Cyberspazio

Digital Crime. Prostituzione online: l’orientamento della giurisprudenza

di Paolo Galdieri, Avvocato, Docente di Informatica giuridica, LUISS di Roma |

In Italia gli annunci delle prostitute ricevono diversi trattamenti a seconda che siano pubblicati su quotidiani cartacei o in rete. Mentre i giornali non vengono perseguiti, si moltiplicano i procedimenti nei confronti dei gestori di siti web.

L’Unione Europea ha finalmente promulgato nel 2013 un documento con il quale esprime la propria visione unitaria sul problema della cybersecurity.

Nel dettare le linee guida per un efficace contrasto alla criminalità informatica viene fissato quale principio fondamentale quello secondo cui i valori fondanti dell’Unione Europea si applicano al mondo digitale nella stessa misura di quanto accade in quello fisico.

La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.
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Ciò sta a significare che non vi è più la necessità di prevedere norme specifiche per il cyberspazio in quanto quelle esistenti, anche se pensate per le condotte offline, sono sufficienti a regolare anche quelle digitali.

Tali indicazioni non sono, invero, così chiare in Italia, dove ancora si assiste a valutazioni differenti su medesime condotte a seconda che si realizzino in un contesto reale o virtuale.

Emblematico è il caso degli annunci delle prostitute che riceve diverso trattamento nelle aule di giustizie a seconda che si trovino nei quotidiani cartacei o in rete.

Mentre, in effetti, non si registrano procedimenti a carico dei quotidiani che presentano annunci riferibili alla prostituzione, si moltiplicano processi a carico dei gestori di siti che presentano inserzioni dello stesso tenore.

In quest’ultimo caso vengono sovente contestati reati che vanno dallo sfruttamento al favoreggiamento della prostituzione, fino ad arrivare all’associazione a delinquere, a tutti i soggetti che hanno contribuito all’allestimento del sito: amministratore, webmaster, agenti che procurano gli annunci ed addirittura i fotografi che hanno realizzato il book da inserire nella relativa pagina web.

Il fenomeno viene generalmente indicato come prostituzione online. Tale espressione è in realtà erronea in quanto la vera e propria prostituzione virtuale è quella che si realizza direttamente attraverso la rete.

La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito come sia ipotizzabile una prostituzione online quando l’attività di meretricio avvenga direttamente in rete in quanto “l’elemento caratterizzante l’atto di prostituzione non è necessariamente costituito dal contatto fisico tra i soggetti della prestazione, bensì dal fatto che un qualsiasi atto sessuale venga compiuto dietro pagamento di un corrispettivo e risulti finalizzato, in via diretta ed immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o che è destinatario della prestazione “ (Cass. Sez. III n. 25464/04; Cass. Sez. III n. 3446/06).

Nel caso delle inserzioni, quindi, non si tratta di prostituzione online, in quanto la prestazione sessuale non avviene in rete. Ci troviamo soltanto di fronte ad una forma di pubblicità di prestazioni (che è bene ricordarlo non sono vietate dalla legge italiana) che eventualmente potrebbero essere successivamente realizzate attraverso un incontro fisico tra i soggetti interessati, prostituta e cliente.

La mancanza di ratio del diverso trattamento sanzionatorio delle inserzioni offline e online è stata più volte segnalata e solo di recente è stata confermata dalla stessa Suprema Corte di Cassazione che ha chiarito come “la raccolta con successiva pubblicazione di annunci relativi a prostitute, costituisce un mero servizio a favore della persona, penalmente irrilevante” (Cass. Sez. III n. 4443/2012; Cass. Sez. III n. 20384/2013).

Tali decisioni riprendono altra pronuncia (Cass. Sez. III n. 26343/09) che ha specificato come “nel caso in cui il soggetto imputato si sia limitato a pubblicare gli annunci pubblicitari delle prostitute nel suo sito web, potrebbe tale attività essere considerata simile a quella svolta da molti quotidiani che pubblicano annunci pubblicitari del genere, solitamente considerata come un normale servizio svolto a favore della persona che esercita il meretricio e non della prostituzione, con la conseguenza della mancata concretizzazione del reato di cui alla L. 75/58, art. 3, c. 2 n. 8”.

Sempre secondo questi orientamenti il reato di favoreggiamento sussisterebbe invece “nel caso in cui all’attività di mera pubblicazione si aggiunga una cooperazione tra soggetto e prostituta, completa e dettagliata al fine di allestire la pubblicità della donna che si offre per gli incontri sessuali, evidentemente per rendere più allettante l’offerta e per facilitare l’approccio con un maggior numero di clienti, cooperazione esplicantesi nell’organizzare servizi fotografici nuovi, sottoponendo le donne a pose erotiche, ponendo in essere una collaborazione organizzativa al fine di realizzare il contatto prostituta-cliente” (Cass. Sez. III n. 4443/12.

Si tratta, invero, di un primo passo verso un trattamento paritario delle condotte reali e virtuali, ma la strada è ancora lunga, considerando che anche a seguito di tali decisioni continuano ad essere aperti procedimenti penali a carico dei gestori di siti che pubblicano semplicemente annunci di questo tipo.