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Digital Crime. La responsabilità penale del robot

Con la Risoluzione del Parlamento Ue sulla responsabilità civile per danni causati dai robot, la robotica lascia definitivamente i film di fantascienza e si cala nella realtà.

La Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017, pur fornendo indicazioni esclusivamente in ordine alla responsabilità civile per danni causati dai robot, offre spunti di riflessione anche per quanto concerne l’ambito penalistico.

Il primo dato di interesse è costituito dal fatto che all’interno del documento si fa presente come la robotica abbia lasciato i film di fantascienza e si sia calata pienamente nella realtà. Si evidenzia, infatti, come siamo in un’era nella quale robot, bot, androidi e altre manifestazioni dell’intelligenza artificiale sono sul punto di avviare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti i settori della vita sociale (trasporti- veicoli autonomi e droni- medicina, educazione e lavoro).

A tal riguardo si sottolinea come tra il 2010 e il 2014 la crescita media delle vendite di robot era stabile del 17% annuo e che nel 2014 è aumentata al 29%, il più considerevole incremento annuo mai registrato, e che le richieste di brevetto per le tecnologie robotiche sono triplicate nel corso dell’ultimo decennio.

Il secondo aspetto interessante è che, sempre nel documento europeo, si da atto che siamo in una fase in cui si tende a sviluppare macchine autonome e intelligenti in grado di apprendere e prendere decisioni in modo indipendente, così da realizzare condotte non sempre controllabili da coloro che le hanno progettate o che, a diverso titolo, le utilizzano.

Partendo da tali premesse, nella Risoluzione si evidenzia come sia necessario a questo punto fissare principi etici, in particolare un codice etico deontologico per gli ingegneri robotici, per quanto concerne la progettazione ed utilizzo dei robot ed al contempo ipotizzare soluzioni normative, sul piano civilistico, per imputare la responsabilità per quelle ipotesi dove il robot, divenuto autonomo, non possa essere considerato come mero strumento  nelle mani di altri attori (quali il fabbricante, il proprietario, l’utilizzatore).

Orbene, di fronte a questo scenario è legittimo interrogarsi su quali saranno i criteri di attribuzione della responsabilità qualora un dato reato sia perpetrato da una macchina intelligente. Allo stato, esattamente come per l’ambito civilistico, il criterio di attribuzione della responsabilità penale si fonda essenzialmente sull’individuazione del soggetto dal quale dipende direttamente la condotta illecita del robot, il quale potrà essere identificato nel progettista, proprietario o utilizzatore.

Questioni giuridiche più complesse potranno sorgere nel momento in cui il reato venga realizzato da un robot in grado di prendere decisioni autonome e, quindi, non sempre controllabili dai soggetti che lo hanno progettato o  che lo utilizzano.

Per quanto concerne la responsabilità civile, la Risoluzione invita a valutare se la stessa vada attribuita secondo i criteri della responsabilità oggettiva o piuttosto privilegiando l‘approccio di gestione dei rischi, che non si concentra sulla persona che ha agito con negligenza, ma su colui che, in determinate circostanze, è in grado di minimizzare i rischi ed affrontare l’impatto negativo.

Sul piano penalistico, in linea con l’orientamento del Diritto penale moderno, sarebbe opportuno evitare criteri di imputazione dell’evento antigiuridico fondati sulla responsabilità oggettiva, essendo preferibile impiegare il criterio della prevedibilità /evitabilità in modo da giungere a condanne solo laddove la condotta illecita del robot sia in qualche modo riconducibile al soggetto, in quanto concretamente evitabile dallo stesso.

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