L'indagine

Economia circolare travolta dal caos rifiuti nel Lazio, in Campania e in Sicilia

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“Regioni che sull’orlo dell’emergenza ambientale, caratterizzate da un’endemica incapacità da parte dei governi locali di pianificazione di una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti”. Effetti negativi: costi di gestione alle stelle, inefficienze e inquinamento determinato dal continuo trasporto dei rifiuti.

Rifiuti inviati in altre regioni (anche europee), carenza di adeguati impianti di raccolta e trattamento, mancata valorizzazione energetica, uso eccessivo e dannoso delle discariche, sono solo alcuni dei fattori più critici rilevati da Assoambiente nella relazione presentata oggi dal titolo “Le emergenze rifiuti in Lazio, Campania e Sicilia”.

Regioni, quelle coinvolte dallo studio, che scontano “l’assenza di una strategia di gestione dei rifiuti in grado di fornire una visione nel medio-lungo periodo”, ha commentato il Presidente di FISE Assoambiente, Chicco Testa. “Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti (riciclo, recupero energetico e smaltimento) con capacità e dimensioni adeguate alla domanda e non limitarsi a delegare ad altre Regioni”.

Se vogliamo concretamente realizzare la circular economy è necessario superare da un lato l’approccio pregiudiziale verso la realizzazione di qualsiasi tipo di impianto di gestione rifiuti e dall’altro la diffidenza nei confronti dell’uso di prodotti derivati dal recupero degli stessi che ancora oggi vincola in molti casi la domanda”, ha aggiunto il Presidente.

Le conseguenze di un sistema rifiuti al collasso in diverse regioni italiani sono presto individuabili: costi di gestione alle stelle, inefficienze e inquinamento determinato dal continuo trasporto dei rifiuti.

Nel documento si evidenzia che Lazio, Campania e Sicilia sono “regioni che restano sull’orlo dell’emergenza ambientale, caratterizzate da un’endemica incapacità da parte dei governi locali di pianificazione di una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti”.

In media, è emerso dall’indagine, “oltre il 40% delle differenziate di queste Regioni, viene spesso affidata ad impianti di altre Regioni per l’incapacità di gestirla sul territorio. Dove presenti, gli impianti collocati in Regione utilizzano processi tradizionali che danno vita principalmente a compost e ammendanti vari; l’utilizzo di tecnologie più innovative per la produzione di biogas, biometano e recupero energetico è residuale”.

I rifiuti non differenziati, “in media oltre la metà”, vengono gestiti preliminarmente da impianti di trattamento meccanico-biologico tradizionali, “quasi esclusivamente come tappa intermedia verso lo smaltimento in discarica o l’incenerimento e non come elemento dell’economia circolare. Scarsi, infatti, sono i quantitativi di carta, plastica, vetro e materiali ferrosi recuperati in queste strutture e successivamente avviati a riciclo”.