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Democrazia Futura. Perché la cripto-arte non può fare a meno degli NFT

Roberto Giavarini

Roberto Giavarini, l’Artista, pittore fotografo, compositore e interprete musicale che con le sue Stazioni spaziali aveva illustrato l’undicesimo fascicolo di Democrazia futura, presenta oggi il progetto Cryptoart-NFT, che potremmo definire un vero e proprio “manifesto per sancire l’originalità dell’opera d’arte virtuale” chiarendo “Perché la cripto-arte non può fare a meno degli NFT”. ” La cripto-arte (o Cryptoart), a differenza di quanto si possa pensare, così come qualsiasi forma digitale, si basa sul medesimo concetto dell’arte fisica, antica o moderna che sia: la differenza – scrive Giavarini – sta semplicemente nel fatto che, invece di trattarsi di un pigmento che si attacca ad una superficie, l’arte digitale si manifesta da microparticelle (pixels) che si illuminano ognuna di un preciso colore. Lo schermo è la superficie sulla quale l’opera viene fruita”. Per l’artista dunque “L’arte fisica e la cripto-arte hanno la stessa dignità e altezza filosofica. Il fatto che c’è chi sostiene che la vera arte sia solamente quella fisica è il risultato di un preconcetto derivato dalla convenzione materialistica tramandata dai secoli. La cripto-arte è la realtà-irreale di cui già scriveva Schopenhauer. È l’interno della caverna di Platone. Noisostentiamo che la cripto-arte non può fare a meno degli NFT: solamente il NFT dell’opera d’arte virtuale sancisce che quell’opera è l’unica originale, la sola che possiede l’aura creatrice dell’artista. Ogni altra riproduzione di quell’opera è da considerarsi mera copia senza alcun valore”.

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L’idea che gli NFT siano codici aridi che nulla hanno a che fare con l’arte è totalmente da rivedere. Sono molti i detrattori del fenomeno NFT, profeti che annunciano le ipotesi più catastrofiste. Viceversa sono molti coloro che credono in questa nuova tecnologia e ne avvertono gli enormi potenziali. Se da una parte c’è chi profetizza una Babele destinata a crollare su sé stessa, dall’altra c’è chi avverte le potenzialità di un mondo nuovo destinato a germogliare e si avventura a seminare.

Solitamente non si considerano le implicazioni filosofiche intrinseche nella tecnologia, relegandola a una funzione di mero supporto produttivo o distributivo. Le parole hanno un senso ultimo per cui sono state coniate.

Per approfondire qualsiasi riflessione su un argomento, è necessario risalire alle origini etimologiche del vocabolo che ne esprime il senso intrinseco. Prendiamo in esame il termine “tecnologia” ed esaminiamone, vocabolario alla mano, l’origine etimologica. Il termine tecnologia è una parola composta di derivazione greca formata dall’unione di due vocaboli: techné (arte, abilità) e loghía (discorso, spiegazione). Quindi la parola tecnologia esprime intrinsecamente il concetto di: “Discorso sull’arte”.

Siamo in un’epoca dorata. Non si possono svincolare i concetti di arte e filosofia dal concetto di tecnologia. Se tentassimo di farlo, incorreremmo in un paradosso semantico. La matita o il programma grafico di ultima generazione sono soltanto due stadi evolutivi della stessa cosa: la tecnologia appunto. L’evoluzione tecnica non cambia il senso della tecnologia. Questa la premessa.

Partiamo dall’inizio, dagli esordi della civiltà.

La pittura, dalle grotte decorate dai primitivi alle forme più informali e sperimentali contemporanee, è sostanzialmente pigmento, o materiali in genere, aderenti a superfici che li accolgono.

La cripto-arte (o Cryptoart), a differenza di quanto si possa pensare, così come qualsiasi forma digitale, si basa sul medesimo concetto dell’arte fisica, antica o moderna che sia: la differenza sta semplicemente nel fatto che, invece di trattarsi di un pigmento che si attacca ad una superficie, l’arte digitale si manifesta da microparticelle (pixels) che si illuminano ognuna di un preciso colore. Lo schermo è la superficie sulla quale l’opera viene fruita.

L’arte fisica e la cripto-arte hanno la stessa dignità e altezza filosofica.

Il fatto che c’è chi sostiene che la vera arte sia solamente quella fisica è il risultato di un preconcetto derivato dalla convenzione materialistica tramandata dai secoli.

La cripto-arte è la realtà-irreale di cui già scriveva Schopenhauer. È l’interno della caverna di Platone.
Noi sostentiamo che la cripto-arte non può fare a meno degli NFT: solamente il NFT dell’opera d’arte virtuale sancisce che quell’opera è l’unica originale, la sola che possiede l’aura creatrice dell’artista.

Ogni altra riproduzione di quell’opera è da considerarsi mera copia senza alcun valore.

Disquisizione

Già nei tempi antichi, le opere d’arte dei grandi artisti venivano copiate dagli incisori che, attraverso il mezzo dell’inchiostratura delle lastre incise a bulino, riproducevano meccanicamente, per mezzo dei torchi, l’opera d’arte originale. IL risultato fu che innumerevoli fogli, su cui l’opera era rappresentata, facevano il giro dell’Europa così da poter essere ammirati da più persone possibili. Ci chiediamo: queste copie toglievano valore all’opera originale e ne oscuravano il valore? Ovviamente no.

L’aura dell’artista infusa nell’opera originale non può essere svilita, intaccata o perduta dal fatto che vi siano copie in circolazione perché, nelle copie appunto, l’aura e il mistero della creazione non esistono.

Se avessimo a disposizione, ognuno nelle nostre case, la riproduzione fisica identica in tutto e per tutto della Monna Lisa, eseguita a mano o meccanicamente, utilizzando la stessa tavola, gli stessi pigmenti, insomma materialmente identica, smetteremmo di andare ad ammirarla al Louvre?
Ovviamente no. Probabilmente, al contrario, saremmo spinti sempre di più ad andare di fronte all’originale perché solo in esso vive l’aura di Leonardo.

Nessuna riproduzione materiale può sostituire l’opera originale perché essa soltanto possiede il mistero unico e irripetibile della creazione.

Così come in passato, anche il nostro presente ci fornisce la possibilità di fruire di un’opera d’arte fisica originale attraverso riproduzioni fisiche. Le nuove tecnologie permettono di riprodurre meccanicamente, con pigmenti 3d su tela, capolavori di Tiziano ed altri artisti. Persino una grande scultura come il David di Michelangelo è stata digitalizzata, stampata in 3d ed esportata in terre lontane da Firenze. Queste riproduzioni, seppur identiche agli originali, non sono però gli originali. L’aura che L’artista infonde nella sua opera con la propria volontà non è replicabile nelle copie. Esiste solamente nell’opera originale.

Gli stessi principi valgono per le opere d’arte

L’opera d’arte digitale originale di un artista la si trova riprodotta in innumerevoli siti proprio come un’opera d’arte fisica anticamente la si trovava su fogli o copie di altro genere. Concettualmente è lo stesso fenomeno. Il punto fermo, ovvio, è sempre che l’aura vitale appartenente all’opera originale non c’è nelle riproduzioni che, seppur identiche agli originali, non sono però gli originali.

Pertanto sono evidenti le implicazioni filosofiche degli NFT: Il NFT è l’aura che permea l’opera d’arte digitale originale creata dall’artista e che la differenzia da tutte le altre riproduzioni. Per la prima volta nella storia, l’aura dell’opera d’arte viene codificata, può essere letta e verificata.
E’ un rito tecnologico misterico che guarda al passato in vista del domani. L’artista, creatore dell’opera digitale, facendone il NFT, sancisce che quella e soltanto quella, legata per sempre a quel codice NFT, è l’unica opera originale al mondo nella quale è infusa la propria aura, la sua creazione, il suo mistero, la sua firma d’artista.

Tutte le altre riproduzioni, seppur identiche nell’apparenza, ne sono prive e non hanno valore.

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