Covid-19 in USA

Delude il sito di Google per lo screening, non è “per tutti gli americani” come promesso Trump. Ma i dati a chi vanno?

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Il portale per 'triage' da remoto è disponibile, al momento, solo per l’area di San Francisco e non “per tutti gli americani” come promesso da Trump. In più essendo preso d’assalto non riesce più a fornire a tutti il luogo in cui effettuare il tampone. Ma i dati a chi vanno?

Un sito realizzato da Google su cui eseguire uno screening online e avere indicazioni su dove andare per fare il tampone. Questo è il portale promesso dal presidente Donald Trump venerdì scorso quando ha dichiarato lo stato di emergenza a causa del Covid-19. Ma al momento il sito, sviluppato da Verily, che fa parte della azienda madre di Google, Alphabet, delude gli statunitensi, sia perché non è “per tutti gli americani” come promesso da Trump, ma solo per chi vive nella Conte di Santa Clara e la Conte di San Mateo a San Francisco, sia perché, essendo preso d’assalto, non riesce più a fornire a tutti il luogo in cui effettuare il tampone.

Usa, il sito per lo screening online del Coronavirus

Andando su  https://www.projectbaseline.com/study/covid-19/, accessibile solo a maggiorenni, in grado di parlare in inglese e residente negli Stati Uniti, se si viene valutati a rischio di aver contratto il virus, e quindi idonei per il test, si viene indirizzati nel luogo in cui farlo, ricevendo poi risposta via mail.

La domanda iniziale sul sito di Verily chiede “Stai attualmente avendo tosse grave, mancanza di respiro, febbre o altri sintomi?” Se rispondi ““, ti viene detto che il programma “non è adatto” e di consultare un medico.

Se rispondi “no“, ti viene chiesto di accedere con un account Google e di firmare un modulo di autorizzazione del consenso informato. Successivamente, ti vengono rivolte una serie di domande per lo screening dei sintomi.

Come gestiti i dati degli utenti? Vanno a Google?

E i dati sanitari degli utenti come vengono gestititi? Gli utenti devono sottoscrivere questo modulo, su cui si legge che: “I tuoi dati saranno conservati in un database sicuro e crittografato con accesso limitato e monitorato. Questo database è conforme alle leggi statali e federali in vigore che proteggono la privacy e la sicurezza dei tuoi dati sanitari”. Fin qui non fa una piega.

Ma poi è scritto che “le informazioni che ti identificano direttamente, tra cui nome, indirizzo, indirizzo email, e numero di telefono, possono essere condivise con il laboratorio clinico che esegue i test (ad esempio Quest Diagnostics) e autorità sanitarie pubbliche, incluso il Dipartimento della sanità pubblica della California. I funzionari della sanità pubblica possono utilizzare queste informazioni per mettere in guardia la comunità” dalle persone positive al virus.

Infine, si legge che in “futuro potresti essere invitato a condividere i dati raccolti durante questo processo a fini di ricerca effettuata da Google.
I tuoi dati raccolti da Verily attraverso i servizi descritti in questo modulo di autorizzazione non saranno trasmessi ai database di Google senza la tua espicita autorizzazione”.
Nel frattempo il percorso è stato realizzato, manca solo l’apertura del “cancello” per far arrivare i dati sanitari a Google.

Sito preso d’assalto e non fornisce a tutti il servizio

Ma il sito è stato già preso d’assalto, e, come scrive il Corriere.it, anche delineando il quadro più a rischio appare l’avviso: “Sfortunatamente, al momento non siamo in grado di fissare altri appuntamenti. Gli appuntamenti continueranno ad aumentare attraverso questo programma man mano che ne aumenteremo le capacità nell’immediato futuro”.

Il sito delude tutti gli americani, sia chi lo sta utilizzando sia chi è escluso. “Verily è nelle prime fasi di questo programma pilota”, ha dovuto poi precisare il Ceo di Alphabet e di Google Sundar Pichai, anche se “il piano è di estenderlo nel tempo ad altre località”.

Così Google ha dovuto trovare in fretta un’altra soluzione ed da ieri sera ha messo online un sito nazionale per rispondere alle domande degli americani sul coronavirus. 

Resta, comunque, un sito totalmente diverso da quanto promesso da Trump, chiamando in causa Big G con tanto di foglio, esibito ai media, su cui si vede il logo di Google.

“Voglio ringraziare Google”, ha detto il presidente degli Usa, “che sta aiutando a sviluppare un sito web. Sarà pronto a breve – diversamente da altri siti del passato – per determinare se il test venga garantito o meno, e per aiutare i cittadini a individuare l’infrastruttura più vicina per effettuarlo. (…) Google ha 1.700 ingegneri che ci stanno lavorando proprio ora e hanno compiuto enormi progressi”.