Key4biz

Dl Aiuti quater, tetto al contante di 5.000 euro e 9 miliardi di euro contro il caro energia

Decreto aiuti quater per le imprese

Si è chiuso a tarda serata il quarto Consiglio dei ministri sotto la presidenza di Giorgia Meloni dedicato al decreto legge Aiuti quater per il sostegno alle imprese contro l’emergenza energia che sta impattando pesantemente sull’economia reale di questo Paese.

Su proposta del Presidente e del ministro dell’Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, il Governo ha approvato il decreto legge che introduce misure urgenti in materia di energia elettrica, gas e carburanti, con uno stanziamento di 9,1 miliardi di euro, provenienti in larga parte dall’extragettito fiscale, come spiegato nel comunicato ufficiale.

Principali misure contro il caro energia

Circa 3,4 miliardi di euro andranno come contributo straordinario alle imprese sotto forma di credito d’imposta, fino al 31 dicembre prossimo, per attività commerciali come bar e ristoranti per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale.

Sempre fino alla fine dell’anno in corso sono stati stanziati 1,3 miliardi di euro per lo sconto fiscale sulle accise della benzina e del diesel, che conferma il taglio di 30,5 centesimi al litro (considerato anche l’effetto sull’Iva), mentre per il GPL lo sconto vale 8 centesimi di euro ogni kg.

Le imprese, inoltre, potranno richiedere ai fornitori la rateizzazione, per un massimo di 36 rate mensili, degli importi dovuti relativi alla componente energetica di elettricità e gas naturale per i consumi effettuati dal 1° ottobre 2022 al 31 marzo 2023 e fatturati entro il 30 settembre 2023.

Tetto al contante e superbonus

Nel decreto sono state poi inserite altre misure urgenti in materia di pagamenti e dal 1° gennaio 2023 il tetto al contante passerà da 1.000 a 5.000 euro.

Superbonus applicato al 90% per le spese sostenute nel 2023 per i condomini e si introduce la possibilità, anche per il 2023, di accedere al beneficio per i proprietari di singole abitazioni, mentre sarà ancora applicato al 110% fino al 31 marzo 2023 per le villette unifamiliari che abbiano completato il 30 per cento dei lavori entro il 30 settembre 2022.

L’Italia torna a trivellare? La fame di energia non si placa con il gas

Altra misura presentata come necessaria per far fronte all’emergenza energetica e contribuire fattivamente “al afforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale” è il via libera alle trivelle.

Si torna così a parlare in Italia di concessioni estrattive, di incrementare le produzioni di gas presso i giacimenti esistenti (1300 in totale, di cui solo 514 sono attivi) e di autorizzarne di nuove tra le 9 e le 12 miglia.

Una misura quest’ultima che più studi hanno bocciato come inutile, o al più poco incisiva in termini di autonomia energetica, perché prendendo tutti i giacimenti fin qui certi, la quantità di gas in essi presente potrebbe essere consumata nel giro di un paio di anni, a fronte di costi estrattivi molto alti e di un impatto ambientale assolutamente negativo (che poi andrà bonificato, con ulteriori spese da affrontare).

Riserve italiane, piccole e costose

Le riserve italiane certe si aggirano sui 90 miliardi di metri cubi, forse 100 miliardi o poco più, a fronte di un consumo nazionale di 75 miliardi annui.

La produzione di gas nazionale decresce in maniera costante dal 2002/2003 e non per l’opposizione degli ambientalisti, ma per volontà delle stesse aziende del settore, che hanno trovato troppo costoso estrarre in Italia e più vantaggioso comprare da fornitori esteri, massimizzando i profitti.

Il gas e tutti gli altri combustibili fossili non sono sostenibili economicamente sul lungo termine. Tutto ciò che è fossile non è la soluzione per combattere i cambiamenti climatici e ricordiamo che il metano è un gas serra molto più potente della CO2, specialmente su tempi brevi: 72 volte nei primi 20 anni dalla sua dispersione in atmosfera.

Per la sua estrazione servono enormi risorse pubbliche e private (diversi miliardi di euro solo per partire, stando ai dati di Assorisorse), così come per la realizzazione delle infrastrutture chiave tra centrali, depositi, metanodotti e rigassificatori. Alla fine, queste misure, inutili e dannose, ricadono sempre sulle spalle dei cittadini, sottraendo risorse finanziarie da settori invece fondamentali per la transizione energetica ed ecologica del nostro Paese.

Se vogliamo davvero affrontare una volta per tutte il problema energetico allora si deve guardare lontano, più avanti, con misure strutturali, investendo in ricerca e innovazione, puntando ora sulle fonti rinnovabili (che sono molto più economiche delle fossili e soprattutto pulite), ma anche sull’idrogeno (possibilmente verde), su un diverso modello di consumo, sulle tecnologie pulite (che cioè lavorano su basse/zero emissioni) e sull’efficienza energetica.

Exit mobile version