L’accordo sui dazi tra Pechino e Washington prevede terre rare in cambio di flessibilità tecnologica
Le catene di approvvigionamento globali continuano a essere rimodellate dalla geopolitica e ora il nuovo accordo sui dazi raggiunto tra Stati Uniti e Cina rappresenta un passo in avanti incerto, ma significativo, verso il ripristino dell’equilibrio nel commercio di terre rare e tecnologie avanzate.
Ad annunciare la nuova intesa commerciale sono stati il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il Segretario al Commercio degli Stati Uniti, Howard Lutnick.
Sebbene non si tratti di un’intesa commerciale completa, segnala il riconoscimento reciproco delle dipendenze critiche che ciascun Paese detiene sull’altro e di come queste possano essere sfruttate nei negoziati strategici in corso.
Al centro di questo accordo, descritto da funzionari statunitensi e cinesi come un “quadro aggiuntivo” all’accordo di Ginevra rimasto in stallo, c’è un vero e proprio scambio: la Cina accelererà le spedizioni di terre rare e magneti verso gli Stati Uniti, mentre gli USA allenteranno alcuni controlli sulle esportazioni di software per semiconduttori e sui visti per studenti cinesi.
L’impegno cinese: fine del blocco alle materie critiche
Durante i colloqui di Ginevra e Londra, la Cina ha accettato di ripristinare e velocizzare le licenze di esportazione per le terre rare, in particolare verso le case automobilistiche, i produttori aerospaziali e le aziende di semiconduttori americani.
Si tratta di un’inversione rispetto alle precedenti misure ritorsive attuate dopo l’innalzamento delle tariffe da parte degli USA.
Elementi come neodimio, disprosio e praseodimio sono fondamentali per la produzione di motori per veicoli elettrici e sistemi di guida missilistica. Il dominio cinese su estrazione e lavorazione, oltre l’80% dell’offerta globale, le ha rese uno strumento potente nella diplomazia commerciale.
Sebbene il Ministero del Commercio cinese abbia confermato l’impegno a valutare e approvare le richieste di esportazione, ha anche sottolineato che il processo di verifica resterà rigoroso per evitare che le forniture siano dirottate verso usi militari negli Stati Uniti.
La concessione americana: allentamento delle restrizioni su tecnologia e visti
In cambio, gli Stati Uniti si sono impegnati a rimuovere alcune delle misure adottate in risposta alle restrizioni cinesi, tra cui:
- rimozione parziale dei divieti di esportazione di strumenti EDA (Electronic Design Automation) utilizzati nella produzione di chip avanzati;
- allentamento delle restrizioni sui visti per studenti cinesi interessati a frequentare università americane, in particolare nei campi STEM;
- sospensione di alcune limitazioni sulle esportazioni aerospaziali commerciali.
Il Segretario Lutnick, ha dichiarato: “Consegneranno le terre rare a noi… e noi toglieremo le nostre contromisure”.
Questo gesto mira a calmare le tensioni nel settore high-tech, dove le aziende statunitensi dominano in tecnologie software di cui la Cina ha un bisogno critico per sviluppare la propria industria dei semiconduttori.
Gli analisti avvertono comunque che il calcolo strategico non è cambiato: entrambe le nazioni continueranno a cercare una maggiore autosufficienza tecnologica.
Un passo in avanti, non una soluzione definitiva
Il nuovo passo in avanti tra Washington e Pechino sui dazi, annunciato a pochi giorni dalle dichiarazioni di Trump su un possibile accordo con l’India, mira a ripristinare almeno in parte la funzionalità delle catene di approvvigionamento interrotte. Tuttavia, rimangono ambiguità su punti cruciali:
- quali terre rare sono incluse?
- quali volumi di scambio saranno approvati?
- quali criteri dovranno soddisfare le aziende?
- quali restrizioni tecnologiche saranno effettivamente revocate?
Come ha sottolineato Alfredo Montufar-Helu del think tank The Conference Board: “È importante non creare troppe aspettative”. L’accordo, infatti, potrebbe coprire solo i magneti e materiali collegati, lasciando ancora fuori numerose terre rare e tecnologie critiche. Il problema di base, che non è detto sia risolvibile, è che entrambe le potenze cercano di raggiungere un solo obiettivo, difficilmente negoziabile: la supremazia tecnologica.
Dazi e realismo tecno-geopolitico: rivalità strategica e cooperazione tattica
In definitiva, qui si svelano pienamente le complesse interdipendenze tra le due superpotenze tecnologiche. Il controllo cinese sulle materie prime fisiche (le terre rare) e la leadership statunitense nelle infrastrutture digitali (software e strumenti di progettazione) formano una doppia elica di vulnerabilità e potere.
Nessuna delle due parti è disposta a concedere un vantaggio strategico all’altra, ma questa tregua temporanea può offrire un po’ di respiro alle industrie coinvolte, dai produttori di batterie per auto elettriche alle fabbriche di semiconduttori, e ai mercati finanziari.
L’accordo di Londra, che ha riaffermato il consenso di Ginevra, ha almeno fermato l’escalation tariffaria. Ma la strada verso un vero accordo commerciale resta lunga e incerta.
Questo scambio terre rare–tecnologia assomiglia più a un patto di non aggressione che a un trattato di pace, riconosce i punti dolenti reciproci senza risolvere la rivalità di fondo. Man mano che le due economie continuano a giocare di sponda, ci si può aspettare altri accordi mirati e tattici nei mesi a venire.