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Democrazia Futura. La guerra in Medio Oriente entra in campagna elettorale con i primi morti

Giampiero Gramaglia

Proseguendo l’analisi della campagna elettorale delle primarie in vista delle elezioni presidenziali del prossimo autunno Giampiero Gramaglia ne “La guerra in Medio Oriente entra in campagna elettorale con i primi morti[1] “ denuncia il rischio di escalation del conflitto. Dopo aver ricordato quanto affermato da Donald Trump in merito all’Iran, l’articolo riporta la voce raccolta dal Washington Post, secondo cui il magnate dao in testa a tutti i sondaggi sta preparando una nuova guerra commerciale alla Cina con misure che avrebbero “senza dubbio un impatto più pesante delle guerre commerciali di Trump nel suo primo mandato”.

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Le prime tre vittime statunitensi in Medio Oriente dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas –soldati, non palestinesi con doppia nazionalità – aumentano il rischio di escalation del conflitto e lo portano nella campagna elettorale per Usa 2024. Donald Trump martella che Joe Biden “ci sta trascinando in un’altra guerra”, mentre il presidente prepara ritorsioni.

I tre soldati americani sono morti in un attacco notturno con un drone contro una postazione sul confine tra la Giordania nord orientale e la Siria, mentre altri 34 sono rimasti feriti.

Un portavoce del governo di Amman, parlando alla televisione pubblica del suo Paese, ha spiegato che l’attacco non è avvenuto sul suolo giordano ma in Siria, contro la base di Al-Tanf.

Il Wall Street Journal chiarisce: è stata colpita la Tower 22, un piccolo avamposto statunitense in Giordania vicino alla base di Al-Tanf, che però è al di là del confine, nella Siria sud occidentale, dove le forze americane collaborano, senza l’avallo di Damasco, con partner locali contro l’Isis.

“Questo sfrontato attacco agli Stati Uniti è l’ennesima conseguenza orribile e tragica della debolezza e della resa di Joe Biden

scrive Donald Trump sul suo social Truth, affermando che con lui presidente non si sarebbero state la guerra in Ucraina, l’attacco di Hamas ad Israele e questo attacco e ammonendo che invece ora “siamo sull’orlo delle terza guerra mondiale”.

“Tre anni fa – prosegue il magnate, le cui affermazioni sono, come al solito apodittiche – l‘Iran era debole, al verde e totalmente sotto controllo. Grazie alla mia politica di massima pressione, il regime iraniano riusciva a malapena a racimolare due dollari per finanziare i propri terroristi. Poi è arrivato Biden e ha dato all’Iran miliardi di dollari, che il regime ha utilizzato per diffondere spargimenti di sangue e carneficine in tutto il Medio Oriente”.

A dare man forte a Trump, il senatore della Florida Lindsay Graham, un suo sostenitore, specialista di difesa e sicurezza, che dice:

“Quando l’amministrazione Biden dice ‘non farlo’, gli iraniani ‘fanno’… La retorica dell’amministrazione Biden sta cadendo nel vuoto in Iran. La sua politica di deterrenza contro l’Iran è fallita miseramente. Ci sono stati oltre 100 attacchi contro le forze statunitensi nella regione. L’Iran è imperterrito”, prosegue.

“L’amministrazione Biden può eliminare tutti gli alleati iraniani che vuole, ma ciò non scoraggerà l’aggressione iraniana. Chiedo all’amministrazione Biden di colpire obiettivi significativi all’interno dell’Iran, non solo come rappresaglia per l’uccisione di nostri soldati, ma come deterrente contro future aggressioni …

L’unica cosa che il regime iraniano capisce è la forza. Fino a quando non pagheranno un prezzo con le loro infrastrutture e il loro personale, gli attacchi alle truppe statunitensi continueranno”.

Secondo il Washington Post, Trump prepara la guerra commerciale alla Cina

Donald Trump prepara una nuova guerra commerciale con la Cina, che potrebbe avere ripercussioni a livello globale.

In pubblico, nota il Washington Post, il battistrada per la nomination repubblicana alla Casa Bianca sostiene la revoca a Pechino dello statuto di nazione più favorita per il commercio, che potrebbe portare a tariffe federali sull’import cinese di oltre il 40 per cento.

In privato, però, il magnate avrebbe discusso con il suo staff la possibilità d’imporre una tariffa flat del 60 per cento su tutti i prodotti cinesi importati.

Trump ha anche evocato la possibilità di dazi al 10 per cento sulle merci importate da tutti i Paesi, compresa la Cina, per un valore complessivo di quasi 3 mila miliardi l’anno.

Un’opzione del genere causerebbe un terremoto nell’economia statunitense e in quelle dell’Unione europea e di molti altri Paesi: avrebbe senza dubbio un impatto più pesante delle guerre commerciali di Trump nel suo primo mandato.

Trump, una ammenda non viene mai sola

Nikki Haley prende di mira Donald Trump dopo che una giuria ha ordinato al suo rivale di pagare alla scrittrice Elizabeth Jean Carroll 83,3 milioni di dollari come risarcimento per commenti diffamatori.

Donald Trump vuole essere il presunto candidato repubblicano, ma deve pagare 83 milioni danni”,

scrive Haley su X.

“Non stiamo parlando di risolvere i problemi sul confine. Né di contrastare l’inflazione. L’America può fare meglio di Donald Trump e Joe Biden

aggiunge Haley, secondo cui i guai giudiziari del magnate sono una distrazione dai problemi del Paese.

E Trump rischia una nuova batosta giudiziaria. Entro fine gennaio si attende infatti la sentenza del processo civile a New York per gli averi gonfiati della Trump Organization, già riconosciuta responsabile di avere manipolato il valore dei propri immobili per ottenere condizioni più vantaggiose da banche e assicurazioni.

Il giudice deve solo stabilire la sanzione che il magnate e i suoi due figli coimputati, Donald Jr ed Eric Trump, dovranno pagare. L’accusa chiede il rimborso all’erario di 370 milioni di dollari di “guadagni illeciti”, ben oltre i 250 milioni ventilati, e almeno cinque anni di interdizione dagli affari nello Stato di New York. Uno smacco per chi basa fortuna e celebrità sul successo nel business

Usa 2024: donatori repubblicani in subbuglio

Manovre in corso tra i grandi donatori repubblicani nel duello tra Donald Trump e Nikki Haley. Una delle loro principali associazioni, l’American Opportunity Alliance, ha invitato rappresentanti delle campagne dell’ex presidente e dell’ex ambasciatrice all’Onu a intervenire all’incontro invernale del gruppo a Palm Beach, in Florida. Il network di mega donatori, scrive il New York Times, sentirà Betsy Ankney, campaign manager di Haley, e Susie Wiles, consigliera di Trump.

La rete è stata fondata dieci anni or sono da ricchi donatori, tra cui membri della famiglia Ricketts, proprietaria dei Chicago Cubs, e gli investitori Paul Singer e Kenneth Griffin. I donatori dell’American Opportunity Alliance non viaggiano all’unisono, ma sono aperti a esplorare un’alternativa a Trump: ci sono fra di loro sostenitori di Haley e ce n’erano di Ron DeSantis, prima che il governatore della Florida si ritirasse.

I dirigenti del gruppo Americans for Prosperity Action hanno intanto difeso i loro forti investimenti nella campagna della Haley, promettendo di continuarla a sostenere.

Parlando ai principali donatori della loro organizzazione, Emily Seidel e Michael Palmer, due consulenti, spiegano che il fatto che la corsa repubblicana si sia ridotta ai soli Trump e Haley dimostra che era giusto sostenere l’ex governatrice in alternativa all’ex presidente. Haley per conto suo continua a ricevere grosse somme, nonostante la minaccia di Trump di lasciare fuori dalla sua orbita tutti quelli che la finanzieranno.


[1] Scritto il 29/01/2024 per The Watcher Post, 29 gennaio 2024. Cf https://www.giampierogramaglia.eu/2024/01/29/usa-2024-280-guerra-campagna/

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