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Democrazia Futura. Chi offre di più? Le reali attese dell’avvocato del popolo

Gianluca Veronesi

Prosegue il viaggio semiserio fra i partiti di Gianluca Veronesi con un pezzo per Democrazia futura dedicato al nuovo leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte: “Chi offre di più? Le reali attese dell’avvocato del popolo”. “Comunque finirà, i Cinquestelle dimezzeranno i voti rispetto al miracolo di cinque anni fa ma Giuseppe Conte si è tolto la cravatta e il fazzoletto dal taschino ed è sceso in combattimento […] non si dichiara mai di sinistra ma ha capito che esiste un mercato e ha aperto il suo banchetto dove l’offerta era inferiore alla domanda”.

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Se sono vere le indiscrezioni relative ai sondaggi dei 5Stelle, Giuseppe Conte sarà protagonista di una notevole rimonta.

Certamente nei confronti delle amministrative dov’è però hanno sempre avuto un risultato parziale, dovuto alla loro natura di movimento (che si attiva solo su singole campagne simboliche) e non di partito radicato nel territorio.

La sorpresa avverrebbe rispetto al risultato “atteso” (concetto vago che assomiglia alla temperatura “percepita”) dopo gli incredibili colpi di scena degli ultimi mesi.

Solo per ricordare i principali: la lunga e tortuosa scalata di Conte alla presidenza dell’organizzazione, la dialettica con Beppe Grillo riguardo la possibilità della terza candidatura, la consistente scissione di Luigi Di Maio, l’uscita dal governo (sperando di non farlo cadere) fermamente perseguita.

Un periodo surreale di litigi, scomuniche, parlamentari allo sbando. I giornalisti che chiedevano a Giuseppe Conte se si sarebbe dimesso non raggiungendo il 10 per cento.
Ma i giornalisti non sanno fare i conti: i percettori del reddito di cittadinanza sono più di tre milioni, il nucleo familiare si può prudentemente calcolare in tre persone (il reddito è soprattutto assegnato nel mezzogiorno), stiamo parlando di nove milioni di persone interessate (bisogna sottrarre i non diciottenni).

Se gli ottanta euro di Matteo Renzi garantirono al PD (oggi sembra incredibile poterli associare) il 42 per cento dei suffragi, pensate il ben più favoloso montepremi in campo.

Conte che in cinque anni è passato da dilettante allo sbaraglio a volpe professionista, negli ultimi tempi ha incassato quattro buone notizie.

L’abbandono di Luigi Di Maio. Non ha più avversari interni.

Chi sostiene che la politica è monotona pensi alla decisione del ministro della difesa: se aspettava due settimane non lo avrebbe fatto e tutto sarebbe diverso.

Seconda buona notizia: tutti gli altri partiti vogliono intervenire sul reddito di cittadinanza, quasi tutti per cambiarlo, Fratelli d’Italia per cancellarlo. Questo riconosce ai pentastellati il monopolio del consenso degli aventi diritto al momento.

Terzo vantaggio: Grillo a forza di tirare il sasso e ritirare la mano ha perso molta autorevolezza all’interno e all’esterno del partito.

Quarta benedizione: il veto del garante sulla terza rielezione (a cui Conte formalmente era contrario) ha sgombrato il campo per le candidature dei suoi uomini, tutti di recente provenienza. Quindi, contrariamente al passato, avrà gruppi parlamentari a lui fedelissimi.

Nel programma elettorale dei 5Stelle ci sono altre due miniere di consensi: il superbonus edilizio e il salario minimo.

Nel primo caso, Mario Draghi dopo una valanga di ruberie aveva bloccato la procedura di finanziamento in attesa di migliorie.

L’obiettivo dei pentastellati è ufficialmente il risparmio energetico procurato dalla ristrutturazione del caseggiato ma è anche e soprattutto un aiuto allo smisurato settore  edile. Tanto è vero che il mercato era andato in tilt, sia sul versante dei materiali e dei fornitori, sia sul lato della manodopera.

Il salario minimo – oggetto di approfondimento anche delle istituzioni europee – per ora è più un auspicio che una realtà.

Per noi italiani, specializzati in materia, bisogna sempre stare attenti a non incrementare il lavoro nero che, non a caso, ha avuto una forte accelerazione proprio dall’introduzione del reddito di cittadinanza.

Concludendo. Comunque finirà, i Cinquestelle dimezzeranno i voti rispetto al miracolo di cinque anni fa ma Giuseppe Conte si è tolto la cravatta e il fazzoletto dal taschino ed è sceso in combattimento.

Bisogna riconoscergli capacità di aver reso coerenti temi disparati, nati in contesti molto diversi, e di rappresentare un insediamento sociale di comunicare una collocazione  immediatamente percepibile.

Identità che, ad esempio, Matteo Salvini non è riuscito a darsi perché cavalcando ogni micro conflittualità’, ogni tweet polemico, tutti in contraddizione tra loro, non ti permette di capire da che parte sta (e staresti tu votandolo).

Ci sono tanti modi di essere “conservatore” ma a lui manca la dote iniziale: quella di essere “moderato”.

Un tempo si votava per “il sol dell’avvenire”, obiettivo effettivamente vago e generico, oggi  si vota per lucro, anche pochi maledetti e subito.

Per questo non posso condannare gli astenuti anche se sono contrarissimo.

Gli elettori andrebbero tutti indagati per “interesse in atti d’ufficio” (nel momento in cui voti -secondo me – sei un pubblico ufficiale) o per “voto di scambio”.

Conte non si dichiara mai di sinistra ma ha capito che esiste un mercato e ha aperto il suo banchetto dove l’offerta era inferiore alla domanda.

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