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Debito pubblico italiano: quarti al mondo con il 150,8%

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Il primo posto è del Giappone, con il 262,5%, seguito dal Venezuela, da tempo alle prese con una crisi finanziaria fortissima, con il 240,5%, e poi dalla Grecia, che risente del quasi default che l’ha interessata nell’ultimi decennio, con il 199,4%.

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Peggio di noi Giappone, Venezuela e Giappone. Ma anche la Francia…

Non è l’Italia il Paese con il debito pubblico più alto al mondo, ma ci va vicino. Se consideriamo l’indicatore più corretto, ovvero il rapporto tra debito e Pil del Paese, siamo quarti a livello mondiale. Come si vede dalla nostra infografica, realizzata sui numeri del 2021 del Fondo Monetario Internazionale, solo in tre Stati viene superato il 150,8%, ovvero il dato italiano. Vuol dire che tutto lo stock di debito che grava sulle nostre finanze pubbliche è maggiore dell’intera grandezza della nostra economia del 50,8%.

I Paesi più indebitati del mondo

Il primo posto è del Giappone, con il 262,5%, seguito dal Venezuela, da tempo alle prese con una crisi finanziaria fortissima, con il 240,5%, e poi dalla Grecia, che risente del quasi default che l’ha interessata nell’ultimi decennio, con il 199,4%. Tra i 10 più indebitati al mondo, ma meno di noi, vi sono anche altri Stati dell’Unione Europea, ovvero Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, con rispettivamente il 127,4%, il 1118,6%, il 112,6 e il 108,4%.

In realtà vi sarebbero anche diversi Paesi africani, asiatici o latinoamericani, spesso piuttosto poveri, che superano, quanto a rapporto debito/Pil, gran parte di quelli citati. Il Fondo Monetario Internazionale, la fonte più completa in questo ambito, tuttavia non riesce a unire i dati del governo centrale con quelli delle amministrazioni locali, come fa invece per l’Italia e altre realtà occidentali.

I debiti delle regioni non possono essere trascurati e hanno molta importanza, soprattutto in alcuni casi, come quello tedesco: senza di essi il debito della Germania ammonterebbe solo al 46,3% del Pil ma con quello dei laender sale al 69,4%. Lo stesso si può dire nel caso degli Usa: a livello federale sarebbe del 115,3%, ma nel complesso con il debito degli Stati arriva al 128,1% del Pil, il quinto più alto al mondo dopo quello italiano.

Il debito pubblico italiano oggi

Proprio gli Usa sono in realtà il Paese più indebitato a livello globale se consideriamo i valori assoluti, e non solo relativi all’ampiezza dell’economa. Nel 2021 doveva ai propri creditori interni ed esterni 28.493 miliardi di dollari, saliti oltre i 30mila nel 2022. Sono molti di più dei 13.139 miliardi che costituiscono il debito pubblico cinese e degli 11.129 di quello giapponese, che sono al secondo e al terzo posto dopo gli americani.

Dopo questi Paesi non c’è l’Italia, ma la Francia che sono solo noni quanto a rapporto tra debito e Pil, con il 112,6%, ma ci superano in senso assoluto, visto che hanno raggiunto nel 2022 uno stock di 3.162 miliardi di dollari, mentre il nostro Paese è rimasto sotto i 3mila. Superiamo però Germania e Regno Unito, economie più grandi della nostra, ma meno indebitate.

L’indicatore per stabilire il debito di un Paese

Ma cosa conta di più? Il valore assoluto o quello relativo? Verrebbe spontaneo pensare che ogni grandezza vada rapportata a quella dell’economia del Paese in questione, esattamente come gli stipendi devono essere considerati in relazione ai prezzi. È questo il motivo per cui si privilegia sempre il rapporto debito/Pil a ogni altro indicatore.

Alto debito non vuol dire maggior rischio di default

Tuttavia nel momento in cui si presenta una crisi ha rilevanza se a rischiare il default sono migliaia di miliardi di titoli o solo poche decine, a prescindere da ogni dato relativo, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni internazionali. Se le somme dovute a finanziatori nazionali e internazionali sono ingenti significa che c’è un numero molto grande di creditori che si troverebbe in seria difficoltà davanti al fallimento del debitore. Non si è infatti parlato molto sui media del default dello Sri Lanka, annunciato nel 2022 a fronte di un debito di non più di 80 miliardi di dollari, e ora il pericolo di uno analogo della Tunisia sembra interessarci solo in relazione al flusso migratorio che potrebbe scaturirne. Il suo debito ammonta infatti a 35 miliardi di dollari, che tra l’altro corrisponde a solo l’89% del Pil.

Questo vuol dire anche che in realtà a contare più di tutto non sono né i numeri assoluti né quelli relativi, ma la capacità di ripagare gli interessi e il capitale a chi ha comprato titoli pubblici. Questo è il motivo per cui Paesi molto indebitati come Italia, Giappone e Usa non rischiano un default, perché tutti per motivi diversi possono ripagare i creditori. Nel caso degli Stati Uniti perché vi è piena fiducia nel dollaro, che è ancora la divisa più usata negli scambi internazionali, in quello del Sol Levante poiché a detenere titoli del Paese sono quasi solo soggetti nipponici e in quello italiano perché siamo parte dell’area euro. La Bce, infatti, ha dimostrato di saper sterilizzare i pericoli di fallimento acquistando debito sovrano degli Stati membri in crisi.

Come è evoluto il debito pubblico italiano fino ad oggi

Questo non significa che possiamo ignorare la crescita del debito pubblico fino ad oggi. A causa del crollo del prodotto interno lordo, infatti, tra 2019 e 2020 (anno del Covid) il rapporto tra debito e Pil è balzato dal 134,1% al 155,3%. La discesa seguita alla ripresa del 2021 ha portato, come si è detto, il debito pubblico italiano al 150,8%, e nel 2022 a meno del 145%, secondo i dati preliminari.

Ci vorrà ancora tempo per tornare ai livelli pre-pandemici, che erano già comunque tra i più alti al mondo. Nel 2019, infatti, continuavamo a subire gli effetti della crisi finanziaria e di quella dell’euro che avevano avuto luogo tra 2008 e 2013. Queste avevano interrotto la fase di risanamento dei conti che aveva caratterizzato i 13 anni tra il 1994 e il 2007, quando il rapporto debito/Pil era sceso dal 120,9% al 103,9%. Durante quelle fasi di recessione e instabilità è salito di 30 punti, per poi rimanere stabile per buona parte degli anni ’10, fino al Covid.

I dati si riferiscono al: 2021-2022
Fonte: Fmi