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‘Diritto all’oblio, evitiamo il linciaggio digitale’. Intervista a Vincenzo Zeno-Zencovich

La questione del diritto all’oblio (Scheda), così come modificata alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Ue del 13 maggio scorso, ha accesso un forte e interessante confronto a livello nazionale ed europeo. Anche i Garanti Privacy dei Paesi Ue sono al lavoro per fornire linee guida.

Il dispositivo impone ai motori di ricerca, su richiesta degli utenti, di rimuovere i link ai contenuti che li riguardano, ritenuti non pertinenti od obsoleti.

La cosa ha creato subito delle grandi difficoltà, ragione per la quale Google, il motore di ricerca più usato al mondo e per questo coinvolto in primis dagli effetti di questa sentenza, ha organizzato un tour in sette capitali europee per approfondire con gli esperti le tematiche di fondo e trovare delle soluzioni condivise.

Google ha predisposto un modulo online per le richieste di rimozione, seguita a ruota da Bing.

Ma la rimozione dei link non è una pratica così semplice, al punto che Google ha pure lanciato un sito ad hoc e un Comitato d’esperti per gestire le richieste degli utenti.

All’appuntamento di Roma è stato sentito come esperto anche il professor Vincenzo Zeno-Zencovich dell’Università Roma Tre al quale Key4biz ha posto alcune domande che permetteranno di fare chiarezza su questa materia per molti versi molto spinosa.

Key4biz. Crede che la sentenza della Corte di Giustizia Ue abbia effettivamente contribuito a far chiarezza sul diritto all’oblio?

Zeno-Zencovich. La decisione della Corte di Giustizia, così come molte altre delle Corti Supreme su entrambe le sponde dell’Atlantico, è di tipo politico.

Essa afferma la sovranità dell’Ue su internet quando riguarda cittadini dell’Unione europea, contrastando con la pretesa sovranità degli Stati Uniti.

Le questioni riguardanti la sovranità possono essere risolte solo attraverso la diplomazia e trattati internazionali.

In Europa siamo lontani dall’essere convinti che tutto su internet debba essere protetto: il web come qualsiasi altro luogo fisico nel mondo, ha la sua inevitabile parte di spazzatura, gossip, notizie false e diffamazioni.

La decisione della Corte di Giustizia è, quindi, solo in parte relativa al dritto all’oblio. La rimozione dei risultati di ricerca è solo uno dei modi attraverso il quale proteggere questo diritto.

Key4biz. Parliamo di un caso specifico: le notizie riguardanti le indagini penali chiuse con l’assoluzione dell’imputato. Come si dovrebbe procedere?

Zeno-Zencovich. Questo è uno dei casi più comuni nella pratica: la notizia, vera in origine, diventa falsa nel tempo.

Key4biz. Come procedere allora?

Zeno-Zencovich. Intanto bisogna sottolineare che le informazioni sui procedimenti giudiziari devono essere corrette, complete e aggiornate. In caso contrario, la pietra angolare dello Stato di diritto si trasforma in un linciaggio digitale.

L’informazione deve essere corretta e aggiornata appena possibile. L’esperienza ci dice che i danni più gravi stanno dietro la diffusione poco professionale ed eticamente scorretta di informazioni spesso al riparo dell’anonimato.

Quando invece la fonte è attendibile la rimozione del link (lasciando ovviamente la news originale) potrebbe rappresentare il corretto bilanciamento tra le due parti coinvolte (privacy/reputation Vs. accesso alle informazioni). In questi casi è preferibile un’azione su due fronti: editore e motore di ricerca, ricordando che il primo deve essere sempre correttamente informato.

Key4biz. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto giuridico?

Zeno-Zencovich. Da un punto di vista strettamente giuridico si potrebbe mettere in discussione la regola che il motore di ricerca è “l’entità di diritto deputata a decidere su queste richieste”.

Da una prospettiva pratico-giuridica, possiamo dire che questo potere comporta delle precise responsabilità, in qualche modo anticipate dalla Direttiva sull’eCommerce che richiede la rimozione di determinati contenuti. In ogni caso sarebbe preferibile che si trattasse di un giudizio di ultima istanza.

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