La classifica

Dove si lavora di più al mondo: in Italia 1.700 ore l’anno, il paradiso in Germania e Danimarca

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Il nostro Paese in una posizione mediana, ma spostato verso le realtà a maggior cumulo di ore lavorative annue. I migliori posti per lavorare in Nord Europa, tra i peggiori Messico, Corea, Grecia, Russia e USA.

In quali Paesi del mondo si lavora di più in quali di meno? Quante ore di lavoro toccano ogni anno per ogni dipendente ad esempio in Europa, in Nord America, in Asia e in Australia? A queste domande ha risposto lo studio dell’OECD (Organization for Economic Cooperation and Development), l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, “OECD Employment Outlook”, che traccia una classifica dei Paesi in cui si lavora di più/di meno a livello globale.

L’Italia, con 1.723 ore lavorative annue, occupa una posizione mediana del ranking, ma spostata più verso il gruppo dei Paesi in cui il monte “hours worked” (hw) tende a crescere in maniera consistente.

I dati ufficiali sono relativi al 2017 e vedono come “paradisi dei lavoratori” la Germania, con 1.356 ore lavorative l’anno, e la Danimarca, con 1.408 ore lavorative annue, seguite al terzo posto dalla Norvegia, con 1.419 hw, quindi l’Olanda (1.433), la Svezia (1.453), l’Islanda (1.461), l’Austria 1.487, la Francia (1.514), la Gran Bretagna (1.514).

Scalano bene la classifica, si fa per dire, gli Stati Uniti con 1.780 ore lavorate l’anno e la Russia con 1.980, ma anche Israele, che registra circa 1.900 hw.

Il Paese europeo dove si cumulano più ore lavorative annue è la Grecia, con 1.906 hw, sesto al mondo.

Il Paese dove si lavorano più hw in assoluto è il Messico: 2.257.

I dati sono calcolati prendendo il totale di ore lavorative registrate in un anno, diviso per il numero totale dei lavoratori attivi (nel conteggio c’è di tutto: dal lavoro a tempo indeterminato a quello determinato, al part time, agli straordinari).

Circa il 13% dei lavoratori dei Paesi aderenti all’OECD lamenta turni di lavoro troppo lunghi, contro il 5% appena dei tedeschi.

Ovviamente, spiegano i ricercatori, contano moltissimo ai fini della classifica gli orientamenti politici dei singoli Stati e i modelli culturali di riferimento. Ad esempio, la Corea del Sud, che è uno dei Paesi dove si lavora di più (il terzo al mondo, con 2.024 ore lavorative annue), il Governo ha annunciato lo scorso anno una riduzione della settimana lavorativa da 68 ore a 52.

Lavorare di più però non significa essere più produttivi. Lo studio è esplicito a riguardo: “I Paesi dove si cumula il più alto numero di ore lavorate l’anno non sono quelli con i più alti livelli di produttività, ne quelli che raggiungono i maggiori livelli di competitività, perché le forze in gioco sono costantemente rimodellate dall’introduzione delle soluzioni per l’industria 4.0 e delle nuove tecnologie della trasformazione digitale”.

In termini di miglior rapporto tra lavoro di qualità e quantità, il documento suggerisce che “le parti sociali possono e dovrebbero svolgere un ruolo importante nel garantire che l’offerta di formazione sia coerente con la domanda attuale e futura di competenze”.

E questo include il raggiungimento di diversi obiettivi di inclusione e giustizia sociale, come “un’equa distribuzione degli incrementi di produttività e il sostegno alle persone che perdono il lavoro a causa del cambiamento tecnologico, dovuto ad esempio all’introduzione di robot e software, o alle dinamiche del commercio”.