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Democrazia Futura. Catherine Spaak, un’altra donna era possibile

Claudio Sestieri

Un regista Claudio Sestieri, all’epoca adolescente, ricorda una Catherine Spaak diciassettenne. Difficile oggi, abituati come siamo a un cinema per lo più standardizzato e genuflesso alle logiche della televisione, rendersi conto di quanto spiazzanti e complessi fossero, anche nelle commedie, i personaggi di quei film. Per fare non uno, ma tre passi avanti nei confronti del costume del nostro Paese.

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La consacrazione a 17 anni … un’icona a 19….

1962: l’anno della sua consacrazione. Catherine Spaak ha solo 17 anni e ne dimostra anche meno. Figlia di un’attrice e di uno sceneggiatore che ha nel suo curriculum La grande illusione di Jean Renoir, nipote di uno statista belga, Paul-Henri Spaak, tra i padri della costruzione europea, più volte Primo Ministro e Ministro degli Esteri, ha già esordito nel 1960 con I dolci inganni di Alberto Lattuada, ritratto scandalo di un’adolescente inquieta, personaggio fino ad allora assente nel nostro cinema.

Solo due anni dopo, dunque, è già un’icona e interpreta Il sorpasso, tragi-commedia di Dino Risi, capace di dirci molto di più sull’Italia del boom di tanti dotti saggi, e La Voglia matta di Luciano Salce, commedia amara sul breve incontro tra un patetico quarantenne borghese senza qualità (Ugo Tognazzi) e una ninfetta tanto amorale quanto intelligente.

Catherine Spaak

Difficile oggi, abituati come siamo a un cinema per lo più standardizzato e genuflesso alle logiche della televisione, rendersi conto di quanto spiazzanti e complessi fossero, anche nelle commedie, i personaggi di quei film. Capaci quindi, pur tenendo sempre un occhio concentrato sul gradimento del pubblico, di essere “epocali”, di evocare il clima e lo spirito del loro momento storico.

Ne Il sorpasso, in un dialogo con il padre (lo sbruffone vitalissimo ‘maschilistissimo’ Vittorio Gassman) che le dice di essere felice di avere una figlia così colta e autonoma, lei risponde che le sue sono solo false sicurezze e che si sente come una che vada sottobraccio a un cieco. Ecco, questa mi sembra la chiave per capire quanto quei personaggi fossero allora tutt’altro che mono-dimensionali e corrispondessero a un cinema che non viveva di schemi e semplificazioni.

Attrice libera, anticonformista, trasgressiva

Solo un anno dopo, la Spaak è protagonista assoluta di ben cinque film, e tre di questi (La calda vita di Florestano Vancini, La Noia di Damiano Damiani e La parmigiana di Antonio Pietrangeli) portano all’apice quel modello di ragazza libera, anticonformista, trasgressiva e pre-femminista che rappresentava il suo autentico stigma. Una così, che poteva ricordare la Bardot ma in chiave più alto borghese che popolare, in Italia non c’era mai stata. E fu merito degli sceneggiatori e dei registi del tempo di aver intuito come quegli occhi tra il nocciola e il verde, quel sorriso mai ovvio, quella frangetta, quel corpo longilineo e moderno ben lontano da quello mediterraneo di allora, rappresentassero un’occasione per osare, e fare non uno ma tre passi avanti nei confronti del costume del nostro paese.

Va ricordato comunque che, alla faccia dell’anticonformismo dei suoi film, o forse proprio a dispetto di questo, la vita non fu affatto facile per lei.

Negli anni Sessanta, confessò in seguito, “io ero considerata scandalosa perché vivevo da sola a 18 anni. Mia figlia mi è stata tolta perché il giudice scrisse che, essendo io attrice, ero di dubbia moralità”.

… ma anche cantante, scrittrice e conduttrice televisiva di successo

Dal 1964 in poi, la Spaak ha interpretato altri 47 film per il cinema e 23 film e serie televisive, in cui la sua innata eleganza ha finito quasi sempre per prevalere sulla carica rivoluzionaria dei primi anni, è stata cantante, scrittrice e conduttrice televisiva di successo nel suo raffinato e stimolante salotto di Harem, ma io amo ricordarla per quel biennio magico nel quale esplose come una fascinosa e perturbante aliena, capace di interpretare il futuro e mettere in crisi le certezze di una società ancora in larga parte arretrata.

Cosa significava scoprire Catherine Spaak per un adolescente

Avevo 13 anni nel 1962, i suoi film erano tutti vietati ai minori di 16 anni, ma per fortuna allora i controlli erano abbastanza laschi, così mi infilai in qualche modo nei cinema dove venivano proiettati e, insieme ai primi ovvii turbamenti, mi trovai di fronte a qualcosa di lontano anni luce sia fisicamente che mentalmente dalle nostre compagne di scuola di riferimento. Scoprire Catherine Spaak fu per me, dunque, scoprire per la prima volta che “un’altra donna era possibile”…      

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