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Difensore civico digitale, ma ce n’è davvero bisogno?

C’è davvero bisogno nella PA di un difensore civico digitale? La domanda si pone dopo il via libera preliminare allo schema di decreto legislativo sul nuovo CAD (Codice dell’amministrazione digitale) previsto dalla riforma Madia e appena licenziato dal Consiglio dei ministri, che sarà sottoposto alla Corte dei Conti e alle commissioni parlamentari competenti.

La nuova figura, insieme al “lancio anticipato” del domicilio digitale (in attesa dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente che in teoria rappresenta la precondizione per verificare l’identità digitale dei cittadini) è la novità principale del nuovo schema di decreto, che prevede l’istituzione di un unico garante a livello nazionale, che avrà il suo ufficio all’Agid, con il compito di dirimere i dissidi fra cittadini ed enti pubblici in materia di digitale. Nella precedente versione del decreto era prevista l’istituzione di un difensore civico digitale in tutti gli enti pubblici.

Una sorta di ombudsman dell’hitech nei rapporti fra cittadino e PA.

Ma perché istituire una nuova figura del genere, in possesso peraltro di “adeguati requisiti di terzietà, autonomia e imparzialità” con il rischio di creare nuove sovrapposizioni con le autorità esistenti nel nostro paese?

In che rapporti sarà il nuovo difensore civico digitale (è un nuovo Garante?) con le varie authority, che a diverso titolo già si occupano di digitale?

Non bastano già il Garante Privacy, l’Agcom, l’Antitrust e l’Agid a dirimere eventuali contenziosi dei cittadini con il pubblico in materia di digitale?

La tutela dei consumatori, e quindi dei cittadini, non è già prerogativa delle autorità indipendenti?

La nuova versione del Cad, peraltro, rischia di sovrapporsi all’entrata in vigore del Gdpr (Genral data protection  regulation), il nuovo regolamento europeo sulla protezione dati in programma per il maggio del 2018. Una riforma, quella del regolamento Ue sulla Data protection, molto attesa anche dalle aziende, che prevede peraltro l’istituzione in ogni comune ed azienda della figura del Dpo (Data protection officer), una figura le cui prerogative potrebbero confondersi (o annacquarsi) con il moltiplicarsi di nuove figure in ambito digitale.

Nel nostro paese ci sono già diversi soggetti che si occupano di digitale a partire dall’Agid e dal team del Digitale a Palazzo Chigi, che hanno il compito precipuo, fra mille difficoltà e resistenze, di guidare e concretizzare le strategie e le politiche di attuazione dei grandi progetti di Crescita Digitale. A partire dallo Spid (Sistema pubblico di identità digitale), passando per l’Anpr (Anagrafe unica della popolazione residente), PagoPA per i pagamenti elettronici e fatturazione elettronica per citare i principali.

Ma ora spunta anche la nuova figura del Difensore civico digitale, cui viene affidato il compito di raccogliere le segnalazioni relative a presunte violazioni del Codice dell’amministrazione digitale, o di ogni altra norma in materia di digitalizzazione e innovazione.

Tra l’altro, sarà questa nuova figura a stabilire quali sono le segnalazioni cui dare seguito, se fondate, e a invitare il soggetto responsabile a rimediare entro 30 giorni.

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