CYBERCRIME

Digital Crime. Cyberbullismo, luci ed ombre nelle proposte di legge

di Eugenio Albamonte, magistrato della Procura di Roma |

Difficile a Montecitorio legiferare sul tema. Tutto è reso ancor più complicato dalla necessità di dover esaminare e ridurre ad unità una serie di iniziative legislative che affrontano il tema da punti di vista differenti.

La rubrica Digital Crime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati è impegnata, in questi mesi, nel non facile compito di legiferare in materia di bullismo e cyberbullismo. Il compito è reso ancor più complicato dalla necessità di dover esaminare e ridurre ad unità una serie di iniziative legislative che nel tempo si sono susseguite e che affrontano il tema partendo da punti di vista differenti.

Alcune proposte di legge non contemplano norme penali : la n. 3139, già approvata dal Senato il 20 maggio 2015 (prima firmataria Sen. Ferrara) e la n. 2408 presentata presso la Camera il 27 maggio 2014 (primo firmatario On. Iori). Altre invece prevedono l’introduzione di una fattispecie relativa al solo cyberbullismo (n. 2670, presentata presso la Camera il 15 ottobre 2014, primo firmatario On. Iori) o l’introduzione di due ipotesi incriminatrici relative, rispettivamente al bullismo ed al cyberbullismo (n. 2435, presentata presso la Camera il 6 giugno 2014, a firma dell’On. Brambilla e n. 1968, presentata presso la Camera il 23 gennaio 2014, primo firmataria On. Campana).

La scelta, seguita attraverso alcune proposte, di non introdurre norme penali si fonda su un approccio al fenomeno che parte dalla rilevazione sociologica secondo la quale bullismo e cyberbullismo sono fenomeni che riguardano esclusivamente il modo dei minorenni. Pertanto si ritiene che, in luogo di un sistema di sanzioni penali, per contrastare il fenomeno si debbano utilizzare strumenti sanzionatori non penali, accompagnati da presidi educativi e da misure volte a contenere gli effetti dannosi subiti dalla vittima.

Questa impostazione non tiene conto del fatto che, la prassi giudiziaria evidenzia come, in molti casi, le vittime delle condotte di bullismo e cyberbullismo sono minorenni ma gli autori sono maggiorenni. In verità, soprattutto negli ambienti scolastici di istruzione superiore si riscontra una stretta convivenza, negli stessi istituti, di minorenni e maggiorenni e con essa anche la promiscuità nella socialità del tempo libero. Di modo che il contatto tra giovani di età diverse da luogo, più spesso di quanto si creda, a fenomeni di bullismo che coinvolgono anche la responsabilità dei maggiorenni.

Sembrano quindi preferibili le proposte che, tenendo conto della maggior complessità del fenomeno, prospettano un approccio gradato che prevede sanzioni di tipo scolastico e specifici supporti educativi per i minori non imputabili e norme incriminatrici per i minori imputabili e per i maggiorenni.

Quanto alla tipizzazione delle condotte sussumibili nell’ambito delle fattispecie incriminatrici, le differenti proposte di legge appaiono pressoché omogenee (salvo alcune differenze terminologiche), perché traggo spunto dall’esperienza pratica e dai comportamenti concreti attraversi i quali il fenomeno del bullismo si palesa.

Il bullismo viene individuato, quindi, in quelle condotte reiterate che si estrinsecano attraverso insulti ed offese, diffamazioni, furti, minacce, molestie, violenze private, danneggiamenti e lesioni personali, nonché discriminazioni che abbiano ad oggetto l’orientamento sessuale, la razza, la lingua, la religione, l’opinione politica, le condizioni personali o sociali della vittima.

Il cyberbullismo, invece, consisterebbe, secondo le stesse proposte di legge, nell’utilizzo dello strumento informatico e telematico per l’invio di messaggi ingiuriosi e diffamatori rivolti direttamente alla vittima o a terzi al fine di offenderne l’immagine sociale, nella sostituzione di persona, nella pubblicazione e diffusione di informazioni o immagini private, nelle molestie e minacce, nell’esclusione deliberata da comunità virtuali al fine di provocare un sentimento di emarginazione.

Entrambe le fattispecie configurano un reato di evento che, per il suo perfezionamento richiede che si ingeneri, nella persona offesa, “un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero un fondato timore per la propria incolumità”.

Dalla prima lettura delle condotte tipizzate sotto la rubrica del bullismo e del cyberbullismo si percepisce immediatamente la forte similitudine con le condotte che solitamente si riscontrano nell’ambito dei fenomeni di stalking e che sono sussunte sotto l’art. 612 bis c.p, e sotto altre fattispecie di reato solitamente concorrenti. La sovrapposizione tra i due ambiti è resa ancor più evidente dalla recente modifica apportata all’art. 612 bis c.p. attraverso l’introduzione nel comma 2° della circostanza aggravate relativa alla commissione del reato attraverso strumenti informatici e telematici.

Peraltro le nuove norme relative al bullismo e cyberbullismo rischiano di essere assorbenti rispetto alle condotte di stalking materiali e telematiche, in quanto molto meglio dettagliate nel tipizzare i singoli comportamenti materiali sussulti alla fattispecie.

Tale effetto deve essere ritenuto assolutamente negativo, soprattutto se le condotte di bullismo e cyberbullismo dovessero prevedere, come indicato oggi nelle proposte di legge in esame, pene inferiori ai limiti edittali indicati dall’art. 612 bis c.p..

In ogni caso la sovrapposizione tra le due previsioni penali determinerebbe la sostanziale desuetudine del reato di stalking con la conseguenza di escludere, di fatto, quell’ampliamento delle condotte punibili che il legislatore si prefigge.

In verità i due ambiti appaiono essere oggettivamente contigui, essendo entrambi caratterizzati da una intenzione persecutoria tradotta in pratica attraverso condotte, poste in essere anche attraverso strumenti telematici , che spesso sono analoghe.

Una soluzione per risolvere il problema potrebbe essere quella di mettere mano anche alla fattispecie descritta dall’art. 612 bis c.p. riscrivendola in modo più ampio e dettagliato e ricomprendendo in essa le condotte oggi in via di tipizzazione sotto le rubriche di bullismo e cyberbullismo.

Ovvero, per altra via, mantenere il 612 bis c.p. nell’attuale formulazione e, previo espunzione dal comma 2° del riferimento alle condotte poste in essere mediante strumenti informatici e telematici, inserire una nuova norma esclusivamente dedicata alla tipizzazione degli atti persecutori commessi tramite strumento informatico, che ricomprenda in se tanto le condotte oggi denominate come stalking telematico quanto quelle di cyberbullismo, in ampia parte coincidenti.

In tal modo le condotte materiali di c.d. bullismo sarebbero ricompresse nel 612 bis c.p. secondo l’attuale formulazione e la nuova norma coprirebbe invece tutte le condotte illecite di tipo persecutorio commesse tramite il web, coprendo uno spazio normativo sino ad oggi non adeguatamente disciplinato e sanzionato.