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Ecco perché musicisti e interpreti non sono artisti di serie B

Stadio

Gli artisti del settore musicale italiano sono in queste ore con il fiato sospeso per una decisione che potrebbe arrivare da un momento all’altro dalla X Commissione Industria del Senato, dove è all’esame il DDL 2085 ovvero la Legge annuale per il mercato e la concorrenza.

E’ infatti in discussione la possibilità che finalmente essi possano essere legittimamente rappresentati dalle proprie rappresentanze (ovvero dalle società di collecting che rappresentano gli artisti, interpreti ed esecutori) nelle negoziazioni con gli utilizzatori (TV e radio in primis), anziché essere rappresentati impropriamente dai produttori musicali i cui interessi possono essere anche contrastanti rispetto a quelli degli artisti, interpreti ed esecutori.

All’esito di questa decisione è legata la possibilità che artisti, interpreti ed esecutori italiani siano parametrati a tutti i loro colleghi europei (la nostra è infatti un’anomalia unica nella UE) e non siano asimmetricamente trattati rispetto ai colleghi italiani del settore audiovisivo, che invece sono nella condizione di poter negoziare in proprio, attraverso le proprie società di collecting, le somme spettanti dai cosiddetti diritti connessi.

Ma procediamo con ordine e vediamo di cosa si tratta.

Tutto nasce dall’emendamento proposto dalla senatrice Elena Fissore che, in linea con quanto recepito in due risoluzioni della VII Commissione del Senato modifica una disposizione normativa contraddittoria rispetto al mercato liberalizzato che regola la ripartizione delle spettanze riconosciute agli artisti. Infatti, l’attività di gestione dei diritti connessi degli artisti è stata liberalizzata alcuni anni fa proprio nella convinzione che una concorrenza nel settore avrebbe giovato innanzitutto agli artisti.

E invece accade che il sistema attuale attribuisce al solo produttore musicale il diritto di negoziare e riscuotere in via esclusiva l’equo compenso derivante dall’utilizzazione dei fonogrammi e spettante, per il 50% agli artisti, interpreti esecutori (che così risultano impropriamente rappresentati).

Insomma un sistema incompatibile con lo spirito della liberalizzazione che oggi dovrebbe regolare l’intero sistema.

E così gli artisti del settore musicale, ovvero i loro legittimi intermediari, sono ancora privati della possibilità di gestire e trattare direttamente con gli utilizzatori l’equo compenso loro spettante e quindi di avere un ruolo e una voce in merito a diritti loro riconosciuti per legge.

Ciò vincola e subordina i diritti degli artisti del settore musicale all’operato e alle decisioni dei produttori, con conseguente distorsione della concorrenza, a vantaggio degli intermediari dei diritti degli artisti del settore audiovisivo, ai quali la legge, al contrario, attribuisce piena autonomia negoziale in merito alla definizione dei compensi spettanti agli attori e ai doppiatori.

In nessun paese europeo, proprio in considerazione della pari dignità conferita a produttori musicali e artisti rispetto ad un medesimo diritto, gli artisti sono esclusi dalla trattativa sull’equo compenso loro spettante e in nessun paese l’equo compenso spettante sia agli artisti del settore musicale sia ai produttori fonografici viene determinato in modo unilaterale solo da questi ultimi.

Insomma un’anomalia tutta italiana cui la Commissione X del Senato dovrà dare una risposta presumibilmente nelle prossime 48 ore (relatore sarà il senatore Salvatore Tommaselli).

C’è da ritenere che i lavori della Commissione porranno fine a tale anomalia, perché lo stato attuale delle cose crea una serie di situazioni asimmetriche tra pari titolari di diritti e strozzano lo spirito della concorrenza che il nuovo regime della liberalizzazione del settore ha invece imposto.

Se l’emendamento sarà approvato, cosa accadrà?

Sarà un fatto estremamente positivo, perché gli artisti del settore musicale – attraverso i propri intermediari – vedranno riconosciuto il diritto di negoziare ed incassare direttamente l’equo compenso loro spettante, eliminando l’inaccettabile disparità di trattamento tra artisti del settore musica e gli artisti del settore audiovisivo, ai quali la legge già attribuisce il diritto di negoziare direttamente con gli utilizzatori quanto a loro spettante.

Inoltre, l’approvazione dell’emendamento eliminerebbe anche un inutile passaggio di denaro (dall’utilizzatore all’intermediario dei produttori e da questi all’intermediario degli artisti, cui spetta il compito di far pervenire quanto dovuto all’artista) spesso ottenuto faticosamente e comunque subordinato a modalità e ai termini di pagamento stabili nei rapporti contrattuali tra i produttori musicali e gli utilizzatori, modalità e termini rispetto ai quali gli artisti non hanno alcuna voce in capitolo.

Infine, l’approvazione di tale norma eliminerebbe anche odiosi conflitti di interesse e ogni controversia con i produttori che non intendono onorare la legge o che non forniscono i dati necessari per ripartire i compensi agli artisti aventi diritto. Permetterebbe, in sostanza, agli artisti del settore musicale di riscuotere i propri compensi anche in quei casi in cui il produttore musicale (che tratta il 50% spettante a sé e il 50% spettante agli artisti) non intenda far valere i propri esclusivi diritti, per ragioni potremmo dire “commerciali”, che poco hanno a che vedere con gli interessi degli artisti (perché riguarderebbero solo gli interessi dei produttori musicali) e si pensi, a questo proposito, al caso delle emittenti radiofoniche che per molti anni non hanno pagato il dovuto ai produttori con conseguente danno agli artisti.

Ora la parola passa alla X Commissione in Senato.

Vedremo cosa accadrà nelle prossime ore.

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