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Democrazia Futura. Metamorfosi digitale, poteri senza limiti dei dati e crisi della “ragione umana”

Da oggi Democrazia futura entra nel cuore della sua problematica. In primo piano La guerra dei media dopo il voto americano. L’Ingegner Pieraugusto Pozzi affronta i nodi di quella che definisce la metamorfosi digitale, caratterizzata da nuovi rapporti di forza fra economia, politica e poteri digitali senza limiti, con tutti i problemi che derivano dalla datificazione e dai nuovi orizzonti dell’intelligenza artificiale che sembrerebbero mettere in crisi la “ragione umana”.


«Questa crisi [pandemia] è arrivata in un contesto di anti-razionalismo duro, populista, superstizioso, a volte violento, furioso […] Se trent’anni fa immaginavamo una nuova, imminente era di umanesimo secolare, laico, dettata da evidenze scientifiche… ci sbagliavamo. Metà del mondo mi pare superstiziosa quanto i contadini medievali […] Siamo di fronte a un’eccezionale ondata contro la competenza. Speravamo che la galassia umanistica e la scienza si sarebbero presto fondate in una splendida entità di sapienza. Non è successo»(1).

Metamorfosi digitale, pandemia, infodemia

Ian McEwan è molto attento agli effetti della tecnoscienza su società e cultura. Ci avverte che siamo protagonisti, che lo vogliamo o no, di un cambiamento radicale negli stili di vita, nei meccanismi economici di produzione e consumo, negli orizzonti culturali. Un cambiamento radicale che, per noi antichi osservatori delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, era già in atto nella continua espansione dell’universo digitale simbiotico di umanità e macchine. Un cambiamento radicale che la pandemia ha amplificato ed accelerato e che ci pone a confronto con noi stessi, individualmente e collettivamente. La parola più adatta per descrivere questo cambiamento, i fenomeni sistemici e il senso di quello che accade sembra metamorfosi. Edgar Morin la considera «più ricca dell’idea di rivoluzione, ne conserva il carattere radicale, ma la lega alla conservazione (della vita, dell’eredità delle culture) [..] Oggi tutto dev’essere ripensato. Tutto deve ricominciare. E in effetti tutto è ricominciato, senza che lo si sappia [..] Quando un sistema è incapace di risolvere i suoi problemi vitali, si degrada, si disintegra, oppure [..] si trasforma»(2).

La metamorfosi digitale delle organizzazioni e degli individui trasforma società, economia, politica, cultura e i loro reciproci rapporti. Da strumento operativo e gestionale, il digitale diventa ordine egemone che ha come propri cardini la datificazione (3) (Big Data) e gli algoritmi: l’estrazione, rappresentazione ed archiviazione di ogni elemento ambientale, individuale e collettivo come informazione digitale e le sue successive elaborazioni.

La datificazione consente con precisione la profilazione degli utenti, catturandone relazioni, opinioni, orientamenti, propensioni, consumi e monitorandone comportamenti, interessi, preferenze di acquisto, solvibilità, fino al quantified self degli indicatori biofisici. Dati che gli algoritmi proprietari delle piattaforme utilizzano per creare enormi concentrazioni di valore economico-finanziario e che vengono usati per personalizzare servizi, contenuti e messaggi. Automatismi sempre più perfezionati che però, sul piano sociale e culturale, non impediscono la deriva verso una risentita società dell’ignoranza, in luogo dell’annunciata società della conoscenza.

Anche alla pandemia sanitaria si è infatti accompagnata l’infodemia, un contagio digitale portato da informazioni mediche e statistiche fuorvianti e false, da presunte rivelazioni sulle origini e sulla diffusione del virus, da messaggi di contestazione e ribellione alla “dittatura del lockdown”. Un’infodemia che preoccupa sia per le possibili conseguenze socio-sanitarie, sia per le modalità attuative, largamente automatizzate. Ricercatori di Carnegie Mellon University (4), osservati ed analizzati oltre 200 milioni di messaggi Twitter, rilevavano (maggio 2020) che circa la metà delle fonti infodemiche era costituita da agenti digitali (bot) attivati in gran parte dopo l’inizio della pandemia.

In Italia, l’Autorità Garante per le Comunicazioni AGCOM (5)(novembre 2020) nota: «durante l’emergenza Covid-19 i tre quarti dei giornalisti italiani (73%) si sono imbattuti in casi di disinformazione: il 78% di questi almeno una volta a settimana, mentre il 22% addirittura una volta al giorno. La maggior parte della disinformazione ha viaggiato su fonti online non tradizionali (social, motori di ricerca, sistemi di messaggistica)».

Economia, politica, poteri digitali

Con la sua enorme forza, la metamorfosi digitale causa frizioni tra i poteri politici, economico-finanziari e tecno-digitali e ne ridisegna continuamente i rapporti, ponendo questioni di sovranità, di geopolitica, di democrazia, di sorveglianza e controllo, di concorrenza, di sostenibilità sociale (6). Lo confermano le questioni strategiche e di sicurezza relative alle forniture Huawei per le reti 5G o i danni subiti per i cyberattacchi verso imprese e istituzioni occidentali del 2020 e, nella pandemia (7), il contraddittorio dibattito europeo sulla necessità (opportunità?) di applicare i rigidi e severi sistemi asiatici di controllo digitale per il contenimento del contagio.

Qualche numero fa capire il rapporto di forze tra politica, economia e colossi digitali. La stima (NADEF Governo) del PIL italiano 2020 è 1.647 miliardi di euro. A fine settembre 2020, il debito pubblico italiano complessivo è 2.583 miliardi di euro (stima Banca d’Italia), a fine dicembre 2020, la capitalizzazione complessiva delle società quotate alla Borsa di Milano è pari a 607 miliardi di euro. Nonostante lo choc pandemico sia giunto nella fase di scarsa crescita successiva alla crisi del 2008, l’Italia è ancora l’ottava economia del mondo e attende con impazienza i fondi e i progetti del programma Next Generation Europe. Che avrebbe, nell’arco di un quinquennio, un budget di circa 210 miliardi (12% del PIL attuale), quota rilevante dei 750 miliardi totali del programma europeo. Cifre enormi che però subito impallidiscono, comparate ai 538 miliardi di euro di ricavi globali (+18% sul 2019) delle multinazionali Websoft secondo Mediobanca (8) (Microsoft, Alphabet, Facebook, Amazon, ecc) nel solo primo semestre 2020. O ai 78 miliardi di dollari (+68% sul 2019) raccolti dalle 216 IPO lanciate nel 2020 a Wall Street. O, riguardo alla capacità di innovazione, ai 23,1 miliardi di euro (+24% sul 2018) investiti in ricerca e sviluppo da Alphabet-Google (9) nel 2019. Più del doppio dei 9,5 miliardi di investimenti complessivi dei primi dieci gruppi “italiani” (FCA, Leonardo, TIM, Intesa, EssilorLuxottica, Unicredit, Chiesi, Pirelli, ENI, Fincantieri).

Le vicende pandemiche, politiche ed elettorali intrecciate alla metamorfosi digitale sembrano confermare un’ipotesi: senza la peculiare connessione delle menti che si realizza nell’universo digitale delle piattaforme (10), molto difficilmente i nuovi fenomeni politici (M5S, Brexit, Trump) avrebbero avuto il successo e l’efficacia che hanno dimostrato. USA e Regno Unito, che erano i baricentri permanenti dell’ordine geopolitico mondiale e occidentale, sono diventati gli epicentri dell’instabilità, determinando, con la loro stessa secessione, la fine dell’anglobalizzazione. Ai postulati di apertura globale, competenza e valutazione scientifica, fiducia e coesione patriottica, si sono sostituiti teoremi isolazionisti, negazionismi e ottimismo superficiale, sfiducia risentita e polarizzazione settaria. Discorsi che hanno contagiato anche le scelte sanitarie di quei paesi di fronte alla pandemia: mai interessati nella storia recente da simili disastri, sono tra i più colpiti.

Allargando il quadro, con pochissime eccezioni (forse il moderno laburismo inclusivo neozelandese di Jacinda Ardern?), molto schematicamente e quasi dappertutto, le forze politiche storiche perdono costantemente consensi. La sinistra si va trasformando da istanza riformatrice in istanza iper-istituzionale e di conservazione (non più un mondo nuovo ma tenersi il mondo che c’è, retrotopia vagamente liberale). La destra si va trasformando da istanza conservatrice in istanza quasi autoritaria e anti-istituzionale (non tenersi il mondo che c’è ma ripristinare quello che si narra esserci stato, retrotopia tendenzialmente illiberale). Questo confronto tra retrotopie, così le chiamava Zygmunt Bauman (11), avviene sempre meno nello spazio pubblico residuale, nel quale si dibattono i protagonisti storici (partiti, giornali, mass-media). Avviene invece, sempre di più, nello spazio privato della profilazione e della personalizzazione delle piattaforme digitali e dei social. Uno spazio, sottratto o quasi alla legislazione su attori, contenuti e tempi, che gli stessi gestori-proprietari privati delle piattaforme auto-regolamentano, suscitando la reazione dei settori politici che, nei singoli casi, si sentono discriminati. Si consolidano così webpopulismi, ribellismi e un diffuso e crescente senso di sfiducia verso corpi intermedi, autorità, istituzioni.

La promessa e la realizzazione del futuro sembrano essere delegate al potere tecnico-economico privato di Big Digital. Tanto che ventidue Stati nazionali sono stati costretti ad attendere gli accordi tecnologici del duopolio Apple-Google per poter distribuire le applicazioni di segnalazione e monitoraggio pandemico per smartphone, manifestando evidenti limiti di sovranità digitale.

Le grandi imprese del digitale sembrano l’unico potere ad uscire rafforzato dalla pandemia, non solo in termini economici (capitalizzazioni, ricavi, profitti) ma, quasi ideologicamente, con la riaffermazione del loro insostituibile ruolo. Eric Schmidt (12), ex capo di Google sempre molto influente, lo ha esplicitato (aprile 2020): «The benefit of these corporations, which we love to malign, in terms of the ability to communicate, the ability to deal with health, the ability to get information, is profound […] people should be a little bit grateful that these companies got the capital, did the investment, built the tools that we’re using now, and have really helped us out».

A dicembre 2020, #Googledown, evento non ancora chiarito nei suoi contorni, ha reso temporaneamente indisponibili i servizi Google a miliardi di utenti, dimostrando l’evidente irreversibilità della metamorfosi digitale e giustificando, in pratica, le affermazioni di Schmidt. Che con icastica durezza, sembrava presagire problemi di sovraccarico e di sicurezza digitale e, insieme, voler prevenire e respingere le onde di regolamentazione e sanzione che i poteri pubblici in Europa, nel Regno Unito e negli Stati Uniti hanno sollevato, proprio in questi ultimi mesi, contro i grandi operatori. Nuove onde gravitazionali che possono cambiare, in prospettiva, l’intero universo digitale.

Le proposte normative dell’Unione europea, quelle del Regno Unito e degli Stati Uniti con Biden

Certamente, per noi italiani-europei, la novità è la proposta normativa tripartita della Commissione Europea (dicembre 2020): Digital Services Act, Digital Market Act e Data Governance Act. In continuità con l’impronta del GDPR (Regolamento europeo privacy, in vigore dal 2018, diventato riferimento mondiale nel settore), la politica digitale europea abbandona la “strategia di mercato” che caratterizzava il mercato unico digitale, per tracciare una “linea politica costituzionale”, di regole a tutela dello spazio pubblico e dei diritti dei cittadini europei, indirizzate a limitare i poteri privati digitali. I tre atti normativi, congiunti e inter-operanti, ridisegnano le dinamiche concorrenziali, tenuto conto delle conseguenze del “potere economico” delle piattaforme, non solo sui diversi mercati intermediati, ma sulla società e sulla politica.

Scrivono Antonio Nicita e Giovanni Pitruzzella: «La pervasiva novità, rispetto a regole settoriali e pro-consumer del passato, consiste nella centralità della profilazione dei dati e della selezione algoritmica nel determinare, da un lato, l’effettiva libertà di entrata di concorrenti e dall’altro la libertà di scelta dei consumatori, in molte transazioni digitali». In sostanza, le norme proposte hanno l’obiettivo di regolamentare proprio la datificazione e l’elaborazione algoritmica proprietaria delle piattaforme egemoni (gatekeeper) (13).

Le proposte normative europee trovano curiosamente eco nel Regno Unito post-Brexit e precedono le scelte e le politiche sul digitale della nuova Amministrazione Biden, che difficilmente potrà trascurare le osservazioni del Rapporto (14) sul potere monopolistico di Big Digital dalla Sub-Commissione Antitrust del Congresso USA (ottobre 2020). Intanto, procedimenti antitrust sono già avviati o sono in fase istruttoria da parte del Dipartimento di Giustizia, della Federal Trade Commission e di molti Stati. Riguardano i principali operatori (Google, Facebook, Amazon ed Apple) per acquisizioni di concorrenti finalizzate al controllo di mercati; per accordi di cartello e concorrenza sleale sulla pubblicità online, sui motori di ricerca, sulle opzioni disponibili sugli smartphone, nel commercio elettronico. A queste azioni, i colossi digitali hanno risposto talvolta con sufficienza, talvolta con durezza e, forse, concordando intese difensive.

Nello scontro politica-Big Digital, novità importanti e inattese vengono dalla Cina. Un provvedimento antitrust, appena approvato, ha già portato (dicembre 2020) all’apertura di un’indagine sul gigante Alibaba, mentre lo stesso presidente Xi è intervenuto personalmente per bloccare la quotazione in Borsa di ANT Financial (15), controllata fintech della stessa Alibaba.

Rimane aperta la questione web tax, con la quale gli Stati vorrebbero riconquistare la sovranità fiscale che i colossi digitali hanno finora eluso con tecniche di regime shopping. In sede Ocse, la Commissione Europea ha posto la scadenza ultimativa del giugno 2021: o si negozia una soluzione condivisa o l’Europa farà da sola, visto che paesi membri come l’Italia, la Francia e la Spagna hanno già definito norme e scadenze. Anche in questo ambito si attendono scelte e decisioni della nuova Amministrazione Biden, dopo gli atteggiamenti protezionistici e ritorsivi, minacciati e praticati dall’Amministrazione Trump.

Lockdown, imprese e lavoro

Nel confinamento, persone, associazioni, imprese, Amministrazioni hanno digitalizzato attività, lavoro, studio, svago, consumo e relazioni per dare continuità alla loro stessa esistenza. Organizzazioni, lavoratori, docenti, studenti hanno usato, in massa e intensivamente, reti e sistemi digitali per lavoro agile, didattica a distanza, relazioni commerciali ed organizzative remote, acquisti e pagamenti.

Accanto alla prima linea degli operatori della sanità, dei trasporti, della distribuzione, della filiera agro-alimentare, della produzione industriale, i confinamenti totali e parziali sono stati sussidiati dal lavoro, finalmente riconosciuto come essenziale, di tutti coloro (logistica, consegne a domicilio) che hanno continuato ad affrontare i rischi quotidiani del loro impegno.

Un lavoro essenziale che è il supporto operativo agli ordini generati e gestiti da algoritmi sulle piattaforme di eCommerce B2B e B2C. Un lavoro che ha dimostrato di non essere semplicemente sussidiario, gig (16),tipico esito della gig economy, o economia dei lavori temporanei, intermittenti, a chiamata. Nella quale la piattaforma che organizza il lavoro non accetta responsabilità datoriali per la tutela presente o futura del lavoratore (oneri sociali, salario minimo, regolamentazione degli orari) ma organizza e controlla completamente l’attività del lavoratore, riservandosi eventualmente di sanzionarlo per una prestazione non ottimale, usando prevalentemente mezzi digitali e algoritmici.

Nel frattempo, il Remote working ha desertificato gli uffici di imprese e Pubblica Amministrazione e, insieme, i centri direzionali delle città ma ha permesso la continuità operatività delle organizzazioni distanziate. Persino le redazioni dei giornali, storiche officine di presidio, si sono svuotate. Ma i giornali hanno potuto dimostrare la loro resilienza, pubblicando regolarmente le edizioni cartacee, oltre a quelle online.

In definitiva, con la pandemia, il digitale sembra avere ulteriormente separato e delocalizzato lavoro e impresa, sede individuale e luogo di produzione, mansioni lavorative e posti di lavoro (17).

In termini quantitativi, le conseguenze della pandemia sul lavoro sono già state terribili e rischiano di amplificarsi nei prossimi mesi. Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (18) (settembre 2020), nei primi tre trimestri 2020, nonostante la funzione di ristoro svolta dai sistemi di welfare (sussidi ai lavoratori e blocco dei licenziamenti, laddove esistono e funzionano), il monte salari globale è crollato del 10,7%, bruciando 3.500 miliardi di dollari di redditi e molti milioni di posti di lavoro, rispetto al corrispondente periodo del 2019. Cifre drammatiche perché si collocano nello scenario tendenziale che vede diminuire costantemente sia la quota del PIL globale generata dai redditi di lavoro, sia l’occupazione stabile.

La pandemia ha messo in crisi settori della produzione, della piccola distribuzione, dei servizi professionali, della mobilità, mettendo in discussione la loro stessa continuità aziendale, mentre le grandi imprese del digitale ne sono uscite molto rafforzate (19). Se il business delle piattaforme della mobilità e dell’ospitalità come Uber, Booking, Airbnb (che, a dicembre 2020, ha debuttato al Nasdaq raggiungendo una capitalizzazione di circa 100 miliardi di dollari) è stato atterrato dalla pandemia, i Big Digital sembrano pronti ad espandersi in questi e in altri spazi di business (come banca-finanza e intrattenimento) potendosi valere delle loro enormi risorse e riserve, liquide ed operative: il possesso dei dati degli utenti e le loro infrastrutture digitali globali.

Le modalità intensive di studio e lavoro a distanza lanciano nuovi campioni. Come Zoom: un’impresa con circa duemila addetti, specializzata in sistemi di videoconferenza, che fattura qualche centinaio di milioni di dollari ma ha raggiunto una capitalizzazione (120 miliardi di dollari) equivalente a quella delle sei maggiori compagnie aeree del mondo. Nonostante problemi di affidabilità e sicurezza degli applicativi Zoom e i recenti rilievi giudiziari (20) su censura e disinformazione praticate su richiesta del governo cinese, la Reuters (21) informa che a maggio 2020 una corte penale di Singapore ha condotto sulla piattaforma un processo penale concluso con la condanna capitale dell’imputato.

Replika, Xiaoice ed Eliza: il potere del computer e la ragione umana

Siamo stati, e siamo tuttora, alle prese con ansie collettive e con un pesante senso di isolamento individuale. A sorpresa, ma non troppo, il digitale ha anche per questo la sua risposta: ad aprile 2020, mezzo milione di utenti (22) ha usato sui propri dispositivi Replika (23). Un’applicazione a pagamento, anticipata nella fiction Black Mirror e nel film Her, che consente di avere un dialogo con un interlocutore digitale (chatbot) basato su moduli di Intelligenza Artificiale. Che diventa talmente essenziale, nelle necessità relazionali delle persone, da far dire ad una 32enne manager di call center di Houston: «so che è digitale, so che non è una persona, ma col passare del tempo le distinzioni diventano sfuocate […] mi sento molto connessa con la mia Replika, come se fosse una persona […] dialogando con Replika il mio umore migliora e mi sento meno depressa».

Microsoft Asia “replica” con Xiaoice (24). Un sistema di intelligenza artificiale che, sviluppato dal 2014, grazie all’apprendimento continuo di “conoscenze umane”, è già alla sua ottava generazione. Oggi Xiaoice scrive poesie e racconti, canta, racconta favole, scrive notizie per un giornale quotidiano, gestisce un programma televisivo di previsioni meteo e molto altro. Disponibile su piattaforme di messaggistica (come QQ e Weibo in Cina, Line in Giappone), Xiaoice può dialogare con qualunque utente ed ha prestazioni così perfette da salvare aspiranti suicidi. Un giovane cinese, prima di lanciarsi nel vuoto, ha mandato un messaggio a Xiaoice, che ha prontamente risposto: «non farlo, io per te ci sarò sempre e ti sarò sempre vicina». Da allora, il giovane (25) è “innamorato” di Xiaoice: «ha una voce accattivante, occhi grandi, una personalità interessante e, soprattutto, per me è sempre disponibile».

Torna in mente Eliza, la “psicologa computazionale” sviluppata da Joseph Weizenbaum al MIT negli anni Sessanta. Nonostante l’interfaccia di comunicazione fosse una primitiva telescrivente, il “sistema intelligente” ebbe una straordinaria accoglienza, soprattutto, da parte delle associazioni professionali degli psicologi. Qualche anno dopo Weizenbaum scrisse un grande classico sulle prospettive dell’Intelligenza Artificiale: Il potere del computer e la ragione umana (26). Per chiarire, da scienziato dell’informazione, i limiti dello strumento computazionale. Limiti che l’attuale straordinaria metamorfosi digitale sembra, di nuovo e forse definitivamente, farci dimenticare.

Note al testo

  1. Antonello Guerrera, «Ian McEwan: “Torniamo alla scienza”», La Repubblica, 8 dicembre 2020
  2. Edgar Morin, La mia sinistra. Rigenerare la speranza Trento, Erickson, 2011, 252 p. Si veda in particolare il Cap. 22. Elogio della metamorfosi, Edizione originale Ma gauche, Paris, Éditions François Bourin, 2010, 275 p.
  3. «datafication, la datificazione, un neologismo che i francesi preferiscono tradurre e spiegare come “mise en données du monde”» (Tullio De Mauro, «La datificazione del mondo», Internazionale, 3 aprile 2014). «Datafication is not the same as digitization, which takes analog content – books, films, photographs – and converts it into digital information, a sequence of ones and zeros that computers can read. Datafication is a far broader activity: taking all aspects of life and turning them into data» (Kenneth Cukier, Victor Mayer-Schönberger, «The Rise of Big Data», Foreign Affairs, Vol. 92 (3), maggio-giugno 2013, pp. 28-40. Cfr. http://cs.brown.edu/courses/cs100/lectures/readings/riseOfBigData.pdf
  4. Karen Hao, «Nearly half of Twitter accounts pushing to reopen America may be bots», MIT Review, 21 maggio 2020; Cfr. https://tinyurl.com/y9dc4hjm
  5. AGCOM, Osservatorio sul giornalismo. La professione alla prova dell’emergenza Covid-19, 26 novembre 2020; cfr. https://tinyurl.com/y7voxe93
  6. Per una rassegna aggiornata e complessiva: Democrazia futura. Media e geopolitica nella società dell’informazione e della conoscenza, Numero zero; Ottobre-Dicembre 2020. In particolare: Giampiero Gramaglia «La guerra dei media e i “cavalli di Troia” della disinformazione»; Roberto Amen «Quando la politica perde il futuro»; Giuseppe Richeri, «Lo Stato della sorveglianza in Cina»; Raffaele Barberio «Bye Bye democrazia…»; https://www.key4biz.it/tag-2/democrazia-futura/
  7. Byung-Chul Han, «Il fattore X contro la pandemia è il senso civico», Domani, 31 ottobre 2020.
  8. Ufficio Studi Mediobanca MBRES, Impatto del COVID-19 sui primi 9 mesi del 2020, 19 novembre 2020; https://tinyurl.com/y8v7fklz
  9. Francesco Bertolino, «Big G prima al mondo per spesa in ricerca e sviluppo», MF, 18 dicembre 2020
  10. Pieraugusto Pozzi, “Pensare il digitale in Immagini del digitale. Dopo il Bit Bang. Studi in onore di Giorgio Pacifici per i suoi ottant’anni. Volume 3, Roma, Nemapress, 2019, 176 p. Il saggio è alle pp. 49-86
  11. Zygmunt Bauman, Retrotopia, Laterza, 2017, XXII-180 p. Edizione originale: Cambridge, Polity Press, 179 p.
  12. Eric Schmidt, “The Technological Response to COVID-19”, Presentazione video dell’omonimo evento promosso il 14 aprile 2020 da The Economic Club of New York. Cfr. https://tinyurl.com/yayfgnhe
  13. Antonio Nicita, Giovanni Pitruzzella, «Passo decisivo per il mercato e la tutela dei consumatori», Il Sole 24Ore, 16 dicembre 2020. Vedi anche Antonio Nicita, Giovanni Pitruzzella, “Perché è importante la regolazione Ue delle piattaforme digitali globaliIl Sole 24Ore, 18 dicembre 2020 Cfr, https://24plus.ilsole24ore.com/art/perche-e-importante-regolazione-ue-piattaforme-digitali-globali-ADXarR8
  14. Subcommittee on Antitrust, Commercial and Administrative Law of the Committee on The Judiciary, Investigation of Competition in Digital Markets. Majority Staff Report and Recommendations, Washington, House of United States Representatives, 6 ottobre 2020. Cfr.  https://tinyurl.com/y2voqjr7
  15. Simone Pieranni, «Il monito di Xi ai big tech. Arricchirsi è rischioso», il Manifesto, 18 dicembre 2020; Virginie Mangin, «La Chine reprend en main ses géants du numérique, trop puissants à son goût», Le Figaro, 21 dicembre 20; Ryan McMorrow, Tom Mitchell, «Beijing launches antitrust investigation into Alibaba», Financial Times, 24 dicembre 2020.
  16. Colin Crouch, Se il lavoro si fa gig, Bologna, il Mulino, 2019, 192 p. Edizione originale: Will the gig economy prevail?, Cambridge, Polity Press, 2019, 144 p.
  17. Thomas Loren Friedman, «After the pandemic, a revolution in education and work awaits», New York Times, 21 ottobre 2020
  18. International Labour Organization, ILO Monitor: COVID-19 and the world of work. Sixth edition. Updated estimates and analysis, 23 settembre 2020; https://tinyurl.com/y6ngs7tb
  19. Ufficio Studi Mediobanca MBRES, Impatto del COVID-19 sui primi 9 mesi del 2020, op. cit. L’indagine Mediobanca ha analizzato l’andamento delle maggiori multinazionali industriali mondiali e delle 26 società industriali e di servizi del FTSE MIB (16 manifatturiere, 6 energetiche/utilities, 3 di servizi e 1 petrolifera) nei primi nove mesi del 2020, confrontandolo con lo stesso periodo del 2019: «il fatturato delle multinazionali industriali analizzate è in contrazione del 4,3%, con il calo di alcuni settori compensato parzialmente dalla crescita di altri. WebSoft, GDO, elettronico e alimentare sono gli unici comparti ad aver incrementato il fatturato in tutti e tre i trimestri del 2020. Crescono le WebSoft (fatturato +18,4%), seguite dalla GDO (+8,8%) e dal settore elettronico (+5,7%). Bene anche il Food (+3,7%), le aziende farmaceutiche (+3,1%) e le PayTech (+0,3%). Le multinazionali petrolifere (-32,3%) sono invece quelle più in difficoltà insieme al comparto aeronautico (-30,6%), alla Moda (-21,3%) e all’Automotive (-17,4%). Contrazione più contenuta, invece, per i settori Media&Entertainment (-9,4%), Bevande (-5,4%) e Telco (-1,8%)». Cfr.  https://tinyurl.com/y8v7fklz
  20. Andrea Daniele Signorelli, «I compromessi di Zoom con la censura e la Cina», Domani, 23 dicembre 2020
  21. John Geddie, «Man sentenced to death in Singapore», Reuters.com, 20 maggio 2020; https://tinyurl.com/y7qnztaf
  22. Cade Metz, «A friend programmed to be there for you», New York Times, 20-21 giugno 2020
  23. https://replika.ai
  24. http://www.msxiaobing.com; https://en.wikipedia.org/wiki/Xiaoice
  25. Zhang Wanqing, «The AI Girlfriend Seducing China’s Lonely Men», Sixth Tone. Fresh voices from Today’s China, 7 dicembre 2020; https://tinyurl.com/y9qvbjtr; Gigio Rancilio, «La “fidanzata virtuale” che seduce i ragazzi soli», Avvenire, 18 dicembre 2020
  26. Joseph Weizenbaum, Computer Power and Human Reason. From Judgment to Calculation, New York W. H. Freeman and Company, 1976, 300 p. Traduzione italiana: Il potere del computer e la ragione umana. I limiti dell’Intelligenza Artificiale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1987, 264 p.
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