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Ddaonline e contenuti culturali: in Italia mancati ricavi per 369 milioni all’anno

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Sintesi del rapporto Roland Berger commissionato da SIAE sul contenuto culturale in ambito digitale, presentato in occasione dell’evento ‘Direzione Hackathon 2016’

La discrepanza fra il valore prodotto in rete dai contenuti culturali e il ritorno economico in termini di ricavi per i creatori dei contenuti è pari a 369 milioni di euro nel nostro paese. E’ quanto emerge da uno studio condotto dalla società di consulenza Roland Berger commissionato da SIAE, con l’obiettivo di analizzare tale trasformazione nella catena del valore. La ricerca è basata su dati pubblici, su studi specifici e su due approfondimenti svolti nel 2015 riguardo l’utilizzo e la consultazione dei contenuti culturali su Google e Facebook.

Lo studio, presentato sabato a Trani in occasione dell’evento ‘Direzione Hackaton 2016’, ha analizzato la recente evoluzione digitale ha rapidamente e sostanzialmente modificato la modalità di fruizione dei contenuti culturali (che includono musica, cinema, stampa, radio, fotografia, tv, live show, libri e videogiochi) e di conseguenza anche il flusso di distribuzione dei compensi: si è passati infatti dalla proprietà “fisica” del bene ad un utilizzo basato su piattaforme e flussi digitali tramite molteplici dispositivi connessi.

Di conseguenza, l’offerta di mezzi e modalità di fruizione dei contenuti è diventata particolarmente ricca aprendo il campo ad un gruppo eterogeneo di cosiddetti intermediari digitali e ha sollevato la questione della creazione e distribuzione del valore sui contenuti culturali in ambito digitale

 

Filippo Sugar (SIAE): ‘Bisogna regolare l’uso dei contenuti a livello UE’

 

“Da qualche tempo si parla di un value gap in riferimento al mutato contesto prodotto dalle nuove modalità di fruizione di contenuti culturali tramite piattaforme e flussi digitali – ha detto Filippo Sugar, Presidente designato di SIAE – Per la prima volta oggi siamo in grado di misurare la discrepanza fra il valore prodotto in rete dai contenuti e il flusso di distribuzione dei ricavi, ovvero il ritorno economico di cui beneficiano i creatori dei contenuti stessi”.

“Lo studio realizzato da Roland Berger per SIAE mostra che, soltanto in Italia, il value gap è di 369 milioni di euroaggiunge Sugar – A queste cifre, che si riferiscono al valore diretto generato dai contenuti in rete, bisogna poi aggiungere il valore indiretto che deriva dal loro impatto qualitativo sugli intermediari digitali in termini di utilità, completezza, attrattività”.

Come intende muoversi la SIAE per colmare questo gap? “Come SIAE siamo e saremo in prima linea nel far fronte a questa che definirei una vera e propria ‘emergenza’ e nel portarla all’attenzione dei Commissari Europei che stanno già lavorando alla costruzione di un mercato unico digitale – prosegue Sugar –  Occorre trovare strade negoziali volte a regolamentare l’uso di contenuti in maniera efficiente e a far sì che i creatori possano beneficiare in misura adeguata del ritorno economico da essi generato”.

Quali sono le mosse in concreto per difendere i creatori di contenuti? “In questa direzione, abbiamo già individuato tre interventi fattivi di cui auspichiamo la concretizzazione – precisa Sugar –  In primo luogo, un chiarimento legislativo in materia di Safe Harbour, specie riguardo alle norme che disciplinano la possibilità di ricaricare un contenuto illegale (ivi comprese le App) precedentemente rimosso; in secondo luogo, una definizione più precisa dei requisiti di neutralità e passività dei provider che ricadono sotto lo scudo del Safe Harbour. Infine, occorrerà premiare e incentivare la buona condotta dei provider, con particolare riferimento al rispetto del copyright e alla rimozione di contenuti illegali dalle piattaforme di hosting, tramite sistemi di accreditamento e, più in generale, mantenendo aperto un dialogo costruttivo sulle problematiche emergenti con lo sviluppo di nuovi modelli di business”.

I dati dello studio Roland Berger

Nell’analisi dello scenario dell’offerta e distribuzione dei contenuti culturali, Roland Berger parte dallo studio dei distributori digitali autorizzati (che offrono i cosiddetti servizi Over The Top) per poi confrontarli con gli operatori che nello studio vengono definiti “intermediari tecnici”.

I distributori digitali autorizzati come Netflix o Spotify spendono oltre il 70% dei loro ricavi per i contenuti culturali con una differenza nei ricavi netti annuali per utente: su Netflix ogni abbonato vale circa 62 euro all’anno e su Spotify 17. Dopo il pagamento dei contenuti, il ricavo per utente medio scende a 16 euro all’anno per Netflix e a 5 per Spotify.

I cosiddetti “intermediari tecnici” (motori di ricerca, social network, aggregatori di contenuti, servizi di file hosting, piattaforme audio/ video etc.), che veicolano direttamente o indirettamente i contenuti culturali, hanno costruito un business rilevante che dalle analisi di Roland Berger vale in Europa 22 miliardi di euro l’anno (di cui 16 per Google e 3 per Facebook) e in Italia 1,3 miliardi di euro.

In questo business i ricavi direttamente legati ai contenuti culturali ammontano a circa 4.980 milioni di euro a livello europeo e 369 milioni di euro in Italia ed è costituito, sempre per l’Italia, per 167 milioni di euro dai social network e 150 milioni di euro dai motori di ricerca. E di questi 369 milioni di euro quasi nulla arriva ai produttori dei contenuti.

Tali cifre non comprendono inoltre l’impatto indiretto dei contenuti culturali sulla generazione dei ricavi: a causa del ruolo che ricoprono nel rendere gli intermediari tecnici rilevanti, esaustivi e utili, i contenuti culturali contribuiscono in gran parte alla fidelizzazione, frequenza e profondità di utilizzo da parte degli utenti. Se anche tali contributi fossero conteggiati, si stima che l’impatto complessivo sui loro ricavi in Europa ammonterebbe a circa 13.670 milioni di euro pari a circa il 62% del loro fatturato e in Italia a circa 875 milioni di euro pari al 64% del fatturato totale.