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Re Giorgio, i numeri dell’impero Armani

Dalla fondazione nel 1975 a un impero da 2,3 miliardi di euro di fatturato

È morto Giorgio Armani all’età di 91 anni. Nato a Piacenza nel 1934, aveva fondato cinquant’anni fa la maison che porta il suo nome, oggi uno dei simboli della moda italiana nel mondo, con un giro d’affari da 2,3 miliardi di euro e attività che spaziano dalla moda alla ristorazione fino all’hotellerie. Pochi giorni prima della scomparsa aveva concluso l’acquisizione della storica Capannina di Forte dei Marmi. L’estate era stata segnata da problemi di salute, tanto che, per la prima volta nella sua carriera, non aveva presenziato alle sfilate di Milano e Parigi.

Armani è ricordato come lo stilista che rivoluzionò l’abito maschile, eliminando spalline e fodere rigide per dare vita a una nuova eleganza, più morbida e disinvolta. Negli anni ’80 seppe trasformare il concetto di eleganza maschile, alleggerendo la struttura dei completi (la grande rivoluzione fu la rinuncia alle spalline). Quell’idea di abito più fluido ed essenziale divenne presto un riferimento anche per il guardaroba femminile. La sua fama in Italia crebbe al punto che i media iniziarono a chiamarlo “Re Giorgio”, un appellativo che rifletteva un prestigio capace di superare i confini della moda e di trasformarlo in un’icona culturale.

Fondazione nel 1975 e crescita iniziale

La storia di Armani come azienda inizia nel 1975, quando Giorgio Armani con Sergio Galeotti decise di fondare a Milano la maison che sarebbe diventata un simbolo mondiale del lusso. Il capitale iniziale era ridotto, ma la crescita fu rapidissima: già nel 1976 il fatturato aveva raggiunto 570 milioni di lire e, vent’anni dopo, il marchio superava i 1.500 miliardi di lire. Quella base solida ha permesso ad Armani di consolidarsi tra i grandi del made in Italy.

Come si vede anche dal grafico, il fatturato del Gruppo Armani è passato da 1,42 miliardi di euro nel 2019 a 1,10 miliardi nel 2020, con un calo del 22% dovuto alla pandemia. La ripresa è iniziata nel 2021 con 1,25 miliardi, ma il salto vero è arrivato nel 2022, quando i ricavi sono balzati a 2,35 miliardi (+88%). Nel 2023 Armani ha toccato il massimo del periodo con 2,45 miliardi, mentre nel 2024 si è registrato un lieve arretramento a 2,3 miliardi, valori comunque molto superiori a quelli pre-Covid.

La diversificazione del gruppo

Armani non ha mai limitato il suo mondo alle passerelle. Oltre alle collezioni uomo e donna, il gruppo ha creato linee come Emporio Armani ed Armani Exchange, nate per parlare a pubblici diversi: la prima per chi cerca un prêt-à-porter accessibile ma elegante, la seconda pensata per un target più giovane e dinamico. Una strategia che ha permesso di allargare il raggio d’azione ben oltre il lusso tradizionale, costruendo un brand riconoscibile in ogni fascia di mercato.

Con il tempo l’universo Armani è uscito dall’armadio per diventare esperienza di vita. Sono nati ristoranti e caffè, hotel a Milano e Dubai, perfino linee di design e arredamento. L’ultima mossa è arrivata poche settimane prima della scomparsa dello stilista: l’acquisizione della storica Capannina di Forte dei Marmi, locale simbolo della Versilia. Un’operazione che conferma come Armani abbia sempre immaginato la moda come un vero e proprio lifestyle, capace di andare ben oltre gli abiti.

Armani e il mercato globale

Il gruppo Armani può contare su una rete di 500 punti vendita distribuiti in 46 Paesi, dai flagship store di Milano e New York fino a Tokyo e Dubai. Questa presenza lo rende uno dei marchi italiani più visibili al mondo, parte di un settore che nel 2024 ha portato l’export della moda italiana a valere il 6,9% delle esportazioni mondiali. Se si guarda solo al lusso, il peso del Made in Italy è ancora più forte: i prodotti di fascia alta coprono l’11,2% del mercato globale, quasi tre volte di più rispetto ai segmenti medio-bassi, fermi al 4,6%.

Armani si inserisce esattamente in questa dinamica: non ha le dimensioni dei giganti francesi come LVMH, ma contribuisce a consolidare la leadership italiana nell’alto di gamma. I suoi 2,3 miliardi di ricavi rappresentano una quota significativa del comparto e aiutano a spiegare come il lusso resti uno dei pilastri più solidi dell’economia nazionale, con un impatto diretto sia sul saldo commerciale che sulla reputazione del brand Italia nel mondo.

Il valore del brand e l’eredità

Il marchio Armani oggi vale oltre 2 miliardi di dollari, secondo le stime più accreditate, e resta uno degli asset più solidi del lusso italiano. Non è solo un nome, ma un brand che ha saputo diventare sinonimo di stile nel mondo e che continua a generare valore ben oltre le passerelle.

Il futuro del marchio resta un tema centrale: l’azienda manterrà la propria autonomia o finirà, come già accaduto a Versace e Valentino, sotto il controllo di un gruppo internazionale? Per evitare questa prospettiva, nel 2016 Giorgio Armani istituì la Fondazione Giorgio Armani, con il compito di sostenere progetti sociali e garantire continuità e indipendenza alla maison. Dopo la sua scomparsa, la gestione passa ai familiari e ai collaboratori storici: tra i principali riferimenti figurano le nipoti Roberta e Silvana Armani, il nipote Andrea Camerana e Pantaleo Dell’Orco, braccio destro dello stilista da 46 anni.

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