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Duolingo, il nuovo volto della crisi del lavoro dovuta all’AI

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L’app più famosa al mondo per imparare le lingue ha deciso di tagliare i collaboratori esterni, sostituendoli con modelli linguistici generativi. Traduttori, creatori di esercizi, scrittori: fuori. Dentro l’IA.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..

Cento corsi in dodici anni, quasi centocinquanta in uno solo: se serviva un segnale per capire quanto seriamente Duolingo stia puntando sull’intelligenza artificiale, eccolo. L’app più famosa al mondo per imparare le lingue ha appena annunciato il più grande aggiornamento di contenuti della sua storia, ma la notizia vera non è questa. È che, contemporaneamente, ha deciso di tagliare i collaboratori esterni, sostituendoli con modelli linguistici generativi. Traduttori, creatori di esercizi, scrittori: fuori. Dentro l’IA.

«Per sviluppare i nostri primi 100 corsi ci sono voluti circa dodici anni, e ora, in circa un anno, siamo riusciti a crearne e lanciarne quasi 150», ha dichiarato il CEO dell’azienda, Luis von Ahn. «È un ottimo esempio di come l’IA generativa possa portare benefici diretti ai nostri studenti». E nella comunicazione interna al team la linea è ancora più esplicita: «Smetteremo gradualmente di utilizzare collaboratori esterni per lavori che l’IA è in grado di svolgere. Le nuove posizioni ci saranno solo se un team non sarà in grado di automatizzare ulteriormente il proprio lavoro».

Per una piattaforma che negli anni si è costruita un’identità apparentemente amichevole e ironica, con il gufo verde che ti ricorda ogni giorno di “fare la lezione”, anche se in modi sempre più inquietanti, la virata suona come un vero strappo. Già nel 2023 Duolingo aveva ridotto del 10% i freelance, poi c’era stato un altro taglio nell’autunno 2024. Ora il messaggio è definitivo: l’intelligenza artificiale non è solo uno strumento, è il nuovo motore dell’azienda. Ma a pagarne il prezzo non sono solo i lavoratori licenziati. Secondo molti utenti, i corsi peggiorano, il tono si fa più meccanico e l’esperienza perde quel qualcosa che, finora, la rendeva diversa dai concorrenti.

Un caso isolato? Tutt’altro: l’AI mangia i lavori junior

La decisione di Duolingo è solo l’ultima in un trend che comincia a delinearsi con tutta la sua triste chiarezza: l’intelligenza artificiale sta prendendo il posto dei lavoratori umani, e lo fa partendo dal basso. Freelance, collaboratori occasionali, giovani professionisti, sono loro a finire per primi nella lista dei sostituibili. Secondo il giornalista Brian Merchant, che ha intervistato diversi ex collaboratori dell’azienda, i tagli di Duolingo non sono una novità, visti i precedenti, ma solo oggi, con l’annuncio ufficiale del ricorso massiccio all’automazione, la strategia viene allo scoperto: «La crisi del lavoro per l’IA è qui e ora», scrive Merchant.

Il colpo non si abbatte solo sul mondo dei contenuti digitali, perché i dati diffusi dalla New York Federal Reserve a fine aprile parlano chiaro: il tasso di disoccupazione tra i neolaureati è salito al 5,8%, un livello insolitamente alto, persino tra i diplomati MBA provenienti da qualche università d’élite. Lo scarto tra il tasso di disoccupazione giovanile e quello generale, storicamente molto più basso per chi esce fresco dall’università, è oggi ai minimi da quarant’anni. Come a dire che entrare nel mercato del lavoro, anche con una laurea solida, non offre più le garanzie di una volta.

Secondo l’economista David Deming, le attività tipiche dei neolaureati (leggere, sintetizzare, scrivere) sono tra le più facilmente sostituibili da un buon modello linguistico. E i segnali ci sono tutti, a partire da un minor numero di assunzioni a cui fa da contraltare un crescente investimento nelle infrastrutture IA, posti entry-level che svaniscono prima ancora di un colloquio. La tecnologia non si limita ad affiancare il lavoro ma inizia a divorarlo silenziosamente.

I contenuti cambiano e gli utenti se ne accorgono

E – attenzione – non è solo una questione occupazionale. La svolta “AI-first” di Duolingo si riflette anche nella qualità dell’esperienza e molti utenti lo stanno facendo notare. Sui forum dedicati, da Reddit alle community di Discord, si moltiplicano i thread in cui si segnalano esercizi ripetitivi, traduzioni imprecise, conversazioni artificiali che sembrano scritte da un algoritmo stanco. Il punto non è solo che qualcosa è cambiato, ma è che, per la prima volta, a cambiare è la sensazione di chi usa l’app tutti i giorni. La nuova versione convince meno.

Le nuove lezioni, pensate soprattutto per i livelli base, includono caratteristiche come DuoRadio e le “Storie”, progettate per allenare l’ascolto e la comprensione; ma secondo diversi utenti, i materiali sembrano meno calibrati, con errori grammaticali più frequenti e una curva di apprendimento meno fluida rispetto al passato. Non basta aggiungere nuovi corsi per dare l’impressione di un miglioramento, perché se il contenuto perde finezza, l’effetto è quello di un pacchetto più ampio ma meno curato. Insomma, una logica da catena di montaggio.

In parallelo, aumenta l’irritazione per l’approccio sempre più aggressivo con cui l’app cerca di trattenere gli utenti: notifiche insistenti, livelli “puniti” per una sola risposta sbagliata, animazioni che promettono premi ma aprono abbonamenti. È qui che l’IA diventa strumento di marketing più che di didattica, e che la mascotte verde, da compagna di studio, si trasforma in una sorta di vigilante digitale.

Automazione ovunque, e il costo non è solo umano

Se Duolingo ha catalizzato l’attenzione, è anche perché rappresenta in modo emblematico una trasformazione più ampia, che da mesi interessa buona parte del lavoro digitale. In un numero sempre maggiore di settori, dall’editoria online all’assistenza clienti, l’adozione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale non riguarda più solo i processi interni o sperimentali ma incide direttamente sulla composizione della forza lavoro. Il principio, più che tecnologico, è economico: automatizzare dove è possibile, ridurre i costi dove c’è margine, anche a scapito della qualità percepita.

Il punto non è se queste scelte siano inevitabili o reversibili, quanto piuttosto come stiano modificando le dinamiche di competizione e sopravvivenza anche per le realtà più piccole. Un freelance, uno studio associato, una cooperativa di servizi linguistici o tecnici, si trovano a operare in un contesto dove i prezzi vengono compressi dall’automazione e la soglia di accesso a nuovi incarichi si alza. In questo quadro, strumenti di comparazione come SOStariffe.it diventano alleati preziosi per chi deve ottimizzare i costi senza compromettere l’efficienza: confrontare in modo trasparente le offerte per energia, connettività, cloud o servizi professionali può fare la differenza tra rimanere competitivi o dover rinunciare a una parte del proprio lavoro.

La corsa all’intelligenza artificiale, insomma, non riguarda solo le grandi piattaforme o le startup finanziate a otto zeri, ma tocca direttamente le basi materiali dell’attività professionale, e chiede risposte anche da chi, finora, si era sentito al sicuro.

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