Fronte aperto

Digital Crime. Il diritto penale e le neuroscienze: rivoluzione o sfida?

di Federica Pesoli |

Nel composito mondo del diritto, le neuroscienze offrono attualmente più spunti di domanda che elementi fissi.

Il termine “neuroscienze” è sempre più spesso associato a quello di “rivoluzione”.

Rivoluzione nel modo di concepire l’essere umano, le sue relazioni,  la sua possibilità di autodeterminarsi.

La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.
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E, anche laddove si decidesse di non accogliere una terminologia tanto radicale quale “rivoluzione”, nondimeno di progresso si dovrebbe parlare, dal momento che le neuroscienze, globalmente intese, non costituiscono la risposta ad un’indagine, ma un nuovo – e in questo sì, rivoluzionario – metodo di indagine.

 

Caratteristica intrinseca di ogni progresso scientifico è la sua capacità di impattare con le nostre categorie concettuali, di consentire di confrontarci nuovamente con i nostri paradigmi e, nel corso dell’indagine, di riconfermarli (arricchendoli o meno di nuovi dati e nuovi significati) o di sconfessarli.

Non solo il nuovo metodo, la nuova scoperta, rappresentano il progresso o la rivoluzione, ma la direzione che una società sceglie di dare a quel metodo, a quella scoperta, costituisce il momento fondamentale per capire quale sarà la reale portata, il reale senso che quella innovazione è destinata ad avere in un dato momento storico.

Nello specifico, le neuroscienze rappresentano un insieme di discipline tra loro eterogenee, aventi come obiettivo l’indagine di quei meccanismi che sono alla base di fenomeni mentali.

Nella conferenza ’Neuroethics: Mapping the field’, tenutasi a San Francisco nel 2002, ad opera della Stanford University e della University of California, viene per la prima volta coniato il termine neuroetica, definita come “lo studio delle questioni etiche, giuridiche e sociali che sorgono quando le scoperte scientifiche sul cervello vengono portate nella pratica medica, nelle interpretazioni giuridiche e nella politica sanitaria e sociale”.

I neologismi oggi si moltiplicano: dal neuromarketing al neuro-essentialism (la teoria per cui il cervello costituirebbe l’essenza della persona), dal neuro-exceptionalism (l’idea secondo cui dalle neuro-tecnologie vengono oggi le opportunità più complesse), fino alla neurolaw, cioè alle neuroscienze applicate al diritto.

Nel 2007 la rivista American Journal of Law & Medicine dedica al “Brain Imaging and the Law” il proprio numero monografico, mentre a un anno di distanza seguirà il volume “Neuroscience in the Courtroom: What every lawyer should know about the mind and the brain”.

Neuroscienze e diritto in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, il convegno “Le neuroscienze e il diritto” si tiene nel 2008, a cura del Centro di Ricerca Interdipartimentale ECLT dell’Università di Pavia, in collaborazione con la Corte d’Appello e il Tribunale di Milano e il Collegio Ghisleri.

Ma perché tanto interesse?

Perché le neuroscienze offrono oggi un nuovo punto di osservazione, applicabile a distinti rami del sapere e, dal canto suo, il diritto non può e non deve rimanere estraneo ai progressi e ai quesiti aperti.

Concetti chiave quali la responsabilità, l’imputabilità (si pensi alla “anders handeln können” , cioè la capacità di agire diversamente, concetto alla base dell’imputabilità per il diritto penale tedesco), hanno oggi la possibilità di essere rimodellati, affinati, alla luce delle neuroscienze.

Ugualmente, ulteriori possibili interazioni tra sapere giuridico e sapere neuroscientifico possono aversi nell’ambito dell’accertamento della morte cerebrale e dello stato vegetativo permanente, o nel campo del neuro-enhacement (letteralmente “neuro-miglioramento cognitivo”) cui si collega il dibattito giuridico ruotante attorno all’uso illegale di farmaci per il miglioramento delle proprie prestazioni scolastiche e lavorative.

Infine, per quanto riguarda il processo penale, l’impiego di strumenti neuroscientifici consente oggi di rendere maggiormente oggettivabili situazioni patologiche prima vincolate  a risultanze esclusivamente psichiatriche,  come nel caso dell’accertamento del vizio totale e parziale di mente.

Il Nordmann Report, commissionato dall’Unione Europea e relativo alle Converging Technologies – cioè la convergenza sinergica di una pluralità di campi della tecnologia e della scienza -, nel 2004 riporta che le neuroscienze rappresentano oggi uno dei settori in cui viene offerta una delle sfide maggiori alla società odierna.

Per quanto attiene al composito mondo del diritto, le neuroscienze offrono attualmente più spunti di domanda che punti fissi. Come si è detto, concetti-roccaforte propri del diritto (e in particolar modo del diritto penale) possono oggi essere relazionati a strumenti di indagine via via più affinati, più oggettivi, più esatti, nella ricerca di una verità giuridica non sempre agevole da accertare. Se di “sfida” dunque ha senso parlare, raccogliere questa sfida e capire come servirsi di questo sapere costituiscono forse oggi l’imperativo cardine, non rinunciabile, del “mondo del dovere”.

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