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Draghi: “L’Ue rischia la stagnazione se non corre sull’AI”

Mario Draghi torna a puntare il dito sui ritardi europei relativi all’AI. Il suo celebre Rapporto sulla competitività è sempre attuale

L’Unione europea sta correndo un grave rischio nella corsa mondiale all’intelligenza artificiale (AI). “Se non colmiamo il divario che sti sta creando con gli altri Paesi e non adottiamo queste tecnologie su larga scala”, ha spiegato Mario Draghi all’inaugurazione del 163° anno accademico del Politecnico di Milano, “l’Europa rischia un futuro di stagnazione”.

In poche parole, ha detto l’ex Premier italiano e già Presidente della Banca centrale europea, “l’Unione europea rischia di perdere il treno per l’AI, anche a causa della legislazione che ha imposto per regolamentarne lo sviluppo”.

Un fatto questo, che secondo l’ex numero uno della Bce può compromettere seriamente il futuro economico dell’Unione.

Un argomento caro a Draghi, che aveva già affrontato nel suo celebre Rapporto sul futuro della competitività europea, ormai presentato più di un anno fa.
A settembre 2024 sottolineava infatti che per frenare il declino e tornare a essere produttivi serviva un’accelerazione significativa della rivoluzione digitale innescata proprio dall’intelligenza artificiale.

L’intera Europa è in ritardo nelle tecnologie innovative che guideranno la crescita futura. A partire dall’intelligenza artificiale: a partire dal 2017, il 73% dei modelli fondativi è stato sviluppato negli Stati Uniti. Se si prendono in considerazione le principali startup AI a livello mondiale, si nota come il 61% dei finanziamenti globali vada ad aziende americane, il 17% a quelle cinesi e solo il 6% a quelle europee.

È sulla regolamentazione dell’AI che l’Ue si è arenata: “Abbiamo trattato valutazioni iniziali e provvisorie come se fossero dottrina consolidata

Ogni ondata di innovazioni tecnologiche, ha sempre determinato un concreto miglioramento del tenore di vita. In particolare questo è stato vero per gli ultimi due secoli circa.

A frenare lo sviluppo dell’AI in Europa, ha detto oggi a Milano l’ex Premier, è la regolamentazione di questa tecnologia strategica per la crescita economica futura: “In condizioni di incertezza, una politica efficace richiede adattabilità, ovvero rivedere le ipotesi e adeguare rapidamente le regole man mano che emergono prove concrete sui rischi e sui benefici”.

È qui che l’Europa si è arenata”, ha aggiunto Draghi, riferendosi sempre alla normativa sull’intelligenza artificiale: “Abbiamo trattato le valutazioni iniziali e provvisorie come se fossero dottrina consolidata, arrivando ad adottare leggi estremamente difficili da modificare”.

Se l’Ue adottasse le nuove tecnologie, nello specifico l’AI, “ciò potrebbe fornire un significativo impulso economico”. “Se si muovesse lungo le stesse linee del precedente sviluppo digitale negli Stati Uniti, si potrebbe registrare un incremento di poco inferiore allo 0,8% (del PIL) all’anno – ha precisato Draghi – mentre se si raggiungessero i livelli di elettrificazione degli anni ’20 del secolo scorso, la crescita potrebbe essere superiore dell’1% all’anno”.

Il ruolo dei giovani

C’è poi l’appello ai giovani, che secondo Draghi devono essere più attivi e soprattutto protagonisti del cambiamento: “Dovete pretendere le stesse condizioni che permettono ai vostri coetanei di avere successo in altre parti del mondo”.

Pensando poi ai giovani italiani, per Draghi non c’è niente di male ad andare in altri Paesi a vivere e lavorare, “la tecnologia è globale e i talenti vanno dove ci sono le migliori opportunità”, ma, ha precisato, è altrettanto fondamentale che i giovani siano anche invitati e spinti a costruire qualcosa anche a casa propria.

Tra le considerazioni che l’ex Premier ha fatto, immancabile (quante volte nei decenni l’abbiamo sentita?) quella che vede i giovani motore del cambiamento. I successi dei giovani, ha sostenuto, “cambieranno la politica più di qualunque discorso o rapporto”, costringendo istituzioni e regole ad adattarsi a un mondo in rapida trasformazione.

E la crescita è fondamentale per poter anche solo pensare di rimanere competitivi in uno scenario come quello attuale, in cui gli attori in campo sono diversi e agguerriti, anche grazie all’adozione rapida di sempre nuove tecnologie e allo sviluppo di applicazioni vincenti.

Draghi: “Un’illusione pensare che la crescita economica non sia più essenziale

Esiste un’illusione seducente secondo la quale la crescita sarebbe meno essenziale una volta raggiunto un alto livello di sviluppo e che il calo della popolazione potrebbe consentire un aumento del benessere anche se l’economia ristagna. Ma questo non è vero in generale e in particolare per i Paesi che si trascinano un alto livello di debito: ciò che conta per la sostenibilità del debito è la dimensione complessiva dell’economia”, ha affermato l’ex Premier italiano.

Se l’economia smette di crescere mentre gli interessi continuano a maturare, il rapporto tra debito e prodotto aumenterà fino a diventare insostenibile. A quel punto i governi sono costretti a scelte dolorose tra le loro ambizioni fondamentali, tra pensioni e difesa, tra preservare il modello sociale e finanziare la transizione verde. Inoltre la crescita è essenziale per affrontare le nuove esigenze sociali, politiche, economiche di sicurezza che si presentano continuamente”, ha dichiarato Draghi.

Regolamentazione, serve o non serve?

Non c’è dubbio che l’innovazione tecnologica genera progresso e sviluppo, crescita e benessere, ma è altrettanto vero che questi risultati si ottengono anche con regole chiare e trasparenti. Senza la definizione di un quadro normativo preciso di riferimento non c’è progresso e chi ci guadagna sono solo le grandi imprese tecnologiche.

Vanno comunque ricordati gli obiettivi principali del legislatore europeo con l’AI Act (Regolamento UE 2024/1689), che sono: creare un quadro normativo armonizzato per lo sviluppo, la commercializzazione e l’uso dell’intelligenza artificiale, garantendo sicurezza, trasparenza, privacy e rispetto dei diritti fondamentali come il controllo umano e la non discriminazione. In linea di massima, la legge classifica i sistemi di IA in base ai rischi legati non alla tecnologia, ma al loro utilizzo.

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