Il regime della diffamazione sta per essere riscritto per effetto di una proposta di legge (la n. 925-B) pendente alla Camera dei Deputati, dopo esser già stata approvata dalla stessa Camera il 17 ottobre 2013 e modificata al Senato il 29 ottobre 2014. La fase parlamentare in corso, quindi, sarebbe finalizzata ad approvare definitivamente il testo normativo, recependo le modifiche apportate al Senato.
La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.Clicca qui per leggere tutti i contributi.
La proposta di legge in discussione è composta da 6 articoli e, apportando modifiche alla legge sulla stampa, al codice penale ed ai due codici di procedura, riscrive ampiamente la disciplina preesistente in tema di diffamazione semplice e di diffamazione a mezzo stampa.
L’esigenza di porre mano alla disciplina della diffamazione è nata a seguito della condanna definitiva a pena detentiva di un noto direttore di quotidiano a diffusione nazionale. In quella circostanza parte dell’opinione pubblica e della classe politica valutarono la pena detentiva una sanzione troppo aspra per la tipologia di reato in esame. Da qui l’esigenza di un intervento normativo finalizzato,in primo luogo, ad escludere dalle pene edittali la sanzione detentiva, mantenendo esclusivamente quella pecuniaria.
Al di là dell’intenzione originaria, l’iniziativa legislativa, apprezzabilmente, mette mano alla normativa vigente in modo ben più ampio e significativo e, per quello che qui interessa, per la prima volta affronta in modo esplicito il tema della diffamazione a mezzo web, dedicando alcune norme a questa particolare modalità di esecuzione della condotta illecita, oggi particolarmente frequente nella casistica giudiziaria.
Nel regime vigente la diffamazione commessa tramite comunicazione telematica era implicitamente riconducibile all’art. 595 co. 3° c.p., nella parte in cui equipara la diffamazione commessa a mezzo stampa con quella perpetrata attraverso “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” .
La mancanza di norme ulteriori ha lasciato per lungo tempo irrisolti alcuni problemi applicativi di primaria importanza, che la giurisprudenza si è trovata ad affrontare senza alcun riferimento normativo, svolgendo un ruolo sostanzialmente creativo.
Competenza territoriale
Tra questi va segnalato il problema relativo alla determinazione della competenza territoriale, in relazione alla individuazione del luogo nel quale è stato commesso il reato che, per i reati commessi tramite il web, è particolarmente ardua.
La giurisprudenza ha, in un primo momento ritenuto competente il giudice del luogo ove l’offesa alla reputazione veniva percepita e dispiegava i più intensi effetti lesivi. Tale luogo sostanzialmente coincideva con quello nel quale la persona offesa intrattiene la maggior parte delle sue relazioni personali e professionali; luogo perlopiù, nei fatti, coincidente con la sua residenza. Tale criterio è oggi superato, sostituendo ad esso il luogo di residenza dell’indagato, criterio fissato dall’art. 9 co. 2° c.p.p..
Altro tema sensibile è stato quello dell’applicabilità, alla diffamazione a mezzo web, della norma fissata dall’art. 13 della legge n. 47/1948, recante disposizioni sulla stampa. Tale questione è stata risolta, allo stato, in termini negativi, atteso che si tratta di norma penale, che nel testo si fa riferimento solo alla stampa e non agli altri mezzi di pubblicità e che la norma penale non è suscettibile di interpretazione estensiva o analogica ai casi che non siano tassativamente disciplinati.
Ancora, si è dibattuto circa l’applicabilità alla diffamazione a mezzo web dell’art. 57 c.p., che prevede la responsabilità, a titolo di colpa, del direttore o del vice direttore responsabile della pubblicazione periodica a mezzo stampa, per la commissione di reati attraverso la pubblicazione da lui diretta. Tale norma, nella prassi giudiziaria, determina la responsabilità penale dei direttori dei quotidiani per le diffamazioni commesse dai rispettivi giornalisti, mediante articoli pubblicati sul giornale da loro diretto. Con riferimento alla diffamazione attraverso strumenti telematici si è posto il problema relativo alla responsabilità dei direttori dei quotidiani online, ma anche dei titolari o dei gestori di pagine web o di blog, in relazione alle condotte illecite poste in essere da terzi soggetti, che pubblicano sulle pagine web da loro dirette o comunque gestite. Anche qui la soluzione giurisprudenziale attualmente prevalente è negativa, escludendosi che l’art. 57 c.p. potesse essere applicato per analogia a soggetti diversi da quelli espressamente indicati.
Il testo normativo in gestazione offre, apprezzabilmente, risposte normative a questi problemi, sino ad ora affrontati, in solitudine, dalla giurisprudenza. Non sempre, tuttavia, le risposte del legislatore appaiono esaustive.
Legge sulla stampa estesa alle testate online
In primo luogo viene modificata la legge sulla stampa i cui contenuti vengono oggi estesi alle testate giornalistiche online, purché registrate secondo le modalità previste per i quotidiani e le pubblicazioni cartacee. Tuttavia tale registrazione per le testate online, differentemente dalle cartacee, non è obbligatoria, con la conseguenza che le sanzioni dell’art. 13 verranno applicate solo alle testate on-line registrate, mentre quelle che optassero per l’assenza di registrazione soggiacerebbero alle sanzioni previste dall’art. 595 c.p..
Ovviamente i due regimi sanzionatori sono molto differenti; si pensi che per l’ipotesi più ricorrente, quella della diffamazione giornalistica attraverso l’attribuzione di un fatto determinato, la sanzione massima stabilita dall’art. 13 arriva a 50.000 euro di multa, mentre quella prevista dall’art. 595 co. 2° è fino a 15.000 euro di multa. Tale divario di sanzioni irrogabili non sembra fondarsi su una maggior diffusività e quindi offensività della condotta ma su un dato formale, irrilevante sul piano della gravità del reato o dei suoi effetti, quale quello della registrazione della testata online.
Lo stesso limite incontrano le modifiche apportate all’art. 57 c.p. in tema di responsabilità dei direttori. Anche in questo caso la norma viene estesa nella sua portata sanzionatoria ricomprendendo i direttori delle testate online registrate. Mentre, in caso di mancata registrazione, scelta assolutamente lecita dell’editore, il direttore non risponderà per le diffamazioni commesse dai suoi giornalisti.
Ultimo rilievo critico deve essere mosso alla disciplina riservata alla competenza territoriale. Il nuovo testo normativo, infatti, introduce nella legge sulla stampa una disposizione secondo la quale “per il delitto di diffamazione commesso mediante comunicazione telematica è competente il giudice del luogo di residenza della persona offesa”.
Un primo problema applicativo di questa norma, qualora entrasse in vigore, sarebbe quello di definirne l’ambito di applicazione: si riferisce alle diffamazioni commesse tramite testate online, come farebbe ritenere la collocazione della norma nella legge speciale e non nel codice di procedura penale, ovvero si riferisce a qualsiasi diffamazione commessa a mezzo web, anche dal privato cittadino tramite la sua posta elettronica, come si potrebbe desumere dall’interpretazione letterale della norma?
Peraltro, anche se applicata alle sole testate online, la norma è destinata a creare problemi e disfunzioni. Infatti, nella maggior parte dei casi, gli articoli pubblicati sulla versione cartacea vengono riproposti tramite il sito web della stessa testata o, quantomeno inseriti nell’archivio consultabile online dai lettori. Senza un coordinamento della norma in esame con quelle del codice di procedura penale che disciplinano la competenza territoriale in via generale, potremmo assistere al risultato assurdo per il quale, a fronte di un unico articolo pubblicato su entrambi i supporti, potranno essere celebrati due processi: uno, per la pubblicazione online, presso il Tribunale nell’ambito del quale risiede la persona offesa; l’altro, per la pubblicazione cartacea, presso il Tribunale del luogo ove viene stampato il quotidiano, in ossequio all’immutato criterio di determinazione della competenza per le pubblicazioni a mezzo stampa. Con la conseguenza, ancor più inaccettabile della divergenza dei due giudizi, sempre possibile in materie delicate quali la diffamazione.
Fortunatamente la Camera dei Deputati, in seconda lettura, sembra intenzionata a metter riparo a queste discrasie, a prezzo di un ulteriore prolungamento dell’iter legislativo, ma con l’effetto di rendere una disciplina coerente e finalmente attagliata alle specificità della diffamazione commessa a mezzo web.