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Edge computing, il “cervello” torna vicino ai dati

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Mentre l'interesse verso l'edge cresce, alcuni operatori stanno già introducendo investimenti concreti per costruire la rete distribuita del futuro.

Fino alle nuvole, e ritorno. Per anni il cloud ha rappresentato la soluzione a ogni problema di archiviazione ed elaborazione, spingendo aziende e utenti a inviare dati a server remoti in cambio di scalabilità e semplicità.

Oggi, però, la tecnologia sembra muoversi in una direzione diversa, più distribuita e più vicina ai luoghi in cui i dati stessi vengono generati. È il principio dell’edge computing, e secondo Mark Papermaster, CTO di AMD, entro il 2027 oltre il 60% dell’inferenza AI – cioè l’elaborazione delle richieste da parte dei modelli di intelligenza artificiale – avverrà direttamente sui dispositivi, senza transitare per i grandi centri dati.

Tale trasformazione – che si sta già osservando in alcuni settori come quello automobilistico o industriale – promette vantaggi eclatanti: tempi di risposta più rapidi, riduzione dei consumi di banda, maggiore autonomia decisionale delle macchine, senza contare il contributo alla riduzione del fabbisogno energetico complessivo legato alla trasmissione dei dati su lunga distanza.

Non è solo questione di velocità, insomma: spostare l’intelligenza verso il bordo della rete permette anche di migliorare la sicurezza e la privacy, dal momento che i dati più sensibili possono essere elaborati localmente, senza attraversare infrastrutture potenzialmente vulnerabili.

In un simile contesto, sempre più vicino alla realtà quotidiana, l’edge computing non va considerato come un antagonista del cloud, ma come ilsuo complemento capace di fornire risposte immediate, vista la sempre maggiore dipendenza dalla capacità di elaborare dati in tempo reale.

Come le reti edge stanno ridisegnando l’infrastruttura globale

Mentre l’interesse verso l’edge cresce, alcuni operatori stanno già introducendo investimenti concreti per costruire la rete distribuita del futuro. Un caso è quello di Qwilt, società che ad aprile ha annunciato di aver superato il traguardo dei 2.000 nodi edge attivi in 38 paesi. Si tratta di una delle reti di distribuzione di contenuti più estese al mondo, progettata non più attorno a pochi grandi hub, ma a migliaia di punti di elaborazione locali, in grado di ridurre drasticamente i tempi di accesso ai dati e di alleggerire il traffico sulle dorsali internet.

L’approccio distribuito di Qwilt non risponde solo a una necessità tecnica, ma a una logica economica ed ecologica che diventerà sempre più centrale nei prossimi anni: elaborare e fornire contenuti vicino agli utenti permette di diminuire la latenza, migliorare l’esperienza d’uso e abbassare il consumo energetico per singolo accesso. Secondo le stime diffuse dall’azienda, in alcune aree urbane l’adozione di nodi edge potrebbe ridurre il traffico dati su rete principale di oltre il 60%, con benefici evidenti sia in termini di qualità del servizio che di sostenibilità operativa.

Non è un caso che altre realtà, da Akamai a Cloudflare, abbiano avviato progetti simili, espandendo la propria presenza ai “margini” della rete.

Efficienza energetica e sostenibilità

Se da un lato si sentono promettere velocità e reattività mai viste prima, c’è anche una questione ancora poco discussa, ossia quella della gestione energetica distribuita. Spostare il calcolo dai grandi data center a una miriade di nodi locali non elimina il problema dei consumi: lo redistribuisce, trasformandolo in una necessità di ottimizzare su scala molto più vasta. Ogni micro data center, ogni server periferico deve essere alimentato, raffreddato, mantenuto efficiente, e se da una parte il traffico di rete globale si riduce, dall’altra aumenta il numero di piccoli punti che consumano energia in modo continuo.

Secondo le analisi più recenti riportate da EdgeIR e IEA, senza politiche di efficienza attive, la crescita dell’infrastruttura edge potrebbe far aumentare del 20% il consumo energetico totale delle reti entro il 2030. Un dato che è un campanello d’allarme per aziende e amministrazioni, chiamate a ripensare i propri contratti di fornitura e a scegliere soluzioni sempre più attente al rapporto tra costo e consumo. In questo contesto, strumenti di comparazione come SOSTariffe.it diventano preziosi non solo per i privati, ma anche per le imprese: confrontare le offerte di energia elettrica, valutare i margini di risparmio e analizzare le condizioni contrattuali può incidere concretamente sulla sostenibilità economica di un’infrastruttura digitale distribuita.

Quando l’edge incontra l’AI: potenza e complessità crescono insieme

A spingere ulteriormente l’affermazione dell’edge computing è senza dubbio la diffusione capillare dell’intelligenza artificiale, che richiede prestazioni elevate e tempi di risposta minimi, spesso incompatibili con la distanza fisica tra il luogo in cui vengono generati i dati e quello in cui vengono elaborati. In scenari come la videosorveglianza intelligente, l’assistenza sanitaria da remoto o la guida autonoma, affidarsi a un data center lontano può significare perdere secondi preziosi – e talvolta mettere a rischio sicurezza, affidabilità o precisione. È per questo che sempre più spesso i modelli AI vengono ottimizzati per essere eseguiti direttamente sui dispositivi, o su piccoli server periferici.

Secondo l’osservatorio ClearBlade, uno dei principali attori nel settore dell’AI distribuita, questa tendenza sta già dando frutti concreti: le nuove piattaforme di analisi video intelligenti sviluppate per il settore della sicurezza, ad esempio, riescono a identificare in tempo reale situazioni critiche senza dover inviare flussi continui di immagini a un server centrale (edgeir.com). La decentralizzazione, però, non è priva di controindicazioni. Ogni nodo edge che esegue modelli AI deve essere sufficientemente potente, aggiornato, protetto: in mancanza di una gestione accurata, il rischio è quello di creare migliaia di micro-punti deboli, difficili da controllare e da mantenere allineati.

Il connubio tra AI ed edge, insomma, apre una nuova fase della trasformazione digitale: una fase in cui la distribuzione non è più solo logistica, ma anche cognitiva, e dove potenza e complessità crescono insieme. Riuscire a governarle entrambe sarà una delle sfide tecnologiche e organizzative più importanti dei prossimi anni.

Cosa serve davvero per costruire l’edge

Mentre le aziende tecnologiche accelerano sulla distribuzione dei nodi e l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei dispositivi, le istituzioni e gli operatori di sistema sono chiamati a ripensare le infrastrutture che rendono tutto questo possibile. L’edge computing non può svilupparsi in modo efficiente se non si interviene contemporaneamente su tre piani fondamentali: la generazione distribuita di energia, la modernizzazione delle reti di trasporto dati e la definizione di standard tecnici e normativi che assicurino interoperabilità, sicurezza e sostenibilità.

L’IEA, in uno dei suoi interventi più recenti sul tema, ha sottolineato come la diffusione del calcolo periferico imponga investimenti mirati anche da parte dei governi, non solo nel comparto infrastrutturale ma nella formazione e nella gestione del rischio sistemico. La creazione di un osservatorio internazionale dedicato a edge, AI e data center, attualmente in fase di lancio presso l’Agenzia, risponde proprio a questa esigenza di visione condivisa e monitoraggio continuo. In un contesto così dinamico, dove le tecnologie evolvono più rapidamente della regolazione, serve uno sforzo coordinato tra pubblico e privato, capace di armonizzare gli obiettivi economici con quelli ambientali e sociali.

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