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Diritto d’autore e AI, perché Mediaset trascina Perplexity in tribunale

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RTI e Medusa Film intentano la prima azione legale in Italia contro l'uso non autorizzato di contenuti audiovisivi e cinematografici per l'addestramento di sistemi di intelligenza artificiale. Al centro della contesa, la società statunitense Perplexity AI.

Mediaset contro Perplexity: AI addestrata su contenuti audiovisivi e cinematografici senza licenza

È un’iniziativa storica, la prima nel suo genere in Italia, che accende i riflettori sul complesso rapporto tra intelligenza artificiale (AI) generativa e diritto d’autore. Le società del Gruppo MFE-Mediaset, Reti Televisive Italiane (Rti) e Medusa Film, hanno avviato un’azione legale presso il Tribunale Civile di Roma contro Perplexity AI, colosso americano dell’AI. L’accusa è grave: aver utilizzato “senza permesso e su larga scala numerosi contenuti audiovisivi e cinematografici di loro proprietà” per addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale.

L’azione legale si fonda sulla presunta violazione dei diritti d’autore e di altri diritti connessi. Secondo Mediaset, l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale di Perplexity avrebbe avuto luogo attingendo al loro vasto catalogo di opere protette senza la necessaria licenza o autorizzazione.

Come sottolinea in un post social Giovanni Cocconi dell’Ufficio Studi dell’Agcom, si tratta di una “prima iniziativa legale in Italia che contesta violazioni del diritto d’autore legate all’uso dell’intelligenza artificiale”. L’esperto evidenzia che le due società del gruppo MFE – MediaForEurope chiedono al Tribunale di Roma “di riconoscere l’illiceità della condotta, bloccare qualsiasi ulteriore utilizzo non autorizzato dei loro contenuti e condannare Perplexity AI al risarcimento dei danni“.

È stata inoltre richiesta l’applicazione di “una penale giornaliera in caso di eventuali violazioni future“.

Mediaset porta la prova dell’addestramento

A sostegno delle proprie ragioni, Rti e Medusa Film portano in giudizio prove che sembrerebbero inchiodare la società statunitense. Come riportato da Andrea Biondi su Il Sole 24 Ore, dalle perizie di esperti informatici “emergerebbe che l’AI, interrogata sui programmi e i film ‘studiati’, indica vari titoli del catalogo Mediaset e precisa che le informazioni su quei contenuti sono state apprese durante la fase di addestramento, conclusa prima del rilascio al pubblico”.

Ancora più grave, “nel ricorso si segnala che ‘rispondendo su alcune pellicole Mediaset, Perplexity rimanda a siti di streaming pirata“. Questi elementi rafforzano la tesi di un utilizzo massivo e non autorizzato di opere protette.

Il Diritto d’autore di fronte all’AI, con li ‘Text and Data Mining’

Il nodo centrale di questa disputa, e di molte altre simili a livello internazionale, risiede nel concetto di Text and Data Mining (TDM). Le intelligenze artificiali generative, per funzionare, si basano sull’analisi di enormi quantità di dati e contenuti (“corpus di addestramento“). Il problema sorge quando questo “corpus” include opere protette da copyright.

A partire dall’autunno del 2023 e per diversi mesi successivi, le reti Mediaset (Canale5, Italia1 e Rete4), hanno mandato in sovrimpressione un messaggio in rapido scorrimento che recitava: “È severamente vietato ogni utilizzo delle immagini trasmesse atto all’addestramento di sistemi di AI. generativa così come l’utilizzo di mezzi automatizzati di data scraping”.

In linea generale, il diritto d’autore conferisce all’autore o al titolare il diritto esclusivo di utilizzare la propria opera in qualsiasi forma e modo, compresa la riproduzione. Per quanto riguarda il TDM, la normativa europea e italiana (che recepisce la Direttiva Copyright) ha introdotto due specifiche eccezioni:

  1. TDM per scopi di ricerca scientifica: consentito agli organismi di ricerca e istituti culturali senza necessità di autorizzazione.
  2. TDM per altri scopi (inclusi quelli commerciali): consentito, a meno che il titolare dei diritti non abbia espressamente riservato l’uso delle proprie opere (il cosiddetto diritto di opt-out), cioè abbia espresso manifesto dissenso.

La falla della direttiva Ue

Il punto cruciale è stabilire se l’utilizzo di milioni di contenuti per l’addestramento rientri o meno nel perimetro di queste eccezioni e, soprattutto, se il titolare abbia esercitato efficacemente il suo diritto di opt-out. Nel caso di Mediaset vs. Perplexity, la contestazione si concentra sull’uso commerciale e sulla presunta mancanza di licenza o di un valido opt-out da parte di Perplexity.

Tutto nasce da una falla nell’articolo 4 della direttiva europea 70 del 2019, appunto la direttiva copyright (recepita in Italia dal decreto legislativo 177 del 2021). Mediaset dovrà ora dimostrare di aver espresso in maniera chiara il suo dissenso al TDM in quanto titolare dei diritti.

La Commissione si muove per colmare la lacuna, con una consultazione tra le parti interessate

La Commissione europea ha avviato una consultazione con le parti interessate per sostenere l’attuazione dell’obbligo dell’AI Act che richiede ai fornitori di modelli AI a scopo generale di identificare e rispettare le riserve di diritti espresse dai titolari.
C’è tempo fino al 9 gennaio 2026.

La sezione Copyright del General-Purpose AI (GPAI) Code of Practice offre un percorso per dimostrare la conformità a tale obbligo, con un impegno dei firmatari a rispettare protocolli machine-readable, inclusi robots.txt e le sue versioni IETF.

Per facilitare l’attuazione, la Commissione ha avviato un processo, con il supporto dell’EUIPO, per identificare e concordare protocolli di opt-out considerati all’avanguardia, implementabili e ampiamente adottati dai titolari in diversi settori culturali e creativi (Misura 1.3 della sezione Copyright).

La consultazione invita titolari di diritti, fornitori GPAI, società civile e altri attori a esprimere opinioni sulla fattibilità tecnica di varie soluzioni di opt-out per Text and Data Mining (TDM) identificate nello studio EUIPO.

I partecipanti interessati possono anche segnalare il loro interesse per workshop successivi volti a discutere e raggiungere un accordo sui protocolli da rispettare nel contesto dell’AI Act, con invito automatico ai firmatari del Codice GPAI.

Al termine, la Commissione pubblicherà una lista di soluzioni opt-out machine-readable generalmente condivise, aggiornata almeno ogni due anni.

Il 9 dicembre 2025 si terrà una sessione informativa online dedicata ai soggetti interessati per presentare scopi, struttura e soluzioni tecniche identificate nel processo.

Un precedente in Italia

L’esito di questo procedimento giudiziario sarà fondamentale, poiché, come afferma Cocconi, l’iniziativa si inserisce in un quadro internazionale dove “le cause di questo tipo ormai non si contano più” (e Perplexity negli Stati Uniti ne ha già affrontate diverse) e ha l’obiettivo di “definire un perimetro chiaro sull’uso delle opere audiovisive nell’ambito dell’addestramento dei modelli generativi“.

In un contesto normativo in evoluzione, con l’approvazione in Italia di una Legge Quadro sull’Intelligenza Artificiale che tocca anche la materia del diritto d’autore (ad esempio, imponendo maggiore trasparenza sull’uso dei contenuti per l’addestramento, Art. 70-septies L. 633/1941, come modificato da Legge 132/2025), la richiesta di Rti e Medusa rappresenta un forte monito: internet non è un “negozio self-service” e anche i gestori dell’AI generativa sono tenuti a rispettare il copyright.

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