Leggi contro Pedopornografia

Digital Crime. Pornografia virtuale, pericoloso considerare penalmente le rappresentazioni fumettistiche

di Paolo Galdieri, Avvocato, Docente di Informatica giuridica, LUISS di Roma |

Tra i reati stabiliti dalla Suprema Corte di Cassazione c'è pure la discutibile norma di reato per la detenzione di materiale pedopornografico di rappresentazioni di fantasia che non vedono in alcun modo un coinvolgimento del minore.

La rubrica Digital Crime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

Sicuramente destinata a far discutere è una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Sez.III, sent.22265/17) con la quale si afferma il principio secondo cui ai fini dei reati di distribuzione( 600 ter , III comma c.p.), cessione(600 ter, IV comma, c.p.) e detenzione di materiale pedopornografico (600 quater c.p.) devono essere considerati penalmente rilevanti anche i disegni, i fumetti e le pitture ovvero le rappresentazioni di fantasia che non vedono in alcun modo un coinvolgimento del minore.

Gli Ermellini giugno a tale conclusione attraverso i seguenti argomenti:

  • I reati di distribuzione, cessione e detenzione hanno quale oggetto il materiale pedopornografico. Tale sarebbe, alla luce di quanto statuito dagli organismi internazionali e giurisprudenza prima,  e,  grazie all’art.4  della legge 1 ottobre 2012, n.172  oggi, ogni rappresentazione,con qualunque mezzo,di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali.
  • Sulla base di quanto previsto dall’art.600 quater 1., il quadro di penalizzazione si estende anche alla pedo-pornografia virtuale della quale viene formulata la seguente definizione.”Le disposizioni di cui agli articoli 600 ter e 600 quater si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini minori degli anni diciotto o parti di essi,ma la pena è diminuita di un terzo. Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali”.
  • Le fattispecie incriminatrici delle condotte di pedopornografia, anche alla luce dei provvedimenti internazionali, non tutelerebbero solo la libertà sessuale del minore concretamente rappresentato, e quindi individuato, ma l’intera categoria dei bambini destinatari di una tutela rafforzata della intimità sessuale, incluso il rispetto delle diverse fasi del loro sviluppo fisico e psicologico, da intendere come comprensivo dello sviluppo della loro sessualità.
  • In quest’ottica, ed alla luce di quanto indicato nel Rapporto esplicativo della Convenzione sulla criminalità informatica di Budapest, l’interesse tutelato dall’art. 600 quater deve essere letto non come protezione contro l’abuso del minore, quanto piuttosto come tutela  contro un comportamento che, sebbene non abbia necessariamente offeso uno specifico minore, potrebbe essere usato per incoraggiare o sedurre minorenni a partecipare a determinate pratiche, favorendone l’abuso.
  • Il momento discriminante, quindi, ai fini della rilevanza penale, non starebbe nell’elaborazione sofisticata di immagini di carattere tridimensionale, ma nel fatto che l’elaborazione grafica effettuata evochi la rappresentazione di situazioni reali, ossia di atteggiamenti sessuali che offrono lo svolgimento di attività sessuali nelle quali i bambini sono ridotti al rango di meri oggetti sessuali, con i quali e sui quali compiere atti a valenza sessuale.

Il ragionamento seguito dalla Suprema Corte e, ancor di più, le conclusioni cui giunge, non convincono per una serie di motivi.

In primo luogo, perché il richiamo all’impostazione europea non è stato seguito pedissequamente, direi giustamente, dal legislatore tanto è che si è ritenuto di considerare pedopornografico esclusivamente il materiale riproducente minori e non anche, come indicato nella decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea n.200/68/GAI, quello avente ad oggetto “una persona reale che sembra essere un bambino implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita”.

In secondo luogo,  perché l’art.600 quater 1. , nel primo comma,  fa espresso riferimento all’utilizzo di immagini di minori o parti di essi, lasciando intendere di soggetti reali, come affermato nella prima sentenza in materia (Tribunale Milano,IX Sezione, sentenza 11 novembre 2010) e ribadito dalla Corte di Appello di Brescia, disattesa dalla pronuncia in commento.

Inoltre, perché la norma, già discutibile sul piano dell’offensività, diventerebbe, così interpretata, totalmente sganciata dall’interesse protetto, non potendosi considerare tale, come invece sostenuto, il  potenziale pericolo di eventuali condotte future, tra l’altro ipotetiche e non necessariamente consequenziali .

Infine, perché l’interpretazione prospettata si presta a difficili applicazioni in concreto, essendo sovente difficile nei fumetti e nelle rappresentazioni di fantasia individuare l’età del soggetto ritratto.

Al di la delle considerazioni esposte, vi è da aggiungere che se è da salutare con favore una tutela ampia ed articolata per quanto concerne le diverse forme di abuso e sfruttamento sessuale, si avverte il rischio che sempre di più si concentri l’attenzione sulle condotte “minori”, tralasciando i problemi giuridici ed operativi, ancora da superare, in riferimento alle condotte che esprimono maggiore pericolosità.

Da questo punto di vista è agevole rilevare che raramente si riesce ad individuare le organizzazioni criminali che utilizzano minorenni per produrre materiale pedopornografico, stante l’assenza di accordi di cooperazione giudiziaria con diversi Paesi dove sovente si produce e distribuisce il materiale suddetto.