Il commento

Digital Crime. Internet e minori, i pericoli dipendono dal digitale o dalla famiglia?

di Paolo Galdieri, Avvocato, Docente di Informatica giuridica, LUISS di Roma |

Il controllo costante dei genitori, e la previsione di norme, non sono da soli sufficienti a limitare i rischi di un cattivo utilizzo della rete da parte dei giovanissimi, ma una famiglia presente potrà ridurre i rischi di un uso distorto delle tecnologie.

La rubrica Digital Crime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

Il 1 aprile, presso la Sala Consiliare del Comune di Avezzano,  si è tenuto il Convegno “Mondi virtuali, pericoli reali. Utilizzo o dipendenza? Conseguenze delle nuove tecnologie sui minori”, organizzato dall’Associazione Mamsitter Italia, sensibile alle tematiche legate all’educazione e crescita dei figli.

L’incontro, arricchito dal contributo delle diverse componenti, a diverso titolo, interessate al tema, ovvero quella scolastica, politica e accademica, ha consentito di fare il punto su un argomento particolarmente delicato.

In primo luogo è emerso che, secondo alcuni dati, il 70 %, tra i 12 ed i 13 anni, ed  il 23 %, tra gli 8 e i 9, possiede un cellulare di ultima generazione, utilizzato quotidianamente per navigare in rete ed acquisire e scambiare informazioni ed immagini Si tratta di un fatto di per sé positivo perché il corretto uso delle tecnologie reca con se innegabili vantaggi anche in ambito scolastico, consentendo in tempi rapidi di svolgere  approfondite ricerche, offrendo l’occasione per scambi culturali con studenti di altri Paesi e per apprendere  nuove lingue e culture.

Parimenti, grazie alla rete, ai blog ed ai social network i giovani possono farsi conoscere, trovando maggiori possibilità di esprimersi.

Allo stesso tempo, tuttavia, è stato evidenziato come vi sia un rovescio della medaglia nell’impiego delle tecnologie, ben rappresentato dalla felice affermazione secondo cui “lasciare un bambino a navigare su Internet equivale ad abbandonarlo in mezzo all’autostrada”.

Si sono segnalate, a tal proposito, le seguenti situazioni patologiche:  aumento di dipendenza digitale fra giovani e giovanissimi; utilizzo illecito dei dati forniti all’accesso; possibilità di entrare in contatto con contenuti nocivi ( pornografia, apologia del nazismo, informazioni su come si producono droghe e costruiscono armi); reati commessi da e contro i minori.

Al contempo si è riconosciuta l’adozione di adeguate contromisure, che vanno dall’istituzione di centri di recupero dalla dipendenza da internet alle regole poste dal Codice della privacy, fino all’adozione di codici di autoregolamentazione da parte dei provider ed utilizzo dei c.d. programmi di filtraggio, così come sollecitati, in ambito europeo,  già con la decisione 276/1999.

Anche sul piano strettamente giuridico, è stato correttamente evidenziato come siano stati fatti importanti passi in avanti in materia di lotta alla pedofilia, anche telematica, sia in ambito europeo, grazie a diversi provvedimenti tra cui la  Convenzione del Consiglio d’Europa di Lanzarote del 2007, che nazionale, in virtù delle leggi 269/ 98,  38/ 2006,172/ 2012.

Parimenti non mancano disposizioni che sanzionano penalmente le condotte illecite realizzate in ambito digitale da e contro i minori, previste in massima parte dalle leggi 547/ 93 e 48/ 2008. Aperto resta,invece il dibattito in ordine alla necessità di prevedere apposita norma penale per il cyberbullismo, anche se la scelta recentemente operata dal Senato è diretta in senso contrario, preferendo  la strada della tutela della vittima e della rieducazione per il cyber bullo.

Dallo  scenario così prospettato derivano alcune considerazioni.

La prima è che la tecnologia in quanto “neutra” produce effetti positivi o negativi a seconda dell’uso che se ne fa.

La seconda è che il controllo costante dei genitori, e la previsione di norme,  non sono da soli sufficienti a limitare i rischi evidenziati.

Chi dovrebbe controllare ha di regola minori competenze del controllato, non a caso definito “nativo digitale”, ed al contempo è impossibilitato a verificare la sua condotta, considerato che l’utilizzo dei telefoni cellulari di ultima generazione consente al minore di muoversi in rete senza necessità di stare seduto davanti al computer di casa o di scuola.

Quanto alle norme, di regola, le stesse producono effetti quando ormai “il danno” è stato procurato, non riuscendo sovente ad avere efficacia preventiva.

Non resta allora che indagare sulle cause che inducono il minore a navigare in piena solitudine, a cercare contenuti nocivi per la sua formazione, a diventare vittima o carnefice di condotte proprie o altrui.

Tale ricerca non è certo agevole, potendo portare a risposte diverse, rimanendo, tuttavia, indubitabile che laddove la famiglia è presente ed al fianco del minore i rischi di un uso distorto delle tecnologie sono sicuramente ridotti.