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Disney, una storia di successo nell’economia mobile

Certi nomi sono collegati per sempre a un immaginario, ma non è detto che non riescano a distaccarsene a favore di uno nuovo. Prendiamo la Disney, o meglio la Walt Disney Company, che festeggia un secolo d’attività proprio in questi giorni: il suo nome una ventina d’anni fa poteva far pensare a Topolino, a Biancaneve, agli ippopotami di Fantasia.

Poi è arrivato Bob Iger – pensionato dopo quindici anni di successi, e poi ritornato a furor di popolo alla guida dell’azienda nel novembre dell’anno scorso, al posto del semidisastroso Bob Chapek – e Disney è divenuta molto altro, grazie a una serie di acquisizioni molto aggressive che hanno dato vita a una media and entertainment company dalle dimensioni colossali, 53esima al mondo in assoluto per fatturato. Ora Disney è, per limitarsi a due nomi, anche Marvel (e il Marvel Cinematic Universe) e Star Wars, due franchise valutati rispettivamente 32,2 e 46,7 miliardi di dollari.

Disney: la forza di un catalogo variegato

La volontà di crescere ulteriormente non si ferma. A dimostrarlo è un servizio di tv streaming (su SOSTariffe.it si possono trovare quelli attualmente sottoscrivibili, pronti per essere confrontati) come Disney+: se all’inizio i più credevano che sarebbe stato soprattutto un prodotto per bambini e famiglie, di interesse limitato, ad esempio, per una coppia senza figli; nel giro di poco tempo, grazie alle produzioni firmate Star – un nome su tutti: The Bear –, Disney+ ha dimostrato di poter concorrere nello stesso campionato di Netflix o di Prime Video, con un’offerta a 360 gradi e una strategia d’attacco che si è dimostrata particolarmente efficace. Il catalogo può contare in primo luogo sui franchise più seguiti, che vantano centinaia di milioni di appassionati, con un calendario di nuove uscite piuttosto serrato.

Solo negli ultimi mesi hanno esordito, per l’MCU, Secret Invasion e la seconda stagione di Loki, per Star Wars la terza stagione di The Mandalorian e la prima di Ahsoka, mentre più avanti dovremmo vedere Skeleton Crew. Basterebbe questo, considerando tutti gli «arretrati» sempre disponibili per gli abbonati, ma la Disney mette sul piatto anche una selezione di autentici gioiellini per un altro genere di platee, come il già citato The Bear e il delizioso Only Murders in the Building con Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez, entrambi show freschi vincitori di Emmy e premi di settore (Only Murders, per capirci, si è concesso come guest star per l’ultima stagione Meryl Streep e Paul Rudd).

L’integrazione con l’economia mobile

Parte integrante di questa strategia di late comer nel mercato dello streaming che però non ha alcuna intenzione di accontentarsi di una piccola fetta, ma vuole prendersi tutto o quasi, passa per l’economia mobile. Secondo l’ultimo report di data.ai, solo nel 2023 gli utenti Android hanno passato 14 miliardi di ore su app Disney, spendendo 2,7 miliardi di dollari di acquisti in-app e sottoscrizioni varie tra iOS e Google Play. Con il lancio di Disney+ nel tardo 2019, la spesa dei consumatori nel portfolio di app Disney è addirittura decuplicato in cinque anni, visto che nel 2018 il fatturato in questo settore ammontava a “soli” 264 milioni di dollari.

Naturalmente è proprio Disney+ a prendersi la fetta più grossa della torta, con 1,7 miliardi di dollari di fatturato previsti per quest’anno, quasi due terzi della spesa totale nelle app del colosso dei media. Ma il resto – quasi un miliardo di dollari – da dove proviene? Negli USA è assai importante il contributo di Hulu, un’altra app che ha visto una crescita esponenziale a partire dal 2018, nonché ESPN, leader nell’ambito degli eventi sportivi tanto da essere la prima in questa speciale classifica nel 2023.

Dal centesimo al sesto posto

Nel 2018 Disney era fuori dalla top 100 delle aziende con la maggiore spesa dei consumatori sulle app mobili, oggi è al sesto posto in assoluto, grazie a Disney+. E davanti non ci sono certo nomi qualunque: i mega-colossi cinesi Tencent e ByteDance (proprietaria di TikTok), Google, Activision Blizzard (fresca di acquisizione da parte di Microsoft) e Playrix, la meno nota del gruppo ma che è dietro a successi degli store mobili come Gardenscapes e Homescapes, costantemente ai primi posti nelle classifiche dei giochi più scaricati. Insomma, grazie allo streaming (ma non solo: sono tante le app che contribuiscono al successo della società senza la trasmissione di contenuti, come quelle legate alle prenotazioni di Disneyland e Disneyworld, o Marvel Unlimited, che consente di leggere più di 30.000 fumetti della celebre casa) Disney è oggi, senza dubbio, uno degli esempi di fusione più intelligente tra strategie tradizionali, come i parchi e i cartoni tradizionali, e nuovi media, senza mai sottovalutare l’user experience di una clientela che usufruisce sempre di più dei servizi attraverso i dispositivi mobili.

Bene i parchi, ma i film Disney sono un flop

Tutto questo non significa, ovviamente, che Disney non possa essere vittima di una congiuntura particolarmente difficile a livello planetario: non solo per quello che riguarda l’instabilità geopolitica e la crisi economica, ma anche per eventi come lo sciopero degli sceneggiatori, che nei prossimi anni porterà a un rallentamento dei contenuti originali, così come accadrà per tutti i servizi di streaming. Anzi, lo stesso Bob Iger si è guadagnato la fama di vero bad guy dello sciopero di Hollywood, per via di alcune dichiarazioni ritenute molto sprezzanti riguardo alle difficoltà dei lavoratori nello spettacolo. L’ultima trimestrale ha visto sì i ricavi in aumento del 3,8% (fino a 22,3 miliardi di dollari), ma anche una perdita di 460 milioni rispetto agli 1,41 miliardi di profitti nello stesso periodo nell’ultimo anno, causata da oneri straordinari di ristrutturazione per 2,7 miliardi. Si è parlato di economia digitale, ma ottimi risultati questa volta sono arrivati anche dai parchi a tema, da sempre uno dei punti di forza dell’offerta Disney: in questo settore (che, oltre ai parchi, comprende anche i prodotti retail, come quelli dei vari Disney Store sparsi per il mondo) le entrate sono arrivate a 8,3 miliardi, con una crescita del 13%, grazie anche all’apertura di nuove location in Cina. Male, invece, i film, paradossalmente uno dei prodotti più identitari di casa: risultati sotto le attese per due prodotti di punta, Elemental della Pixare la versione live action de La Sirenetta.

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