Il libro

‘Effetto digitale’. Gianluca Di Marzio (Sky): ‘Ecco come Twitter mi ha cambiato la vita’

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Pubblichiamo la prefazione di Gianluca Di Marzio, giornalista sportivo di Sky esperto di calciomercato, al libro di Andrea Boscaro e Riccardo Porta ‘EFFETTO DIGITALE. Le nuove professioni, gli strumenti e il Personal Branding’

Quali competenze bisogna avere oggi per accedere alle nuove professioni digitali o per essere al passo con le trasformazioni che il digitale sta portando in quasi tutte le aziende? Quali sono gli strumenti di personal branding e di produttività personale che è utile saper maneggiare?

 

Queste alcune delle domande che si pone il libro ‘EFFETTO DIGITALE. Le nuove professioni, gli strumenti e il Personal Branding’, il nuovo libro di Andrea Boscaro, appena pubblicato con Riccardo Porta.

Arricchito da interviste a professionisti, il libro traccia prima di tutto un elenco delle nuove professioni del digitale e dei percorsi formativi per accedervi; mostra poi quanto e come il digitale sia entrato nelle aziende e abbia modificato le mansioni di chi ci lavora. In tutti i settori.

Nella seconda parte l’attenzione è invece dedicata agli strumenti digitali che è importante conoscere per informarsi, comunicare e collaborare al meglio; si spiega infine come utilizzare i motori di ricerca (Google) e i social media (Facebook, Twitter, Linkedin, YouTube…) per far emergere il proprio “marchio” personale o aziendale.

La prefazione di Gianluca Di Marzio, giornalista sportivo

Mail, da uno sconosciuto. Storia di tre anni fa circa. “Perché non crei un tuo sito Internet personale? Saresti il primo giornalista sportivo in Italia. E Twitter, sai cos’è?” Io avevo solo Facebook e lo usavo per mettere le foto al mare. Oggi la mia vita è cambiata, lo ammetto. Non ho figli naturali, ma uno virtuale. Proprio quel sito Internet diventato brand, come dicono i moderni.

E la mattina, appena mi sveglio, apro Twitter per vedere cosa è successo durante la notte e se i miei follower hanno gradito/commentato (anche criticato) i miei post o interventi serali. Poi, dopo la colazione, c’è Instagram per controllare se la foto del giorno può servirmi da spunto per un pezzo in tv o per sapere che pesce ha preso Ibra nella sua mattinata libera al Psg.

Già. Non tornerei più indietro, lo confesso. Anche se adesso ho meno segreti per tutti quelli che mi seguono e il mio mondo ha le finestre quasi sempre aperte sull’utenza. Non tornerei indietro perché non mi sento mai solo. Ho sempre qualcuno (che non conosco) con cui confrontarmi, scherzare, anche litigare, sì. Ho poi l’opportunità di conoscere tante altre persone, grazie al web.

Un esempio pratico. Su Twitter, c’è un gruppo di tifosi romanisti che cinguetta con l’hashtag #raffichiners, ispirandosi alle raffiche di mercato che racconto su Sky durante la mia trasmissione sulle trattative calcistiche. Mia moglie Anna Maria – che non voleva entrare sui social e adesso ne è vittima o amica, fate voi – interagisce spesso con loro e un giorno mi fa: “Ma percé non andiamo a cena con i raffichiners, quando passiamo per Roma?”.

Poteva sembrare una follia, eh? Io a mangiare con venti o trenta possibili ultrà dai nickname fantasiosi e ironici, mai visti o sentiti in vita mia. La faccio breve. Siamo andati, stati benissimo, e trovato nuovi amici.

I loro occhi brillavano per l’emozione. Un po’ anche i miei. Se capita una discussione per un rigore che in telecronaca non ho evidenziato, ora sono loro i miei principali difensori contro gli accusatori della tastiera, non devo più nemmeno intervenire io. Sono i miei angeli custodi. Così ho coltivato e custodisco una parte del mio pubblico, l’ho fatto consapevolmente perché credo nella forza del rapporto e della sinergia con chi deve valorizzare o comprare il prodotto che fornisco.

Rispondo ogni giorno a decine di domande, ringrazio per i complimenti e puntualizzo dopo le critiche. Ci sono. Sempre. Di giorno e pure di notte, quando a volte coinvolgo tante persone fino a tardi con indovinelli sul prossimo colpo della Juve o del Milan. Loro mi sentono vicino, sì. Sanno di poter chiacchierare con un personaggio pubblico come fosse a casa. Di poterlo menzionare e ricevere forse una sua risposta. Come se whatsappassero (si dice così?) con la fidanzata o mandassero un sms di famiglia. E io mi sento coccolato, considerato, seguito, attenzionato.

Di più, mettendola sul materiale: mi porto dietro un portafoglio clienti dal potenziale interessante, circa 760.000 persone tra Twitter, Facebook e Instagram. Una volta ho persino pensato di coinvolgerli tutti organizzando una mega festa. Ho rinunciato, non so nemmeno come e dove poterli ospitare tutti. Tutta colpa o merito di quella mail.