato realizzato dall’azienda Ropatec srl di Bolzano in collaborazione con lo Studio Bissanti, è stato personalizzato scegliendo materiali e soluzioni tecniche specifiche per climi particolarmente freddi e trasferito in base via mare, con la motonave oceanografica-cargo Italica nel corso delle traversate fatte nelle ultime due campagne antartiche.

Le principali difficoltà che i tecnici italiani dovranno affrontare per mantenere in attività le pale eoliche sono le temperature davvero rigide, spesso inferiori ai -40°C e come detto i forti venti catabatici che possono toccare punte di 200-250 km/h.

In entrambi i casi lo stress a cui è sottoposto l’impianto potrebbe essere molto forte, fino al suo danneggiamento (il ghiaccio che appesantisce le pale, le raffiche che smontano la struttura).

Per questo motivi, ha infine affermato Francesco Pellegrino, sempre ingegnere Enea, “è allo studio la possibilità di stabilire un monitoraggio e un telecontrollo da remoto, in modo da garantire l’ottimizzazione dei parametri funzionali, assicurare una gestione adeguata degli allarmi e l’eventuale messa in sicurezza dell’impianto in caso di malfunzionamento o guasto tecnico”.