FIEG, AIE e Confindustria Radio Televisioni in un appello diffuso alla stampa denunciano ancora una volta lo squilibrio creato dalle grandi piattaforme digitali globali, accusate da parte degli editori di sfruttare i contenuti originali creati dai giornalisti senza riconoscere adeguatamente i diritti d’autore e di trattenere la maggior parte dei ricavi pubblicitari grazie all’uso di algoritmi opachi.
Una situazione che mette in forse la sostenibilità economica dell’editoria e mette a rischio pluralismo, cultura e democrazia. L’indebolimento delle imprese editoriali, avvertono le associazioni, non è soltanto un problema economico ma anche un pericolo sistemico per la collettività, con il rischio di desertificazione culturale e riduzione della diversità di opinioni. Con il pericolo ulteriore di fake news e disinformazione galoppante.
Un appello contro lo strapotere delle Big Tech che pochi mesi fa era stato avanzato anche da Marina Berlusconi.
Chiesto intervento urgente
Da qui l’appello al Governo e al Parlamento perché intervengano con urgenza con politiche e normative capaci di riequilibrare il mercato, proteggere i diritti d’autore e garantire un futuro all’informazione libera e indipendente. Il problema della mancanza di un level play field è più che mai sentita nell’industria editoriale tradizionale, come dimostra il recente botta e risposta fra il Sottosegretario all’Informazione e l’Editoria Alberto Barachini e Diego Ciulli, Head of Government di Google ad un convegno sull’AI organizzato la scorsa settimana da AdnKronos. Posizioni diametralmente opposte e di fatto inconciliabili, con Barachini che difende l’originalità del lavoro giornalistico soprattutto in ambito di stampa locale, e Ciulli che al contrario attribuisce ad AI Mode il merito della diffusione e della circolazione dei link di articoli giornalistici che altrimenti non verrebbero letti.
Un tema, quello del copyright, molto sentito soprattutto in relazione al ruolo dell’AI ed oggetto centrale del dibattito che si è tenuto a Eurovisioni ospitato dall’Ambasciata di Francia e organizzato fra gli altri da Agcom.
L’appello degli editori al Governo
Gli editori, garanti del diritto all’informazione e del pluralismo, sono i responsabili della produzione e della diffusione della conoscenza, della cultura e del dibattito civile, valori costituzionalmente garantiti.
Il loro ruolo, oggi, è minato dall’operato delle grandi aziende digitali globali (Big Tech) che hanno alterato profondamente le dinamiche del mercato e i principi base della sana concorrenza.
Contenuti informativi sfruttati
Le Big Tech, infatti, aggregano e sfruttano economicamente i contenuti informativi e creativi prodotti dagli editori senza riconoscere – se non molto marginalmente – i diritti d’autore. Offrono servizi digitali a titolo gratuito in diretta competizione con le fonti originali, ricevendo in cambio dati personali che sfruttano per trattenere la gran parte dei ricavi pubblicitari, indebolendo così la sostenibilità finanziaria di chi si fa carico dei costi della produzione originale. Inoltre, utilizzano algoritmi non trasparenti, che pongono gli editori in una posizione di dipendenza, limitandone la capacità di raggiungere direttamente i cittadini e compromettendo, di fatto, il principio di libertà di impresa nel settore.
Big Tech vogliono l’immunità
Allo stesso tempo, le Big Tech reclamano ampia immunità su quanto avviene nelle loro piattaforme, presentando il furto dell’ingegno altrui, le false notizie e il mascheramento delle fonti come “libertà di espressione”, dimenticando che questa deve sì essere sempre difesa, ma non sfuggendo alle proprie specifiche responsabilità.
Gli editori, al contrario, rispondono legalmente di quanto pubblicano.
Un mercato così fortemente squilibrato non può mai essere equo.
L’indebolimento degli editori non è solo un problema economico, ma un rischio sistemico per la collettività. Un’editoria nazionale fragile si traduce in una ridotta capacità di investire e di innovare, con una progressiva desertificazione culturale e un deterioramento del controllo democratico. Il dominio delle piattaforme tende a standardizzare l’offerta, marginalizzando le voci editoriali minori e riducendo la diversità culturale e di opinioni, essenziale per una società matura.
Rischi per la sovranità culturale?
Affidare la selezione, la distribuzione e la monetizzazione dei contenuti primari a soggetti extra-nazionali rende il Paese più vulnerabile alla disinformazione e meno autonomo nel definire le proprie priorità culturali e informative.
La pervasività del digitale e degli ambiti di azione delle Big Tech richiede un approccio complessivo alle politiche del settore, lavorando in modo coordinato sulla protezione dei diritti d’autore, gli incentivi all’innovazione nel settore, altre misure di sostegno, le politiche della concorrenza, quelle fiscali, la fase applicativa dei regolamenti europei sui servizi e sui mercati digitali (DSA e DMA) e sull’intelligenza artificiale (AI Act).
Questa emergenza deve essere compresa e risolta immediatamente. Invitiamo il Governo e il Parlamento a delineare con urgenza politiche e normative per riequilibrare il mercato e garantire un futuro al valore economico, sociale e culturale dell’impresa editoriale italiana, presidio insostituibile della nostra democrazia e della libertà di informazione.
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