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Dipendenza da smartphone: ‘È la punta dell’iceberg del disagio giovanile’. Un decalogo per la salute digitale (video)

L’abuso e la dipendenza da smartphone, detta nomofobia, è un fenomeno sempre più diffuso fin dalla più tenera età. Un problema salito agli onori delle cronache recentemente con alcuni casi eclatanti, come quello del quindicenne torinese arrivato in pronto soccorso a Orbassano per una crisi di astinenza da smartphone. O ancora la vicenda di una bambina romana che, quando la mamma le ha tolto il telefonino, si è lanciata dalla finestra. Due episodi raccontati recentemente dalle cronache che accendono i riflettori sui rischi legati all’uso precoce e incontrollato della tecnologia tra i più giovani, con inevitabili (e drammatiche) ripercussioni sulla loro salute mentale. A tal proposito, per discutere di possibili azioni preventive e culturali di aiuto all’uso inevitabile, ma intelligente, della tecnologia, l’Intergruppo Parlamentare Prevenzione e Riduzione del Rischio presieduto dall’Onorevole Gian Antonio Girelli ha organizzato oggi una conferenza stampa a Roma, per accendere un faro su un problema emergente ed in continua crescita. Analizzando i dati, e i casi portati dagli esperti, si è cercata di individuare la strada per superare l’emergenza attraverso un patto tra istituzioni, esperti, scuola e famiglie, partendo dalla presentazione di un decalogo utile ai genitori per preservare la salute digitale dei propri figli. Durante la conferenza stampa, è stato proiettato un video con i punti del decalogo scaricabile al seguente link.

 Gian Antonio Girelli: ‘Evitare che la tecnologia diventi un’arma impropria’

“L’obiettivo della nostra iniziativa è fare qualcosa anche a livello legislativo per contrastare un fenomeno in crescita esponenziale coinvolgendo diversi ministeri (DTD, Istruzione, Sport, Cultura, Salute)ha dettol’Onorevole Gian Antonio Girelli – i problemi mentali legati all’uso distorto dello smartphone sono molteplici. Dai problemi del sonno, all’uso compulsivo passando per il rischio connesso alle app e alle piattaforme social come il cyberbullismo o le challages. E’ necessario normare ed educare all’uso degli strumenti che la scienza ci consegna evitando che la tecnologia diventi un’arma impropria e sia, invece, una grande risorsa”.

Quel che è certo è che il problema non riguarda soltanto gli adolescenti, ma anche gli adulti. Basta camminare per strada per rendersene conto.

Maria Rosaria Campitello: ‘Bisogna partire dall’alfabetizzazione dei giovani. A partire dalle challenges’

Maria Rosaria Campitiello, Capo Dipartimento della Prevenzione, della Ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute, ha detto che “la prevenzione deve partire dai giovani. I danni neuropsichici nei bambini si riscontrano da subito, a causa dei disturbi del sonno e le dipendenze sono il problema principale. Il Governo ha veicolato l’1,5% del bilancio sanitario per la prevenzione, il ministero della Salute è consapevole del problema, ma bisogna partire dall’alfabetizzazione dei giovani. A partire dalle challenges”. Benvenga, quindi, la decisione del ministro Valditara di vietare gli smartphone anche nei licei. “Però non basta. Si sa che i social possono creare distanza e isolamento, per questo i genitori devono creare delle alternative. La prevenzione parte da casa”.

Giuseppe Ducci: ‘Il problema inizia con l’allattamento’

il professor Giuseppe Ducci, Direttore del DSM Roma 1, che di fatto rappresenta tutta la psichiatria italiana, dice che i problemi di dipendenza “iniziano durante l’allattamento, quando la madre distratta guarda lo smartphone invece del bambino creando da subito un problema di mancata sintonizzazione emotiva – ha detto – E l’uso precoce e incontrollato di device ha contribuito all’esplosione di fenomeni come cutting, autolesionismo, uso di sostanze, disturbi alimentari e comportamenti violenti. Il caso di Roma, dove i pazienti tra i 14 e i 25 anni presi in carico dal Dipartimento di Salute Mentale sono passati da 800 a 1.800 negli ultimi quattro anni”.

Il professor Ducci ricorda come il primo picco importante di ricoveri per dipendenza da smartphone all’ospedale pediatrico Bambin Gesù si ebbe nel 2013, quando lo smartphone divenne il regalo preferito per la prima comunione.

“La regolazione affettiva è nel rapporto con gli altri, ma i ragazzi di 12 e 13 anni oggi stanno in gruppo ma sono desintonizzati fra loro dal punto di vista affettivo perché ognuno sta davanti al suo smartphone”, aggiunge. “Lo smartphone non è come la Tivù, perché sminuzza l’attenzione in migliaia di frammenti”.

Di qui l’aumento di disturbi come la DHD, l’anoressia, il cutting, l’aumento dell’abuso di sostanze.  

Dottor D’Avino: ‘Correttivi devono partire nei primi anni di vita’

Il dottor Antonio D’Avino, Presidente nazionale della FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri), ha detto che la situazione è sconfortante e che “per noi l’emergenza pandemica è stata soprattutto l’ansia e l’isolamento cresciuti a dismisura nel ragazzi – ha detto – Noi pediatri abbiamo riscontrato dei problemi seri e quando parliamo di azione preventiva è necessario agire nei primi 1000 giorni di vita per limitare cattivi usi del digitale”. La Federazione (sono 6.700 i pediatri aderenti a livello nazionale) ha avviato il progetto con il software “bilancio di salute digitale” della FIMP in Sardegna, Emilia Romagna e Liguria che ha già coinvolto 5mila bimbi e ragazzi.“I correttivi devono partire nei primi anni di vita per evitare casi estremi come l’hikikomori”, aggiunge.

In Sardegna, ad esempio, ha proseguito il presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri, “abbiamo sviluppato con un team di psicologi il “Bilancio di Salute Digitale”, un software che consente di indagare sulle abitudini digitali, esplorando diverse criticità: screen time, livello di protezione e l’esposizione a contenuti inadeguati, rischio di dipendenza, analizzando anche i tempi dedicati allo studio, all’attività fisica e alla socializzazione. In Emilia Romagna è stato avviato il progetto dedicato ai primi 1.000 giorni di vita, con l’obiettivo di informare i genitori sui pericoli dell’esposizione precoce agli schermi e promuovere momenti di relazione e attività all’aria aperta. Siamo partiti da Rimini, ma visti i risultati positivi vi è l’intenzione di estenderlo a tutta la Regione. In Liguria, dove si utilizza il software “bilancio di salute digitale”, il progetto è rivolto a preadolescenti e adolescenti e si focalizza sull’uso degli smartphone e sulla qualità dei contenuti digitali consumati”.

Complessivamente, ha spiegato D’Avino, “in queste tre regioni sono già stati coinvolti oltre 5.000 bambini e ragazzi tra 0 e 16 anni, con dati che confermano un quadro preoccupante, spesso sottovalutato. Stiamo distribuendo materiali educativi per guidare genitori e figli verso un uso più equilibrato dei dispositivi digitali. Il nostro messaggio è chiaro: dalla connessione alla dipendenza il passo è breve, e servono strumenti di prevenzione efficaci. Il pediatra di libera scelta, oggi più che mai, ha un ruolo chiave anche nella tutela della salute digitale, aiutando le famiglie a riconoscere i segnali di rischio e proponendo alternative salutari come l’attività fisica, la lettura, il rispetto dello screen time e una fruizione più sicura e protetta dei contenuti online”.

Alessio Butti: ‘Il pericolo non è lo smartphone in sé, ma l’uso distorto che se ne fa’

Alessio Butti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Innovazione, ha detto che “Molta della responsabilità è data dalla crisi della scuola e della famiglia che hanno aumentato la loro disattenzione nei confronti dei ragazzi – ha detto – 30 anni fa non sentivamo questa ansia (da connessione ndr) addosso. Adesso invece è tutto accelerato. Siamo figli del nostro tempo”.

Ma nel contempo Butti ci tiene a sottolineare che di per sé la tecnologia è neutra e che tutto dipende dall’suo che se ne fa. “Addossare tutte le colpe sullo smartphone è eccessivo – continua – bisogna considerare invece gli esiti dell’uso distorto dei contenuti e non il device in sé”.  

Per questo, la cosa importante è regolare l’uso a partire dal buon senso, senza pretendere di intervenire in maniera eccessiva con delle norme che alla fine rischiano di essere facilmente aggirate. Come nel caso della Age verification, ad esempio, dove basta una semplice Vpn per aggirare divieti nazionali che lasciano il tempo che trovano. “Servono regole a livello europeo”.

Al contrario, è fondamentale un’azione culturale di moral suasion a partire dalla scuola e dalle famiglie. Senza dimenticare i problemi fisici che un uso eccessivo dei device sta provocando un po’ a tutti in generale, vale a dire l’incremento dei problemi di postura e al rachide, per il peso eccessivo che grava sul collo per sostenere il capo chinato in avanti per vedere lo schermo dello smartphone.

Nel contempo, è necessario intervenire e regolare piattaforme come TikTok, che diffondono contenuti pericolosi (come le challenges). “Dobbiamo combattere gli esiti nefasti della tecnologia, bene in Francia le sette famiglie che hanno denunciato TikTok per fenomeni di autolesionismo, challenges e disturbi di vario tipo legati ai contenuti diffusi senza alcun controllo”, aggiunge.   

Michela Gatta ‘Come riconoscere i segnali della dipendenza da smartphone

Michela Gatta, Direttrice dell’UOC di Neuropsichiatria Infantile di Padova ha spiegato che “lo sviluppo neuronale non è determinato esclusivamente dalla genetica, bensì è profondamente plasmato dall’esperienza del cervello in via di sviluppo, che porta ad adattamenti cruciali per le funzioni cognitive, psico-emotive e comportamentali”. Ciò, ha proseguito, “avviene grazie alla plasticità neuronale, cioè la capacità del cervello di modificarsi e adattarsi agli stimoli ambientali”. In particolare, “durante l’età evolutiva, infanzia e adolescenza, il neurosviluppo è scandito da finestre temporali in cui la plasticità neuronale risulta massima e i circuiti neuronali sono maggiormente sensibili in risposta agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, sia in termini di sviluppo, che di danno, che di recupero funzionale. I numeri ci dicono dell’aumento dell’uso di smartphone in età evolutiva, con riduzione sempre più significativa dell’età di avvicinamento alle tecnologie”. Ma come si rimodella dal punto di vista strutturale e funzionale il sistema cerebrale in risposta “allo stimolo-smartphone”? “Una delle conseguenze in gioco – ha spiegato la professoressa Gatta – riguarda l’attivazione del sistema cerebrale della ricompensa e determina il rilascio di dopamina. La dopamina è il neurotrasmettitore che segnala la presenza di uno stimolo gratificante e la motivazione ad agire per ottenerlo. È un po’ quello che succede con l’abuso di sostanze e alcol. Alcuni segnali di dipendenza da smartphone sono quando il suo utilizzo diviene la principale attività della giornata associato a sintomi di astinenza, tipo ansia, irritabilità/discontrollo, tristezza in caso di impedimento ad usarlo; perdita di interesse verso hobby/attività precedenti di diverso tipo; mancato riconoscimento dell’entità di screen time, con necessità di mentire a riguardo. La pratica clinica purtroppo evidenzia come l’abuso di smartphone possa associarsi a peggioramento della salute mentale: disturbi del sonno; nomofobia (NO MObile PHOBIA); aumento di ansia, depressione, discontrollo emotivo-comportamentale; disattenzione e difficoltà di concentrazione; isolamento sociale per citarne alcuni”. Di qui, ha sottolineato la professoressa Gatta, “l’importanza di definire strategie di riduzione del rischio e di impegnarsi per facilitare, fin dai primi anni di vita, corrette abitudini e stili di vita tra cui un equilibrato uso dello smartphone”.

Durante la conferenza, l’onorevole Girelli ha presentato il DECALOGO PER LA SALUTE DIGITALE DI BAMBINI E RAGAZZI”  

  1. Essere un modello positivo di comportamento digitale

I bambini imparano osservando: anche gli adulti devono mostrare un uso moderato, consapevole e relazionale dei dispositivi, evitando l’iperconnessione e dando valore ai momenti di qualità in famiglia. Anche i genitori e gli educatori devono formarsi nell’approccio al digitale: spesso sono pessimi utenti, poco consapevoli dello strumento e inconsapevoli delle sue ricadute educative e relazionali.

Definire con i figli orari precisi, limiti di utilizzo e spazi della casa in cui la tecnologia non è ammessa, coinvolgendoli nella creazione delle regole per aumentarne l’efficacia.

Attività fisiche, giochi creativi, letture condivise, esperienze all’aperto e momenti di noia produttiva sono fondamentali per uno sviluppo equilibrato e per ridurre l’attrattiva degli schermi. In questo quadro, è importante valorizzare anche la lettura tradizionale come fonte di crescita e formazione “diversa” dal digitale: un nutrimento per la mente e l’immaginazione che sviluppa concentrazione, empatia e spirito critico.

Offrire uno schermo per calmare un bambino impedisce lo sviluppo della sua capacità di riconoscere e gestire le emozioni. I dispositivi non devono sostituire la presenza, l’ascolto o il dialogo.

I pasti, il tempo prima di dormire, le conversazioni familiari e le attività condivise devono rimanere liberi da distrazioni digitali per favorire legami affettivi e comunicazione autentica.

L’uso precoce e non mediato dei social espone a rischi emotivi, relazionali e cognitivi. È bene accompagnare gradualmente il bambino alla scoperta del digitale, con strumenti sicuri e protetti.

Condividere il tempo online, conoscere le app utilizzate dai figli, dialogare su ciò che vedono e vivono in rete è parte essenziale della responsabilità genitoriale.

Ricerca ossessiva del dispositivo, reazioni aggressive alla sua assenza e crescente isolamento dalle attività quotidiane possono indicare una dipendenza in atto. In presenza di questi segnali, è importante consultare un professionista della salute mentale.

  1. Agire insieme come comunità educante

La prevenzione è più efficace quando scuola, famiglia, sanità e istituzioni lavorano insieme. È tempo di unire le forze per garantire ai nostri figli una crescita digitale sana, sicura e consapevole.

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