COMUNICAZIONE E GIUSTIZIA

Digital Crime. Quanto il web condiziona il giudice penale

di Paolo Galdieri, Avvocato, Docente di Informatica giuridica, LUISS di Roma |

Il giudice è un uomo ed in quanto tale soggetto con una propria visione del mondo ed inevitabilmente con un suo sentire politico.

In materia di reati informatici capita sovente di imbattersi in sentenze che di fronte a condotte praticamente identiche, giungono a conclusioni diametralmente opposte.  Una valutazione complessiva di tali decisioni porta ad affermare che in questo settore si vengono a determinare, talvolta, diverse tipologie di condizionamento dell’organo giudicante, alcune direttamente riconducibili al tenore letterale del disposto normativo, altre al contesto in cui la disposizione deve essere calata, altre ancora ad una visione personale da parte dell’interprete.

La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.

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Allorquando la norma non indica gli esatti contorni della condotta realizzata attraverso le tecnologie, il giudice può essere influenzato da valutazioni di carattere tecnico. Rispetto al delitto di violazione di corrispondenza, ad esempio, si può giungere a conclusioni differenti a seconda che si consideri la posta elettronica in tutto e per tutto uguale alla posta tradizionale ovvero si evidenzino eventuali differenze (cfr. ordinanza del 10 maggio 2002 del GIP di Milano, ove vengono indicati i tratti distintivi della posta tradizionale e della posta telematica).

Stesso discorso per quanto attiene al delitto di diffamazione via Internet, la cui consumazione si riterrà dimostrata con la semplice prova dell’invio del messaggio, ove si consideri la rete strumento analogo ad altri media, e quindi di per sé capace di raggiungere più persone, ritenendosi, viceversa, necessaria ai medesimi fini la prova dell’avvenuta ricezione da parte di terzi nel caso in cui si reputi  la rete mezzo diverso, rispetto al quale la conoscenza della notizia non può essere presunta (in tal senso v. sentenza 112/02 del Tribunale di Teramo).

In che modo la “lettura” della tecnologia possa influire sull’applicazione della norma viene dimostrato da una serie di decisioni in ordine alla rilevanza penale delle scommesse raccolte in Italia per via telematica e trasmesse con lo stesso mezzo a bookmaker presente in un Paese dove quella condotta è ritenuta legittima. Orbene, in ordine a tale materia, se alcune decisioni conferiscono alla rete il ruolo di un semplice mezzo di comunicazione, escludendo il delitto sull’assunto che il gestore dell’internet point si limita a consentire la stipulazione a distanza di un contratto di scommessa (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sentenza 14 luglio 2000; Tribunale di Siena, sentenza 23 ottobre 2000),  altre ammettono la sussistenza del delitto, reputando la trasmissione telematica condotta concorrente a quella posta in essere all’estero ( Tribunale del Riesame di Palermo, ordinanza 19 giugno 2000).

Ulteriori problemi interpretativi possono, tuttavia, sorgere, quando il giudice è chiamato ad applicare norme espressamente riferite alle tecnologie dell’informazione.

Prendendo, ad esempio, il delitto di accesso abusivo, che punisce l’intrusione all’interno di un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza, la sua sussistenza potrà essere affermata o negata anche a seconda del significato attribuito al termine “sistema” – non è , infatti, ancora pacifico se in tale concetto possa rientrare l’impianto televisivo satellitare (Cass. Sez.VI n.4389/98; in senso contrario le argomentazioni proposte nella richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Crotone-PM Torriello-in data 18 marzo 2000) o la centralina telefonica (Cfr. Cass. Sez.VI n.3067/99) _, o all’espressione “misure di sicurezza” (sentenza Tribunale di Torino, 7 febbraio 1998 e Cass.Sez.V n.12732/00, secondo cui per la sussistenza del delitto basta qualunque misura di protezione, anche esterna; vedi anche sentenza del Tribunale di Roma del 4 aprile 2000, Sez.VIII, Gip Landi, in cui si nega tutela ai sistemi dotati esclusivamente di protezioni esterne, fisiche ed organizzative, ritenendosi sussistente il delitto solo laddove il sistema sia protetto da misure logiche efficaci e non facilmente aggirabili).

Altre questioni interpretative possono dipendere dalla genericità con la quale alcune nome fanno riferimento alla rete. Di fronte alla disposizione che punisce la distribuzione per via telematica di materiale pedopornografico, intendendosi per tale la trasmissione ad un numero indeterminato di destinatari, l’invio all’interno di una chat potrà essere valutato diversamente a seconda della capacità del giudicante di comprendere il funzionamento del servizio utilizzato e sottoposto alla sua attenzione (Cass. Sez. III n.5397/01). Se alcuni giudici, infatti, hanno inizialmente affermato che la divulgazione via chat integra il delitto di distribuzione, più di recente si è sostenuto che la stessa implica di regola un rapporto a due, e, quindi, sussisterebbe il reato di cessione. Tendenzialmente comunque si comprende oggi che, al di là del servizio utilizzato, occorra sempre far riferimento al suo specifico impiego nel caso concreto sottoposto a giudizio.

Differenti valutazioni possono, infine, dipendere dall’entroterra culturale dello stesso organo giudicante. Il giudice è un uomo ed in quanto tale soggetto con una propria visione del mondo ed inevitabilmente con un suo sentire politico. Piaccia o non piaccia la sua storia può influenzare le sue decisioni, e ciò sovente senza che lo stesso se ne accorga.

Emblematica in tal senso quella sentenza con la quale è stato assolto un extracomunitario sorpreso a vendere compact disc contraffatti, ritenendosi applicabile al caso di specie l’esimente dello stato di necessità e ciò dopo aver criticato apertamente i regimi di oligopolio esistenti e aver rilevato le difficoltà di adattamento in una società siffatta (Tribunale di Roma, sentenza del 15 febbraio 2001).

Alla luce delle valutazioni svolte in ordine al rapporto intercorrente tra giudice, norma e contesto in cui la stessa va applicata, emerge un ulteriore ruolo della tecnologia in ambito giuridico: la tecnologia quale “misuratore” della tenuta dell’ordinamento.

In un recente passato l’informatica ha messo in crisi il “mito” della completezza del sistema giuridico, imponendo la previsione di nuove regole adatte a regolamentare nuove realtà.

Oggi, che le norme ci sono, la rete si pone come osservatorio dal quale guardare l’impatto legislativo, rilevandone le contraddizioni interne e quelle direttamente riconducibili ai differenti punti di vista degli organi giudicanti.