Legislazione

Digital Services Act a rischio frammentazione, paesi Ue in ordine sparso

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Parigi è soltanto l’ultima capitale europea che non vuole più aspettare le lungaggini di Bruxelles, e per questo annuncia nuove regole autonome per contenere lo strapotere delle Big Tech.

Parigi è soltanto l’ultima capitale europea che non vuole più aspettare le lungaggini di Bruxelles, e per questo annuncia nuove regole autonome per contenere lo strapotere delle Big Tech.

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Francia in solitaria

Il governo di Macron per questo ha ‘copincollato’ le proposte per limitare le grandi piattaforme contenute nel Digital Services Act e le ha inserite in una legge nazionale, che verrà approvata a breve, molto prima rispetto ai tempi lunghi – si parla di almeno un anno – previsti perché la nuova normativa Ue vada in porto.

Cédric O, il ministro francese del digitale, ha detto nei giorni scorsi che “Il governo francese ha introdotto un emendamento al disegno di legge sui principi repubblicani, introducendo obblighi di moderazione dei contenuti per i social network, in previsione del DSA. Continuiamo la lotta contro l’incitamento all’odio online”.

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Lo scrive Politico.eu, sottolineando che il Digital Services Act, presentato dalla Commissione europea a dicembre, ha delineato le regole di moderazione dei contenuti per le piattaforme online, che prevedono anche pesanti multe che possono arrivare a miliardi di euro se le società non agiscono. Parigi ora vuole integrare alcuni di questi requisiti per le piattaforme, inclusa una maggiore trasparenza per quanto riguarda i processi di moderazione dei contenuti, tramite un emendamento alla sua proposta sulla lotta all’Islam radicale, noto in Francia come il disegno di legge sui “principi repubblicani” (e inizialmente battezzato legge sul “separatismo”). Il progetto di legge è discusso a livello di commissione nell’Assemblea nazionale questa settimana e potrebbe essere adottato nei prossimi mesi, anni in anticipo rispetto ai tempi lumaca della legislazione UE.

Bruxelles non è entusiasta

La mossa di Parigi è soltanto l’ultima che, prendendo spunto dal progetto di legge europeo, va avanti in anticipo rispetto a Bruxelles. E la Commissione Ue non è certo entusiasta di tutto ciò.

Le proposte di Parigi si concentrano sugli obblighi – le piattaforme hanno dei protocolli per moderare i contenuti e devono essere trasparenti su come farlo – e non suggeriscono di fissare periodi di tempo specifici per rimuovere i contenuti illegali. Rispecchiando il DSA, il governo francese vuole anche più obblighi sulle piattaforme più grandi nonché la facoltà di poterle multare fino al 6% del fatturato annuale globale per infrazioni ripetute.

La Francia si è guardata dal definire quali società sarebbero etichettate come grandi piattaforme, a differenza della Commissione. Se adottato, l’emendamento del governo si applicherebbe solo fino a dicembre 2023, quando Parigi si aspetta che il DSA venga implementato in tutto il blocco.

L’emendamento francese dovrebbe essere notificato a Bruxelles per poter entrare in vigore.

 Per ora Parigi non ci pensa nemmeno. Di certo questa iniziativa rende più complesso l’iter di approvazione della proposta della Commissione, che dovrà passare dal Parlamento e dal Consiglio Ue.

Polonia e Austria si muovono da sole

Oltre alla Francia, anche la Polonia ha presentato una sua proposta nazionale che impedisce a piattaforme come Facebook, Google e Youtube di rimuovere in autonomia contenuti che non abbiano in modo specifico violato le leggi del paese. Varsavia vuole così garantire la libertà di espressione, anche se secondo gli attivisti per i diritti civili polacchi si tratta invece di una mossa del Governo per evitare la possibilità che si possa ripetere anche lì quanto accaduto ai danni di Trump silenziato da Twitter.

Anche l’Austria sta andando avanti con le sue proposte di legge nazionale contro l’hate speech.

Germania già avanti

In Germania, l’autorità federale antitrust Bundes Netz Agentur (BNetzAg) ha incassato nuovi poteri che le consentono di intervenire nei mercati digitali, anche nei confronti di aziende non ancora dominanti, anticipando così quanto previsto in un’altra proposta della Commissione Ue, denominata Digital Markets Act.

La Germania, come la Francia, ha fretta e si muove in anticipo e da sola.

Una delle domande principali sul Digital Markets Act sarà se la legislazione consente alle capitali di andare oltre.

E coloro che sono interessati a ostacolare la Big Tech – come l’industria editoriale – chiedono a Bruxelles di dare ai paesi dell’UE la libertà di farlo.

Il rischio frammentazione è dietro l’angolo.