L'intervento

Democrazia Futura. Le imprese radiofoniche alla ricerca di un approccio di sistema a prova di futuro

di Rosario Alfredo Donato, Direttore Generale Confindustria Radio Televisioni |

Frequenze, imprese e mercato dopo il nuovo Testo Unico dei servizi di media digitali (TUSMA), l'intervento di Rosario Alfredo Donato, Direttore Generale Confindustria Radio Televisioni.

Rosario Alfredo Donato

Il Focus di approfondimento dedicato al nuovo Testo Unico dei servizi di media audiovisivi promosso da Democrazia futura prosegue con un intervento di Rosario Alfredo Donato, Direttore Generale Confindustria Radio Televisioni, che si sofferma sul tema de Le imprese radiofoniche alla ricerca di un approccio di sistema a prova di futuro”: “Rispetto al mercato video, ormai interamente digitale, quello audio, o più specificatamente radiofonico, è ancora basato sulla convivenza di due tecnologie: analogica per l’ascolto della radio attraverso le frequenze FM/AM e digitale rappresentata dal DAB/DAB+, naturale evoluzione della radiofonia broadcast. Tuttavia, l’offerta radiofonica è ormai multipiattaforma e sempre più ibrida, disponibile anche su Internet e sul DTT, DTH in simulcast, visual radio, eccetera. Più precisamente, il nuovo ecosistema “audio-sonoro” si caratterizza per tutti i prodotti e i servizi che spaziano dall’utilizzo della “voce” al consumo di contenuti audio (musica e parlato), attraverso qualsiasi dispositivo (si pensi agli smart speakers e allo smartphone) e tecnologia.  Nel 2020, secondo il Censis, sono 41 milioni gli italiani che seguono programmi radiofonici. Di questi, 27 milioni utilizzano anche dispositivi alternativi all’apparecchio tradizionale e all’autoradio. Solo il 34,6 per cento degli ascoltatori utilizza esclusivamente apparecchi tradizionali”. Quanto al nuovo Testo Unito – osserva Donato “tra gli interventi più significativi va senz’altro segnalata la possibilità di estendere l’esercizio dell’attività radiofonica di Radio a diffusione sonora in ambito locale fino al raggiungimento della copertura massima del 50 per cento della popolazione nazionale […]. Attualmente il limite è di 15 milioni della popolazione nazionale. L’ampliamento può essere un’opportunità di crescita per le emittenti molto piccole, attraverso nuovi investimenti, accordi di aggregazione industriale e societaria, valorizzazione e monetizzazione degli asset. Ma può anche rappresentare uno stravolgimento degli equilibri di mercato che si era assestato, soprattutto nella spartizione tra radio nazionali e radio locali della risorsa pubblicitaria”. Donato osserva poi come “è stata disposta all’Art. 5 Lettera d) la previsione di titoli distinti per lo svolgimento delle attività radiofoniche rispettivamente in ambito nazionale e in ambito locale, quando le stesse sono esercitate su frequenze terrestri, stabilendo, comunque, che uno stesso soggetto o soggetti tra di loro in rapporto di controllo o di collegamento non possano essere, contemporaneamente, titolari di autorizzazione per fornitore di servizi media radiofonici digitali, inclusi i concessionari, in ambito nazionale e in ambito locale. Anche in questo caso conclude Donato – bisogna chiedersi se tale disposizione non rischi, limitando lo sviluppo dimensionale degli operatori e il miglioramento della qualità dei contenuti radiofonici, di impedire alle imprese italiane di poter stare al passo con i tempi/l’evoluzione e di poter competere con i giganti del web, che anche nel settore della radiofonia stanno facendo pesare la loro forza economica globale”.  

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Il processo di legiferazione che, attraverso il recepimento della Direttiva UE 2018/1808 (AVMS), ha riordinato il vecchio TUSMAR nel nuovo[1] Testo Unico dei servizi di media audiovisivi (TUSMA), ha confermato quanto sia difficile realizzare il principale obiettivo del legislatore, comunitario e nazionale, ovvero l’adeguamento delle disposizioni normative, regolamentari e amministrative all’evoluzione delle realtà del mercato.

Obiettivo assai improbabile visto che i mercati, vecchi e nuovi, nelle economie avanzate seguono e traggono profitto dall’evoluzione tecnologica, vero driver di sviluppo economico sociale. Il legislatore, salvo rari casi, arriva sempre dopo, con il risultato che ciò che si intende adeguare è già superato.

Un esempio è dato proprio dalla radiofonia digitale, la cui tecnologia DAB risale ai primi anni Novanta del secolo scorso. Le prime trasmissioni, in Norvegia, Regno Unito e Svezia, risalgono al 1995. In Italia la prima regolamentazione del DAB risale al 2005 con la delibera Agcom 149/05/CONS, poi aggiornata dal Regolamento ex delibera 664/09/CONS. A distanza di 16 anni dalla prima delibera, non esiste ancora una pianificazione delle frequenze che consenta il completamento delle reti digitali su tutto il territorio nazionale.

Per meglio comprendere l’aderenza e l’efficacia del nuovo Testo Unico dei servizi di media digitali (Tusma) sul mercato della radiofonia vale la pena tentare di tracciare un minimo di contesto economico industriale.

Rispetto al mercato video, ormai interamente digitale, quello audio, o più specificatamente radiofonico, è ancora basato sulla convivenza di due tecnologie: analogica per l’ascolto della radio attraverso le frequenze FM/AM e digitale rappresentata dal DAB/DAB+, naturale evoluzione della radiofonia broadcast.

Tuttavia, l’offerta radiofonica è ormai multipiattaforma e sempre più ibrida, disponibile anche su Internet e sul DTT, DTH in simulcast, visual radio, eccetera.

Più precisamente, il nuovo ecosistema “audio-sonoro” si caratterizza per tutti i prodotti e i servizi che spaziano dall’utilizzo della “voce” al consumo di contenuti audio (musica e parlato), attraverso qualsiasi dispositivo (si pensi agli smart speakers e allo smartphone) e tecnologia.

Nel 2020, secondo il Censis, sono 41 milioni gli italiani che seguono programmi radiofonici. Di questi, 27 milioni utilizzano anche dispositivi alternativi all’apparecchio tradizionale e all’autoradio. Solo il 34,6 per cento degli ascoltatori utilizza esclusivamente apparecchi tradizionali.

In Italia ci sono 14 operatori nazionali di Radio (13 privati e il servizio pubblico). Insieme trasmettono 21 marchi.  C’è un numero difficilmente calcolabile di Radio locali, comparto caratterizzato da una forte parcellizzazione fatto di piccole microimprese, molte delle quali comunitarie.

Il fatturato complessivo del sistema radiofonico italiano vale circa 650 milioni, 330 milioni sono prodotti dalle radio nazionali, 185 dalle radio locali e 135 milioni dalla Rai. Il 77 per cento del fatturato proviene dalla raccolta pubblicità, il 15 per cento dal canone Rai, l’8 per cento sono contributi pubblici erogati dallo stato per sostenere il settore delle radio locali e con esse il pluralismo informativo.

Al centro del nuovo ecosistema, si colloca l’ascoltatore e il tempo di consumo tra le diverse tipologie di servizi audio/video disponibili, in uno scenario di mercato sempre più competitivo.

Ogni momento della giornata all’interno delle 24 ore diventa una potenziale occasione di consumo da conquistare e valorizzare in termini economici secondo i vari modelli di business.

Attualmente, non ci sono strumenti che riescono a fotografare in maniera organica e integrata il consumo “audio-sonoro” nel suo complesso per come lo abbiamo descritto. Esistono ricerche distinte che fanno riferimento a mercati separati.

In questo contesto si inserisce il Tusmar, le cui novelle sono, probabilmente, già superate.

Ad ogni modo, tra gli interventi più significativi va senz’altro segnalata la possibilità di estendere l’esercizio dell’attività radiofonica di Radio a diffusione sonora in ambito locale fino al raggiungimento della copertura massima del 50 per cento della popolazione nazionale (art. 3, comma 1, lettera cc)). Attualmente il limite è di 15 milioni della popolazione nazionale.

L’ampliamento può essere un’opportunità di crescita per le emittenti molto piccole, attraverso nuovi investimenti, accordi di aggregazione industriale e societaria, valorizzazione e monetizzazione degli asset. Ma può anche rappresentare uno stravolgimento degli equilibri di mercato che si era assestato, soprattutto nella spartizione tra radio nazionali e radio locali della risorsa pubblicitaria. Non possiamo sapere adesso quale sarà l’impatto, la ricaduta di questa norma. Di sicuro c’era un’anomalia, che il legislatore ha voluto sanare, ossia la disparità di regole, rispetto ai bacini di diffusione, tra televisioni locali e radio locali.

Un altro aspetto toccato dalla riforma riguarda la pianificazione delle frequenze analogiche.  Secondo il nuovo articolo 50 (che sostituisce parzialmente l’art 42), infatti, l’Autorità dovrà adottare il “piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica, tenendo conto del grado di sviluppo della radiodiffusione sonora in tecnica digitale”. Importante il ruolo che dovrà svolgere il Ministero dello Sviluppo Economico in tema di attività di ricognizione e progressiva razionalizzazione dell’uso delle risorse frequenziali in tecnica analogica. La preoccupazione degli operatori è che si dismettano le frequenze analogiche prima ancora che il DAB sia completato e sviluppato anche sul fronte degli apparati di ricezione.

Infine, è stata disposta all’ Art. 5 Lettera d) la previsione di titoli distinti per lo svolgimento delle attività radiofoniche rispettivamente in ambito nazionale e in ambito locale, quando le stesse sono esercitate su frequenze terrestri, stabilendo, comunque, che uno stesso soggetto o soggetti tra di loro in rapporto di controllo o di collegamento non possano essere, contemporaneamente, titolari di autorizzazione per fornitore di servizi media radiofonici digitali, inclusi i concessionari, in ambito nazionale e in ambito locale.

Anche in questo caso bisogna chiedersi se tale disposizione non rischi, limitando lo sviluppo dimensionale degli operatori e il miglioramento della qualità dei contenuti radiofonici, di impedire alle imprese italiane di poter stare al passo con i tempi/l’evoluzione e di poter competere con i giganti del web, che anche nel settore della radiofonia stanno facendo pesare la loro forza economica globale.  


[1] Ad oggi è consultabile la versione presentata al Consiglio dei Ministri come “Testo Unico dei servizi di media audiovisivi” pubblicata in anteprima da Angelo Zaccone Teodosi su questo stesso sito di Key4biz: https://www.key4biz.it/wp-content/uploads/2021/11/IsICult_Smav_Testi_per_Preconsiglio_Direttiva_1808_Pdcm_vers_4.11.2021.pdf. Rimane oggi sempre valida pertanto la precisazione doverosa indicata da Democrazia futura nelle conclusioni dell’introduzione dei curatori del Focus Erik Lambert e Giacomo Mazzone: Il nuovo Testo Unico (Testo Unico dei servizi di media audiovisivi – TUSMA nella sua denominazione attuale), approvato in Consiglio dei Ministri non essendo stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, potrebbe essere soggetto ad eventuali modifiche di carattere minore.