nota diplomatica

Drag Queens ed altri nella lingua dei segni

di James Hansen |

Negli Usa, il Washington Post ha recentemente aperto un nuovo fronte, scoprendo - inorridito - che il lessico ‘gender sensitive’ non è stato ancora recepito dal linguaggio gestuale dei sordomuti nazionali, l’American Sign Language (ASL). Tre giornaliste sono state incaricate di individuare delle proposte, con esiti interessanti.

James Hansen

La cresta d’onda della ‘guerra dei pronomi’ – la lotta per far diventare più ‘inclusivo’ il modo di esprimersi quotidiano – è perlopiù passata senza lasciare grandi tracce nelle lingue dell’Europa continentale. Si suppone che il motivo risieda nel fatto che il tentativo di aggiustare gli idiomi che fanno un uso attivo del genere tenda a renderli molto meno comprensibili. La campagna prosegue però nei paesi anglo-sassoni, soprattutto negli Usa, dove il Washington Post, il quotidiano della capitale, ha recentemente aperto un nuovo fronte, scoprendo – inorridito – che il nuovo lessico ‘gender sensitive’ non è stato ancora recepito dal linguaggio gestuale dei sordomuti nazionali, lAmerican Sign Language (ASL).

La ASL è una lingua dei segni sviluppata spontaneamente da bambini sordi in numerose scuole degli Stati Uniti dalla seconda metà del secolo XIX e in seguito codificata. Inizialmente permetteva di segnare, lettera per lettera, le parole che non potevano essere comunicate a voce o mimate. Il suo utilizzo si è allargato a diversi paesi del mondo e si stima che sia conosciuta globalmente – seppure in ‘dialetti’ diversi –  ormai da ben oltre un milione di persone.

Come sarà forse evidente, comunicare le parole facendo lo spelling delle singole lettere è una procedura lenta e complicata. Inevitabilmente, sono nate delle terminologie ’abbreviate’, una sorta di slang più compatto, per trasmettere – sempre attraverso i gesti – i concetti d’uso quotidiano. Così, i sordomuti si sono ‘arrangiati’ – in una maniera comprensibile anche se a volte offensiva per il linguaggio politicamente corretto – inventando da soli dei nuovi, più sbrigativi, ‘vocaboli’ allo scopo di agevolare la comunicazione: per esempio, combinando l’occhiolino e il gesto con le dita della ‘sforbiciata’ per esprimere il concetto di ‘transessuale’…

Per un giornale tanto attento ai nuovi costumi come il Post, ciò è ovviamente inammissibile. Di conseguenza, il quotidiano ha incaricate tre sue giornaliste di trovare proposte alternative per termini ‘corretti’ ma troppo ingombranti – come bisessuale, asessuale o pansessuale et al – tra la comunità sordomuta: ciò con esiti interessanti, seppure involontariamente esilaranti.

Oltre al segno per indicare la parola ‘bisessuale’ – il mignolo destro alzato (la lettera ‘B’ nel linguaggio dei segni) e leggermente tremante, forse in segno di incertezza – i filmini allegati all’articolo del Post offrono anche una simpatica rappresentazione di ‘travestito’, ‘drag queen’ nel deplorevole gergo popolare americano di una volta. Curiosamente, si tratta di una ripresa della tradizione orale, combinando il gesto di piazzarsi una corona in testa con il passaggio della mano sul petto che richiamerebbe la fascia regale. Non sarà che i sordomuti hanno preso per i fondelli le giornaliste?