l'analisi

Digital Education. Telegram, perché e come usarlo

di Rachele Zinzocchi, Digital Strategy R&D - laboratorio Digital Education |

Continua la «Guida a Telegram» all'interno della rubrica Digital Education, un'analisi tattico-strategica e operativa, per insegnare a tutti il perché e il come dell’uso di uno strumento da usare bene per il bene, l’unica possibile exit strategy oggi dalla crisi.

Digital Education è una rubrica settimanale promossa da Key4biz dedicata all’educazione civica digitale a cura di @Rachelezinzocchi Formatrice e public speaker, autrice del libro Telegram perché. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

«Telegram, perché?», ci siamo chiesti nella prima puntata di questa nuova sezione della rubrica Digital Education: una «Guida a Telegram» ragionata, tattico-strategica e immediatamente operativa, per insegnare a tutti il perché e il come dell’uso di uno strumento da usare bene per il bene, l’unica possibile exit strategy oggi dalla crisi.

Proprio questa è stata la risposta al nostro interrogativo, che spiega anche perché parlarne qui, in uno spazio dedicato all’Educazione Civica Digitale.

Telegram, si è detto, è la piattaforma oggi irrinunciabile per il business e la vita. Perché, dunque? Perché ti risolve la vita. Telegram, come braccio operativo della #Digital #Education – Educazione Digitale come Educazione Civica Digitale e, anzitutto, Educazione – è la risposta alla domanda chiave: come fare business oggi in tempi di crisi tramite il Digitale, usandolo bene, dunque proficuamente, in modo responsabile, etico e, così, produttivo e remunerativo. Telegram è il mezzo che aiuta a raggiungere il successo, i propri traguardi e obiettivi, nel lavoro e nella vita: a beneficio non solo nostro, ma della società tutta, sul piano educativo e istituzionale, dell’informazione e della comunicazione. Per questo, concludevamo, Telegram è la piattaforma ideale per un’Educazione Digitale predicata e praticata che porti alla meta. È l’App che consente al meglio di fare un uso digitalmente educato dello strumento Rete: la sola via d’uscita all’«era di povertà» spirituale e materiale tipica del nostro oggi.

Tutto questo, però, potrebbe apparire fumoso se non evidenziassimo in concreto la natura di Telegram e le sue features. Iniziamo allora, seguendo la cara vecchia regola delle 5W+1H.

Telegram, Who, What, Why. Che cos’è, per chi è, un decisivo perché. Anzi due

#What

Ai primi tre quesiti, di fatto, si è già risposto. «Telegram è Il braccio operativo dell’Educazione Civica Digitale», si è detto: di quello che abbiamo chiamato #HelpMarketing, #HelpFullNess. Per chi è? Per chi vuol raggiungere il traguardo pur nella crisi: per chi cerca la risposta, la soluzione al problema di tutti noi oggi. In tal senso, le peculiarità dell’App riguardano potenzialmente tutti, in ogni settore, sul piano professionale e personale. Perché? Per i quattro fattori chiave che costituiscono il suo «primo perché»: il suo valore in senso assoluto (velocità e sicurezza, l’unicità del network, l’assenza di barriere all’ingresso poiché progetto non commerciale, gratuito, e dunque il ROI al 100% che si ottiene usandola al meglio) e le caratteristiche principali del suo «secondo decisivo perché»: in senso «relativo», posto cioè in relazione alle altre App e social, contestualizzato nella nostra epoca, nel nostro  ecosistema digitale.

Occorre però conoscer meglio i «cittadini», gli abitanti di questo «villaggio» che ci si appresta a visitare in un novello «struscio di paese». Partiamo allora dal terreno su cui stiamo camminando, dalla sua «infrastruttura».

A dare la risposta migliore, più sintetica e chiara, alla domanda sul «che cos’è» di Telegram, sono proprio le FAQ: «Diversamente da WhatsApp, Telegram è un servizio di messaggistica basato sul cloud con sincronizzazione istantanea», si spiega. «Il risultato ti permette di accedere ai tuoi messaggi da diversi dispositivi contemporaneamente, inclusi tablet e computer, e condividere un numero illimitato di foto, video, file (doc, zip, mp3, etc.) con dimensioni fino a 1,5 GB per ogni documento. E se non vuoi salvare dati nel tuo dispositivo, puoi sempre tenerli nel cloud». Anche il video più pesante di How-To per la risoluzione di un problema, il keynote più massiccio da presentar domani in CDA, può essere inviato a clienti esterni e interni, seguendoli e inseguendoli ovunque siano, alla scrivania o in mobilità, qualunque dispositivo abbiano sottomano, garantendo loro di trovar sempre informazioni aggiornate in real time e con ogni tipo di contenuto. È il trionfo della Omni-Channel Experience: la omniscient customer experience tanto di tendenza adesso.

Il tutto con un’ulteriore conseguenza: «Grazie alla nostra infrastruttura con più Data Center e alla nostra crittografia, Telegram è anche più veloce e molto più sicuro. Oltretutto, Telegram è gratuito e lo sarà per sempre — nessuna pubblicità, nessun costo di abbonamento, per sempre». Non a caso «la nostra API è aperta, e gli sviluppatori che creano la propria App di Telegram sono i benvenuti. Abbiamo anche un’API per i Bot, una piattaforma per sviluppatori che consente a ognuno di creare strumenti personalizzati per Telegram. E questo è solo la punta dell’iceberg. Non dimenticarti di controllare questo paragrafo per funzioni ancora più esclusive».

Non esistono, dunque, server concentrati «in qualche strana parte del mondo» – come invece accade con WhatsApp e Facebook. Non ci sono finte casseforti di cui poi dare subito le chiavi a qualcuno. I Data Center sono e restano frazionati in ogni parte del mondo: porti di mari nelle cui acque subito si disperdono. Senza che nessuno legga i tuoi messaggi: neppure volendo. Non ci sono casseforti, non ci sono chiavi. Da oggi, anzi, ancor più velocità, privacy, sicurezza.

Ci soffermeremo più avanti sulle differenze strutturali con WhatsApp, che peraltro non possono non emergere già solo parlando di Telegram. Ora però focalizziamoci sull’infrastruttura e domandiamoci: tutto chiaro sin qui?

In caso contrario, proviamo con una metafora. Immagina il cloud come una «fibra muscolare», forte quel tanto che basta per consentire all’applicazione di svolgere quelle funzioni così utili – non ultime lato business – come la sincronizzazione istantanea, le dimensioni e le tipologie praticamente infinite di contenuti e allegati dei messaggi, il numero limitato di iscritti a un canale o ormai quasi anche di un supergruppo (sino a 100.000 membri), in una comunicazione quasi illimitata. Immagina poi i dati trasferiti dai messaggi, nel momento stesso in cui, attraverso il cloud, passano da un capo all’altro del mondo, dal mittente al destinatario e magari viceversa. Nel trasferimento i dati non sono trattenuti o copiati dal server, che li chiude a doppia mandata in una fortezza. Al contrario questi, come un bicchiere di cristallo, nel passaggio si frantumano in mille pezzi, che vanno a disperdersi in ogni parte del globo. Così è quasi impossibile per chiunque ritrovare e ricomporre le tessere del puzzle: fosse anche un ipotetico impiegato Telegram. E anche qualora trovasse i frantumi, essendo questi come detto sparsi in ogni parte del globo e sotto diverse giurisdizioni, non è detto che… il Governatore del Bangladesh sia d’accordo a consentire l’accesso al «pezzo di vetro». Come detto, dunque, «non ci sono casseforti, non ci sono chiavi».

#Who

Se questo è dunque almeno un assaggio della «città Telegram» – del suo «che cos’è», del #Whatchi sono esattamente i suoi cittadini, gli abitanti che la popolano?

Per capire almeno in linee generali il suo #Who, iniziamo da quelli che incontriamo per primi: i messaggi, in primis le cosiddette Cloud Chats. D’altronde, Telegram è anzitutto un’applicazione di messaggistica istantanea. In che cosa però si differenzia dalle mille altre App di Instant Messaging?

Presto detto. I messaggi:

a. Arrivano… Dove? «Su tutti i tuoi dispositivi contemporaneamente», così da sincronizzarsi all’istante «su smartphone, tablet o computer». Qui non si ha a che fare, dunque, con una semplice applicazione per smartphone: fin dal principio si prevedono piuttosto client e App anche per tablet iOS o Android, per Web e, soprattutto, per Desktop. Tutte funzioni che «gli utenti business e i piccoli team potrebbero amare», ricorda lo staff. La versione computer puoi trovarla qui, per MacOS, Windus e Linux: «L’applicazione Desktop veloce e sicura, perfettamente sincronizzata con il tuo telefono», viene definita. Prova a immaginare che cosa possa aver significato questo già al momento della sua nascita, o anche solo quando i primi pionieri – tra cui umilmente la sottoscritta – iniziarono nel 2015-2016 a usarla e parlarne. Se WhatsApp si dimenava tra tentativi di applicazioni lato business, mostrava anche però, tra le maggiori criticità, proprio l’assenza di una versione Desktop, almeno un po’ simile a una dashboard di gestione operativa, come necessaria invece per le aziende, nelle Internal come nelle External Communications, nel Social CRM e Social Customer Service. Uno Slack per lo scambio informazioni nel team, insomma, o uno strumento di CRM per l’assistenza clienti. Finché si parla di piccoli casi – ma proprio per questo ancor più meritevoli di attenzione, come Brescia Mobilità o Nardi Elettrodomestici, di cui ebbi a scrivere più volte – può darsi anche che il volume dei messaggi scambiati fosse gestibile via smartphone. Il caso di Repubblica, però, che tentò lo stesso esperimento e andò in crash in ventiquattro ore, è emblematico. Neppure la successiva introduzione della versione Web e Desktop di WhatsApp ha risolto il problema.

In Telegram, invece, la situazione si rovescia. Se i messaggi e i loro contenuti vanno gestiti, come può accadere in un’azienda, per uso interno, di comunicazione con e tra i dipendenti, o esterno, ad esempio per il Social Customer Service, operare da desktop rende i processi gestibili con soddisfazione garantita per clienti esterni ed interni. Puoi scegliere qui la tua versione, o sperimentare la nuova Telegram X, così come le ulteriori possibilità per Android.

b. Inviando… Che cosa? Messaggi di testo, foto, video e filedi ogni tipo (doc, zip, mp3, etc.), con dimensioni sino a 1,5 GB, si è                      anticipato. Analizziamo però adesso in dettaglio.

  • Come spiegato qui, «puoi usare la overview dei file per vedere tutti documenti condivisi in una chat. È possibile anche compiere ricerche per file specifici grazie alla ricerca istantanea». Ancora: «Ogni documento che ricevi può essere inoltrato via e-mail o da altre applicazioni. Basta aprire il file e premere sul pulsante di condivisione».
  • A proposito di foto, «Telegram ha la ricerca di gifanimate, un editor di foto stupendo», dicono entusiasti dal team. Già nel febbraio 2015, questo post sul blog ufficiale dichiarava che «ogni giorno gli utenti Telegram condividono 35 milioni di foto: un numero crescente di ora in ora. Senza contare la «piattaforma di sticker aperta»: utile lato entertainment non solo con gli amici, ma anche in ottica brand. Caso emoji docet. Chiunque, con skills pari anche quasi allo zero, può crearseli da solo in piena libertà: partendo anche da una propria immagine. Per una rassegna quanto mai ricca di stickers interessanti, basta guardare qui o qui.
  • «Passcode Lock»: ecco un altro elemento decisivo e caratteristico. Si tratta di un codiceaddizionale, un Pin a quattro cifre o più, da inserire nelle impostazioni generali dell’App, per garantire la massima privacy. «Senza questo codice nessuno sarà in grado di accedere ai tuoi messaggi. Quando Telegram è bloccato le notifiche dei nuovi messaggi non includeranno parole o nome del mittente, così i dati privati resteranno nascosti agli occhi degli spioni». Se dunque l’avrai abilitato, nessuno leggerà contenuti a te inviati neppure casualmente: nemmeno se il tuo iPad finisce nelle mani del tuo più innocente impiegato o di un componente della tua famiglia. «Solo tu potrai disabilitarlo manualmente dallo screen delle chat o scegliere un auto-sblocco automatico. Gli utenti iOS potranno usare il touch ID per sbloccare l’App». Ulteriore conferma, insomma, di sicurezza, efficienza e proficuità, nonché nuovo contributo all’ottimizzazione dell’Employee Experience e della Customer Experience.

c. Inviando, dicevamo… Ma a chi? Ai propri contatti, naturalmente. Per aggiungerne uno, però, qui non occorre il numero di telefono: basta lo username.

  • Di che si tratta? Come spiegato qui, lo username è il classico «@…», stile Twitter, con le specificità però della piattaforma. Nel dettaglio, la non necessità di fornire un proprio numero di telefono a chicchessia è garanzia di ancora maggior privacy. D’altra parte, l’username è pubblico: va sotto un registro fruibile da tutti. «Per favore», si raccomandano, «le persone che ti trovano potranno scriverti messaggi, anche se loro non conoscono il tuo numero. Se non sei sicuro, si sconsiglia la creazione di un username».
  • Oltre alla versione indicata, con la classica «@» seguita da nickname, in Telegram è possibile assegnare al proprio account anche il link me/TuoUsername. «L’apertura di questo link sul loro telefono avvierà automaticamente Telegram e aprirà una chat con te. Puoi condividere i link degli username con gli amici, inserirli nel tuo biglietto da visita o nel tuo sito». Un gran vantaggio sul piano della facilità di diffusione, condivisione e conoscenza del tuo contatto, laddove tu lo voglia e nel modo in cui tu vorrai, sempre nella massima privacy.
  • Ancora: proprio necessario avere un username? No, resta una tua scelta. Se lo vuoi, però, devi usare lettere a-z, numeri da 0-9 e l‘underscore, con almeno cinque caratteri. «Gli username sono case-insensitive. Telegram, però, li memorizzerà con le maiuscole che preferisci».
  • Solo un’accortezza: se qualcuno ti trovasse via username, ti scrivesse e tu rispondessi, nessuno dei due vedrà il numero dell’altro. Solo nel caso in cui tu abbia il numero di chi ti scrive e gli risponda, il tuo numero diverrà visibile anche a lui. Esattamente come accade negli SMS.
  • Un’ultima chicca: e se l’username che cerchi è stato preso? Risposta dello staff: «Sappiamo che certi username sono parte dell‘identità internet di qualcuno di noi. Nel caso, saremo felici di aiutarti a riaverlo, premesso che tu abbia lo stesso in almeno duedi questi servizi: Facebook, Twitter, Instagram». Si prega, in tal senso, di far riferimento al supporto dell’App, precisando però: «È fatto da volontari (quindi sii gentile per favore). Scrivici su Twitter se non ricevi una risposta entro qualche giorno». Un Social Customer Care con le basi migliori: da ambo le parti.

C’è di più, però. Le Cloud Chats non sono il solo esempio di messaggi presenti in Telegram. Ne esiste, infatti, un’altra tipologia, che apre le porte a un «monumento» nel «paese», che non si può non da visitare: la crittografia dell’App. Andando con ordine, l’altra versione, oltre ai messaggi «standard», ci sono le chat segrete. Che cosa sono le Secret Chats e perché dovrebbero essere importanti? Anche qui, faremo un passo alla volta: la prossima puntata.