Key4biz

Donne, lavoro e tecnologia: nessuna “parità di genere digitale” nel nostro Paese

Il mondo del lavoro è stato travolto dalla trasformazione digitale degli ultimi anni. Un processo di cambiamenti drastici ovviamente ancora in corso, che sarà profondo e che riguarderà sia gli uomini, sia le donne, ma a quanto pare in maniera diversa.

Anche nel comparto tecnologico, purtroppo, di parità di genere non si può ancora parlare. Secondo diverse ricerche internazionali, infatti, la rappresentanza femminile nei vari settori lavorativi e a livello di responsabilità (e quindi di retribuzioni) è ancora fortemente limitata, sconsigliata e marginalizzata.

L’Europa dell’Ict tutta al maschile

Secondo l’edizione 2021 del Women in Digital Scoreboard della Commissione europea, solo il 18% degli specialisti dell’Information and communication technology (Ict) è donna in tutta Europa.

Un risultato deludente, nonostante si siano ridotte e anche di parecchio le differenze in termini di competenze digitali di base, con un gap che si è sostanzialmente dimezzato, passando dal 10,5% del 2015 al 7,7% del 2019.

Le donne nel mondo dei servizi

Sempre in Europa, secondo nuovi dati Eurostat, il settore dei servizi ad alto contenuto di conoscenza e competenze vede le donne oltre la metà del totale degli impiegati.

Tra questi troviamo i servizi Ict ovviamente, come ricerca e sviluppo, progettazione, sviluppo software, gli studi di marketing, comunicazione e design, e i più generici servizi professionali per studi legali, di consulenza e contabilità.

In questo settore, sono impiegate 46 milioni di donne (contro 31,8 milioni di uomini). Praticamente qui si trova la maggioranza delle donne al lavoro in tutta Europa, il 59% circa.

I dati più alti si registrano negli Stati dell’Europa centrale e settentrionale, con i risultati migliori (oltre il 60%) nei Paesi baltici e scandinavi, in Germania, Francia, Portogallo, Polonia.

Italia, donne e tecnologia, un lungo percorso di emancipazione

Per quel che riguarda il nostro Paese, nello studio “Il divario digitale di genere”, realizzato dall’Università Bocconi, Plan International e il supporto di Unicredit Foundation, l’Italia è risultata al 25° posto su 28 Paesi dell’Unione per parità di genere digitale.

Un risultato deludente, che ci vede ben 12 posizioni sotto la media europea e davanti soltanto a Grecia, Romania e Bulgaria.

Grazie a questo report possiamo esaminare anche la percezione comune e i pregiudizi legati al rapporto tra donne e tecnologia, nonché di porre in massima evidenza gli ostacoli alla promozione dell’accesso femminile alla tecnologia e alle discipline Stem (Scienza, tecnologia, ingegneria, matematica).

Partendo dal presupposto che oltre il 60% delle professioni del futuro oggi non esiste ancora e che queste saranno comunque fortemente legate alla tecnologia, è inevitabile pensare ai tanti limiti e alle barriere che ancora esistono per le donne nel mondo del lavoro (e fuori) in termini di educazione, carriera e opportunità, con conseguenze non solo in termini di parità di genere, ma anche di produttività e perdita finanziaria.

Una sfida culturale

Barriere per lo più culturali, se è vero che la stragrande maggioranza di coloro che acquisisce competenze digitali e Ict (il 93% degli intervistati) lo ha fatto e lo fa in modalità autodidatta, esattamente come le donne, che però sono ancora discriminate rispetto alla controparte maschile.

C’è da aggiungere, infine, che l’apprendimento della tecnologia è figlio del learning by doing, oltre che dello studio. Ciò significa che, al crescere dell’età, quando le donne diventano adulte e creano una famiglia, hanno meno tempo a disposizione degli uomini per sviluppare la propria conoscenza tecnologica.

Basti ragionare sul fatto che il 74% delle donne italiane ha dichiarato di non condividere le faccende di casa con il proprio compagno.

Exit mobile version