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Diritto all’oblio, il 95% delle richieste da gente comune. In Italia duemila domande per reati gravi

Diritto all'oblio

Meno del 5% delle richieste individuali di diritto all’oblio (Scheda) presentate a Google, riguardano criminali, politici o comunque personaggi pubblici mentre ben il 95% provengono da gente comune. In Italia si chiede soprattutto la cancellazione di informazioni private o riguardanti reati gravi (1.951 domande).

A comunicarlo è The Guardian che ha scoperto nuove informazioni nascoste nel codice sorgente del Report sulla trasparenza di Google.

Si tratta di dati che la web company americana ha sempre rifiutato di rendere pubblici e che riguardano oltre il 75% di tutte le richieste di cancellazione che il gruppo ha ricevuto fino a oggi da quando nel maggio 2014 la Corte di Giustizia Ue ha riconosciuto agli europei il diritto di chiedere ai motori di ricerca la rimozione dei link che puntano a pagine web contenenti informazioni personali, ritenute dagli stessi obsolete o non più pertinenti.

Sulla fuga di queste informazioni, Google ha dichiarato: “Abbiamo sempre cercato di essere i più trasparenti possibile sulle decisioni che prendiamo in merito al diritto all’oblio. I dati che The Guardian ha trovato nel codice sorgente del nostro Report sulla trasparenza provengono ovviamente da Google ma facevano parte di un test per cercare di capire come classificare le richieste”.

La compagnia ha precisato che “il test è stato interrotto a marzo perché i dati non erano abbastanza affidabili per la pubblicazione”.

 

Finora le informazioni circolate riguardavano i casi più clamorosi di diritto all’oblio ma tralasciavano tutto quel 95% di richieste provenienti da gente comune che desiderava semplicemente tutelare la propria privacy.

Questi dati, finora non svelati, sono stati ritrovati durante un’analisi delle versioni archiviate del Report sulla trasparenza di Google e forniscono informazioni preziose sui paesi di provenienza delle richieste, sul tipo di problema… e molto altro ancora.

Successivamente il codice sorgente è stato aggiornato e questi dati dettagliati sono stati rimossi.

Eppure si tratta, riporta il Guardian, della maggior parte delle richieste pervenute a Google che oggi sono 280 mila.

Delle 218.320 richieste di rimozione dei link pervenute tra il 29 maggio 2014 e il 23 marzo 2015, 101.461 (46%) sono andate a buon fine. Di queste, 99.569 riguardano ‘informazioni private o personali’.

Solo 1.892 domande – meno dell’1% del totale – sono state accolte su quattro tipi di questioni identificate nel codice sorgente di Google: ‘reati gravi’ (728 richieste), ‘personaggi pubblici’ (454), ‘politici’ (534) o ‘tutela dei minori’ (176) e probabilmente perché riguardavano vittime, testimoni accidentali o comunque la vita privata della gente comune.

Per ogni Paese all’interno della categoria più grossa, che è quella che riguarda le ‘informazioni private e personali’, poco meno della metà delle richieste sono state accolte, più di un terzo respinte e il restante in attesa.

Diversamente, per ciascuna delle altre categorie, le cancellazioni sono state di circa una su cinque.

In molti Paesi, tra cui Francia, Germania, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Cipro, il 98% delle richieste riguarda informazioni private.

Regno Unito e Spagna si attestano al 95%.

Solo in tre Paesi questo tipo di richieste scendono sotto il 90%: Italia (85%), Romania (87%) e Ungheria (88%).

In Italia il secondo tipo di richieste riguarda i ‘reati gravi’ (1.951 domande, il 12% del totale del Paese).

Non è chiaro se queste richieste provengano dal diretto interessato a da terzi. Nel caso dei ‘reati gravi’ potrebbero, infatti, arrivare da testimoni o vittime piuttosto che dall’autore.

Resta da precisare che una volta che Google accoglie una richiesta di diritto all’oblio non è detto che quelle informazioni per le quali si chiede la cancellazione spariscano totalmente dal web. E’ infatti possibile ritrovarle magari usando altri motori di ricerca e comunque la richiesta di cancellazione dei link in questione riguarda solo l’Europa dove si applica la sentenza della Corte di Giustizia Ue. Anche questa è una spinosa questione sulla quale stanno discutendo approfonditamente i Garanti Privacy per ampliarne la portata.

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