L’analisi

#ddaonline, è tempo che se ne occupi il Parlamento

a cura di Marco Bellezza |

L'Agcom, per il Tar Lazio, aveva il potere di emanare il regolamento sul diritto d'autore online. Adesso sarà interessante verificare se il legislatore, per troppo tempo convitato di pietra rispetto ad ogni dibattito sulla tutela del copyright, abbia intenzione di intervenire per chiarire un framework legislativo in costante evoluzione.

Di seguito un articolo pubblicato su Medialaws a firma di Marco Bellezza, avvocato dello Studio Legale Portolano Cavallo e membro della redazione di Medialaws, sito che propone analisi e approfondimenti tecnici su Leggi e Policy dei Media, offerti in una prospettiva comparativa, con il quale Key4biz ha avviato una collaborazione editoriale.

Venerdì scorso la prima sezione del Tar Lazio con due identiche ordinanze a carattere interlocutorio (cui il commento si riferisce unitariamente) che stanno già facendo discutere, sulle impugnazioni proposte avverso il regolamento emanato dall’AGCOM in materia di tutela del diritto d’autore (Scheda) sulle reti di comunicazione elettronica, ha deciso di sollevare una questione incidentale di costituzionalità riguardante i c.d. “tre pilastri” sui quali l’Autorità ha ritenuto di fondare il proprio intervento regolatorio sospendendo il relativo giudizio.

La corposa decisione, tuttavia, non si limita a rimettere al giudice delle leggi la questione di costituzionalità segnalata e sulla quale ci soffermeremo oltre, ma passando in rassegna i motivi di ricorso, statuisce che il regolamento AGCOM non si presta a censure di merito, essendo non fondati i (numerosi) profili di censura dedotti dai ricorrenti (paragrafo 15, pag. 20 dell’ordinanza).

  1. Nel merito del regolamento AGCOM

Il Tar con la sua decisione ha, dunque, sciolto (definitivamente almeno fino alla prossima puntata di quello che si preannuncia come un lungo percorso giudiziario) una serie di questioni interpretative che fin dal 2011, vale a dire ai tempi della prima bozza di regolamento presentata dall’Autorità, avevano impegnato interpreti e studiosi del tema.

  1. AGCOM ha il potere di emanare il regolamento – nei paragrafi da 8 a 10 dell’ordinanza il Tar si sofferma sulla questione che più di ogni altra è stata al centro del dibattito sul regolamento, vale a dire la sussistenza o meno in capo all’Autorità dei poteri necessari per emanare il regolamento. Sul punto i giudici amministrativi sembrano propendere per una risposta affermativa che, come vedremo oltre, appare fortemente condizionata, tuttavia, dagli esiti della questione di costituzionalità presentata.  In sostanza se le norme di legge soggette al giudizio di costituzionalità fossero conformi ai precetti della Carta fondamentale non vi sarebbero dubbi sulla circostanza che AGCOM sia dotati dei poteri necessari per intervenire in materia nella sua veste di “amministrazione vigilante”.
  2. AGCOM può imporre agli operatori di comunicazione elettronica obblighi di facere – non si configura in questo caso alcuna violazione dell’articolo 23 Cost. (che ricordiamo prescrive come nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge) perché secondo il TAR è proprio la legge, vale a dire il decreto sul commercio elettronico, a sottoporre i fornitori di servizi di comunicazione elettronica a una specifica disciplina.
  3. Il “doppio binario” di tutela si può percorrere secondo il diritto UE – il Tar chiarisce che il procedimento innanzi ad AGCOM non è diretto a perseguire la violazione primaria del diritto d’autore, il cui accertamento resta di competenza esclusiva dell’Autorità giudiziaria, e, in ogni caso, la disciplina comunitaria non preclude la possibilità per gli Stati membri di elaborare un doppio binario di tutela per siffatte violazioni (amministrativo e giurisdizionale).
  4. AGCOM non è tenuta a conformarsi alle indagini conoscitive, né ai propri precedenti schemi di regolamento – secondo il TAR l’Autorità è libera di determinarsi anche in difformità rispetto alle risultanze delle indagini conoscitive avviate su uno specifico tema e, per certo, non può essere considerata vincolata rispetto a propri precedenti schemi di regolamento (il riferimento è alla prima bozza di regolamento presentata nel 2011) che, come tali, non sono idonei a ingenerare un ragionevole affidamento in capo agli operatori.
  5. I pareri acquisiti informalmente dall’Autorità possono non far parte del fascicolo del procedimento – al paragrafo 11.4 i giudici amministrativi intervengono su un aspetto che nel corso della consultazione pubblica ha assunto i toni della spy-story, vale a dire i pareri che sarebbero stati forniti da autorevoli giuristi sull’intervento regolamentare di AGCOM prima dell’avvio della consultazione pubblica sullo schema di regolamento. Sul punto i giudici di via Flaminia accreditano la ricostruzione dei resistenti: non vi è alcun obbligo di acquisizione al fascicolo del procedimento di “riflessioni di carattere scientifico rilasciate a titolo personale” che, come tali, possono essere valutate dall’Autorità al pari di ogni altra circostanza utile.
  6. AGCOM può procedere anche in assenza di una formale analisi dell’impatto della regolazione (AIR) – l’AIR non è soggetta, secondo il TAR, a formule sacramentali e l’ampia consultazione pubblica svolta sullo schema di regolamento testimonia come AGCOM abbia assunto l’iniziativa regolamentare avendo piena consapevolezza dell’impatto della propria iniziativa.
  7. AGCOM può porre i costi delle rimozioni di contenuti illeciti totalmente a carico degli ISP – i giudici amministrativi sul punto chiariscono come gli ISP possono essere destinatari di provvedimenti dell’autorità di vigilanza secondo la vigente disciplina. Tali provvedimenti vanno considerati come esternalità negative dell’attività economica esercitata.
  8. L’introduzione della nozione di “opera digitale” non inficia la legittimità del regolamento – la circostanza che AGCOM abbia introdotto definizioni non presenti nel tessuto legislativo vigente al fine di circoscrivere la propria attività di vigilanza non incide sulla legittimità dell’intervento dell’Autorità.
  9. AGCOM può promuovere l’adozione di codici di condotta – l’esercizio di tale competenza da parte di AGCOM, e non dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, come stabilito dalla legge, non inficia la legittimità del regolamento.
  10. Il procedimento elaborato da AGCOM è conforme ai principi della 241/90 – per come elaborato il procedimento innanzi ad AGCOM risulta conforme ai principi della partecipazione procedimentale che, come ricordato dal TAR, deve confrontarsi con le ragioni di urgenza emergenti nell’ambito del procedimento amministrativo.
  11. Poteri troppo ampi e incisivi riservati all’Autorità? – secondo il TAR no. Infatti, come chiarito nell’ordinanza, AGCOM nell’esercizio dei poteri attribuiti dalla legge è tenuta al rispetto dei principi di gradualità, proporzionalità ed adeguatezza propri di ogni procedimento amministrativo.
  12. Il procedimento abbreviato previsto dall’articolo 9 del regolamento non comprime in maniera illegittima i diritti dei soggetti interessati – secondo i giudici amministrativi anche sotto tale profilo il regolamento elaborato dall’Autorità appare legittimo anche nella considerazione che tutti i termini previsti dalla prima bozza del regolamento sono stati estesi nella versione definitiva, venendo incontro alle esigenze emerse nella consultazione pubblica e alle considerazioni formulate dalla Commissione europea.
  13. AGCOM si è attenuta alle osservazioni formulate dalla Commissione europea – peraltro la stessa Autorità non è tenuta ad un obbligo di motivazione aggravata rispetto a tali osservazioni che sono state pienamente recepite, tanto che con comunicazione del 28 gennaio 2014 la Commissione europea ha informato AGCOM di non avere ulteriori commenti o osservazioni sul regolamento elaborato.

 

  1. La questione incidentale di costituzionalità

Insomma, mettendo in fila i motivi di impugnazione e le risposte del TAR sul merito del regolamento AGCOM sembrerebbe confermata la piena legittimità dell’operato dell’Autorità, senonché tutta la costruzione fin qui descritta rischia di essere messa in discussione dalla questione di costituzionalità, considerata non manifestamente inammissibile, che il TAR ha proposto in relazione ai c.d. “tre pilastri” sui quali l’Autorità ha fondato il proprio regolamento. Ed è qui che si giunge ai passaggi più articolati e pregnanti dell’ordinanza in commento.

I giudici amministrativi passano in rassegna le disposizioni legislative considerate rilevanti da AGCOM e, in particolare, gli articoli 5 comma 1, 14 comma 3, 15 comma 2 e 16 comma 3 del decreto sul commercio elettronico (D.Lgs. 70/2003) nonché il comma 3 dell’articolo 32-bis del TUSMA (D.Lgs. 117/2005) introdotto dal c.d. Decreto Romani (D.Lgs 44/2010). L’insieme di tali previsioni, secondo il Collegio, palesano dei possibili profili di illegittimità costituzionale: a) per violazione dei principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica (come previsti dagli articoli 2, 21 primo comma, 24 e 41 della Carta fondamentale); b) per violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa; c) per violazione del principio del giudice naturale in relazione alla mancata previsione di garanzie e tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero in rete almeno equivalenti a quelle previste per la stampa (con violazione degli articoli 21, commi 2 e seguenti, 24 e 25 primo comma della Carta fondamentale).

Con riferimento al profilo di possibile illegittimità costituzionale sub a) il TAR rileva come i diritti di proprietà intellettuale, quali il diritto d’autore, risultano inquadrati nell’ordito costituzionale nell’ambito delle libertà economiche, piuttosto che tra i diritti fondamentali, e con questi ultimi devono trovare un bilanciamento nelle forme di concreto esercizio nonché in una prospettiva rimediale. Sotto tale profilo, secondo i giudici amministrativi, le disposizioni di legge citate sembrano prevedere un sacrificio dei diritti fondamentali (quali la libertà di manifestazione del pensiero) in nome della tutela di libertà economiche che, come tali, risultano sempre suscettibili di un ristoro di natura patrimoniale. In sostanza, le norme citate si porrebbero in contrasto con i principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale previsti dalla Costituzione consentendo restrizioni all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero in assenza di un interesse primario di rango costituzionale da tutelare.

Quanto ai profili b) e c) il Tribunale amministrativo dopo una puntuale ricostruzione del rapporto tra disciplina della stampa e internet, anche alla luce delle acquisizioni giurisprudenziali raggiunte in tempi recenti sul tema, rileva, in primo luogo, come alla luce della disciplina vigente la disciplina e le garanzie previste per la stampa possono considerarsi estese ai materiali informativi diffusi attraverso la rete internet solo qualora gli stessi assurgano alla qualifica di prodotto editoriale, come prevista dalla Legge 62/2001.  In secondo luogo, ed è questo il passaggio più interessante ed innovativo, ad avviso dello scrivente, il TAR si interroga e chiede alla Corte Costituzionale se, piuttosto che inseguire “[…] improbabili evoluzioni normative che finirebbero per sovrapporre la volontà dell’interprete a quella del Costituente” (paragrafo 21, pag. 27) estendendo la disciplina della stampa alle manifestazioni del pensiero diffuse attraverso la rete, non sia possibile rinvenire in via originaria nel dettato della Costituzione un limite intrinseco all’attività del legislatore che nel dare contenuto a previsioni in grado di incidere sulla libertà di manifestazione del pensiero non potrebbe prevedere garanzie minori di quelle assicurate alla stampa.

Sotto tale profilo si chiede, dunque, al giudice delle leggi di valutare le norme oggetto di scrutinio alla luce del carattere evolutivo dell’articolo 21 Cost. ed in ragione della diffusione di internet quale “nuova frontiera della libertà di espressione”. Sul punto, secondo i giudici amministrativi, degli utili riferimenti possono rinvenirsi dalla giurisprudenza della Corte di Lussemburgo che, in tempi recenti, ha circondato di garanzie le misure legislative e non idonee ad incidere sull’esercizio di diritti fondamentali in rete nell’ottica dell’equo bilanciamento tra i vari interessi e diritti in gioco che deve costituire la stella polare per legislatore e interpreti nell’approccio a tali delicati temi.

  1. Considerazioni a prima lettura

L’ordinanza del TAR sin qui commentata oltre a riaccendere il dibattito, per la verità mai sopito in rete e fuori, sul regolamento AGCOM pone alla Corte Costituzionale una serie di questioni di interesse a livello teorico ma anche idonee a determinare significative ricadute pratiche, anche al di là delle sorti del regolamento stesso.

Qualora la Corte dovesse ritenere ammissibili e rilevanti le questioni presentate sarà interessante verificare come il giudice delle leggi inquadrerà a livello costituzionale i diritti di proprietà intellettuale e il diritto d’autore, in particolare.  Sul punto il Tribunale amministrativo non sembra nutrire dubbi di sorta in relazione alla natura di libertà economiche di tali diritti, ma forse a diverse conclusioni si può giungere e potrà giungere la Corte nella considerazione dell’integrazione delle fonti costituzionali nazionali con quanto previsto a livello europeo dalla Carta dei diritti fondamentali che, come più volte ricordato anche dalla Corte di Giustizia, inquadra i diritti di proprietà intellettuale tra i diritti fondamentali che nelle dinamiche della rete internet dialogano con altri diritti fondamentali (privacy, libertà di espressione, etc.).

Un altro spunto di interesse sempre in una dimensione europea riguarderà la valutazione che la Corte andrà a fare delle disposizioni del decreto sul commercio elettronico che, come noto, ha introdotto nel nostro ordinamento le disposizioni della direttiva 2000/31/CE sui servizi della società dell’informazione nel mercato interno.  A tal proposito è agevole constatare come il legislatore italiano in occasione del recepimento della citata direttiva abbia, consapevolmente o meno, deciso di fare un esercizio limitatissimo dei margini di discrezionalità lasciati dal legislatore comunitario procedendo ad una traduzione pressoché letterale delle previsioni della direttiva.  Sarà interessante, quindi, verificare se tale mancanza del legislatore nazionale sia stata idonea a determinare l’incostituzionalità delle disposizioni nazionali, come sembra suggerire l’ordinanza del TAR.

Da ultimo e andando agli effetti immediati dell’ordinanza in commento, stante la dichiarata volontà di AGCOM di continuare con l’adozione del regolamento, che peraltro come visto secondo il TAR non presenta vizi di merito, sarà interessante verificare se il legislatore, per troppo tempo convitato di pietra rispetto ad ogni dibattito relativo alla tutela del copyright in rete, abbia intenzione di dare un segnale di presenza intervenendo a chiarire un framework legislativo  che appare comunque  in costante evoluzione.