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Democrazia Futura. C’era una volta il sorriso sardonico

Beppe Attene

Beppe Attene nel suo pezzo per Democrazia futura “C’era una volta il sorriso sardonico” a bocce ferme traccia “Un commento sarcastico al voto per le elezioni regionali in Sardegna”. Dopo aver esaminato i risvolti del risultato per Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Elly Schlein e Giuseppe Conte, Attene osserva: “Ancora una volta la Sardegna segnala quel che sta avvenendo, o che avverrà, all’intera Nazione. Il trionfo di una lotta politica sempre più “tecnica”, in cui oggi si può dire esattamente il contrario di quel che si è detto ieri. Un contesto politico in cui i Partiti non sono più portatori di identità e di istanze stabilmente e formalmente indicate. Ne deriva un Paese in cui i cittadini non hanno più alcuna gruccia dove appendere i loro pensieri e sono costretti, di conseguenza, a rifugiarsi in un ribellismo inutile o nella indifferenza dolorosamente cinica. Un contesto in cui, come dicevamo, l’immenso astensionismo è insieme effetto e causa di quel che va succedendo.  Ora che fare? – si chiede l’ex direttore generale dell’Istituto Luce – Soltanto sperare che Alessandra Todde (di cui si sente peraltro parlare bene) venga colta da quel fenomeno che la Chiesa di Roma denomina “la Grazia dello Stato”. Che venga cioè folgorata da quel ruolo che assumerà e prenda su di sé l’impegno a cercare di ristabilire un vero rapporto tra cittadini e Istituzioni. Gli italiani, e i sardi fra essi, hanno bisogno di essere espressi e rappresentati. Niente li collega a questa politica che non assume responsabilità e non preannuncia prospettive. Se però la Presidente Todde vorrà impegnarsi nel combattere questa situazione, certamente scoprirà quanto può essere bella e gratificante la Politica e quanto sia necessario e giusto che vi sia sempre un vero Perdente e un vero Vincitore”.

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Si sostiene da sempre che i comportamenti politici dell’Isola – Continente siano anticipatori di quello che successivamente succederà nella politica italiana. In effetti sembra che ciò sia storicamente vero. Il centro sinistra venne sperimentato in Sardegna ben prima del glorioso 1964 e persino i tentativi di compromesso storico ebbero importanti prodromi isolani. Diciamo che a noi sardi piace pensare che in fondo anche il Regno d’Italia prima si chiamava Regno di Sardegna e la sistemiamo così.

Naturalmente però quel che inizia ad avvenire non è sempre migliore di quel che lo ha preceduto. Il risultato, ormai ufficiale, delle Elezioni Regionali di Sardegna appare come la sintesi fotografica di quello che sta avvenendo in Italia e ne segnala le ulteriori e pericolose conseguenze. Lo stabilizzarsi e la crescita della astensione dal voto, che va ormai verso il 50 per cento, segnala e rende purtroppo possibile la transizione antidemocratica che è in corso da diversi anni e si avvia verso un punto di non ritorno.

La battaglia elettorale in Sardegna è stata tutta giocata (salvo l’eroico tentativo di Renato Soru) nella più completa indifferenza verso le aspettative e le volontà dei cittadini. È diventata, come vedremo, un fatto puramente tecnico che serviva a regolare altri rapporti, in altre e limitate sedi.

In primo luogo la Lega. Matteo Salvini sapeva benissimo di non poter ripresentare la candidatura di Solinas per una serie di motivi politici e non. La sua sfrenata difesa della posizione indifendibile era strumentale al confronto – scontro con Giorgia Meloni. In altri termini, egli, sapendo di non poter vincere (e nemmeno concorrere per la vittoria) ha lucidamente trasferito il peso della sconfitta su chi gli stava affianco per guadagnare peso nelle loro ulteriori vertenze. Tecnicamente corretto, insomma, ma abbastanza cinico. Quel che ci si può aspettare da un ex comunista padano, sostenitore di Putin.

In secondo luogo Giorgia Meloni. Anche in questo caso la consapevolezza della fragilità del candidato era ben precisa. In particolar modo si conosceva la non soddisfazione dei cagliaritani nei confronti di questo sindaco e, soprattutto, andava valutato il peso elettorale del Capoluogo di Regione. Meloni avrebbe dovuto cercare un candidato alla Presidenza che fosse espressione del territorio e della cultura sarda e fregarsene se non fosse stato un fratello d’Italia. Ha invece pagato lo scotto della sorda resistenza che le strutture interne del suo Partito stanno opponendo a qualunque rapporto con il mondo esterno. Fratelli d’Italia è sprovvista, per motivi storici, di una classe dirigente in grado di paragonarsi con le contraddizioni e le problematiche della fase attuale. Nello stesso tempo, però, l’insieme dei suoi quadri intermedi si è reso, per motivi psicologicamente comprensibili, totalmente impermeabile ad apporti “non camerateschi”. Giorgia Meloni ha pensato di poter, ancora una volta, supplire con la sua personale immagine a questo problema ma ha dovuto scoprire che inizia a non essere più così facile.

Ma anche la simpatica Elly Schlein ha usato le Regionali Sarde per gestire contraddizioni interne sulla conduzione del suo Partito (cui, immagino, si sia nel frattempo iscritta). In un solo colpo ha superato tutte le baggianate sulle primarie e sulla democrazia interna. Soprattutto ha potuto, quasi senza colpo ferire, sperimentare in corpore vili la teoria del campo largo che tanto oggi la affascina. Con leggerezza ha conquistato un grande potere. Ha superato, se non ignorato, le posizioni interne al gruppo dirigente sardo del PD. La vittoria, per quanto risicatamente ottenuta, le darà ora la forza per non farsi condizionare da quel che è rimasto delle strutture interne di partito. Anche lei ha usato la Sardegna come laboratorio per sperimentare le nuove forme della dialettica politica e crescervi dentro.

In questo quadro di mutanti alla Frankenstein (o alla Golem?) il più affascinante appare l’avvocato Giuseppe Conte. Dimenticate sono le promesse di una nuova e vera democrazia. Dimenticato l’impegno a raccogliere solo indicazioni dalla base, elettronicamente e costantemente collegata al vertice. Dimenticata, soprattutto, è la decisione di non concedere nessuno spazio a un rapporto professionale con la politica. Ci avevano prospettato un mondo in cui gli individui sarebbero entrati e usciti in continuazione dalla rappresentanza politica, ma soprattutto i candidati sarebbero stati scelti con una diretta consultazione di base. Stavolta, però, una Deputata viene candidata (ed eletta) a una carica ben più significativa della originaria in accordo con un altro Partito, che sino a poco tempo fa era considerato il cancro della democrazia. Insomma, convinciamoci. La politica italiana ha bisogno di un Avvocato e stavolta lo ha trovato per sempre.

Ancora una volta la Sardegna segnala quel che sta avvenendo, o che avverrà, all’intera Nazione. Il trionfo di una lotta politica sempre più “tecnica”, in cui oggi si può dire esattamente il contrario di quel che si è detto ieri. Un contesto politico in cui i Partiti non sono più portatori di identità e di istanze stabilmente e formalmente indicate. Ne deriva un Paese in cui i cittadini non hanno più alcuna gruccia dove appendere i loro pensieri e sono costretti, di conseguenza, a rifugiarsi in un ribellismo inutile o nella indifferenza dolorosamente cinica. Un contesto in cui, come dicevamo, l’immenso astensionismo è insieme effetto e causa di quel che va succedendo.

Ora che fare? Soltanto sperare che Alessandra Todde (di cui si sente peraltro parlare bene) venga colta da quel fenomeno che la Chiesa di Roma denomina “la Grazia dello Stato”. Che venga cioè folgorata da quel ruolo che assumerà e prenda su di sé l’impegno a cercar di ristabilire un vero rapporto tra cittadini e Istituzioni. Gli italiani, e i sardi fra essi, hanno bisogno di essere espressi e rappresentati. Niente li collega a questa politica che non assume responsabilità e non preannuncia prospettive. Se però la Presidente Todde vorrà impegnarsi nel combattere questa situazione, certamente scoprirà quanto può essere bella e gratificante la Politica e quanto sia necessario e giusto che vi sia sempre un vero Perdente e un vero Vincitore.

Un’ultima cosa, a proposito della funzione profetica della Sardegna. Poiché il degrado non è iniziato oggi, come mai i sardi non lo sapevano e non lo avevano già segnalato? Sono orgoglioso di ricordare che così non è. Il vincitore delle scorse elezioni, Christian Solinas, si è qualificato per avere a suo tempo portato il Partito Sardo d’Azione nella Lega di Matteo Salvini. Allora si riscontrarono dei lievi movimenti tellurici nella zona del Cimitero acattolico di Roma. Nessuno li collegò però alla tomba di Emilio Lussu che quel Cimitero ospita dal 1975.

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