GDPR

Dati personali, il Garante Privacy chiarisce le responsabilità dei consulenti del lavoro

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Ecco le precisazioni del Garante della privacy sulle responsabilità del consulente del lavoro in seguito all’entrata in vigore del regolamento generale europeo sulla protezione dei dati.

Assumere nuovo personale, adempiere alle pratiche previdenziali e assicurative, elaborare paghe e contributi, suggerire alle imprese come meglio muoversi in materia di lavoro e contenziosi, offrire consulenze tecniche, occuparsi del fine rapporto, sono tutte attività tipiche della professione di consulente del lavoro.

La caratteristica principale che accomuna tutte queste competenze sono i dati, i dati personali dei dipendenti e i dati sensibili delle aziende.

Ne deriva una responsabilità oggettiva del consulente del lavoro nel trattamento dei dati.

L’innovazione tecnologica e la trasformazione digitale stanno facendo diventare l’attività del consulente del lavoro sempre più articolata e complessa.

Rispondendo ai quesiti sottoposti dal Consiglio Nazionale dei consulenti del lavoro e da numerosi professionisti, il Garante per la protezione dei dati personali ha precisato il ruolo e le responsabilità dei consulenti del lavoro nel trattamento dei dati personali della clientela alla luce del nuovo Regolamento europeo”, identificandoli come “responsabili del trattamento” quando trattano i dati dei dipendenti dei clienti “in base all’incarico da questi ricevuto”.

L’Autorità ha chiarito ieri in una nota, che “il Regolamento (UE) 679/2016 si pone in linea di continuità con quanto già prefigurato dalla Direttiva 95/46/CE”.

Tale Regolamento va a confermare le definizioni di titolare e responsabile del trattamento: il primo resta il soggetto che “determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali”; il secondo è colui che “tratta dati personali per conto del titolare del trattamento”.

Curando, come detto, per conto di datori di lavoro la predisposizione delle buste paga, le pratiche relative all’assunzione e al fine rapporto, o quelle previdenziali e assistenziali, i consulenti del lavoro di fatto trattano una pluralità di dati personali, anche sensibili, dei lavoratori.

Possiamo quindi considerare i consulenti del lavoro:

  • titolari” quando trattano, in piena autonomia e indipendenza, i dati dei propri dipendenti oppure dei propri clienti quando siano persone fisiche, come ad esempio i liberi professionisti determinando puntualmente le finalità e i mezzi del trattamento;
  • responsabili” quando trattano i dati dei dipendenti dei loro clienti sulla base dell’incarico ricevuto, che contiene anche le istruzioni sui trattamenti da effettuare.

Il Garante, infine, ha chiarito che ai consulenti, pur in qualità di responsabili del trattamento, “è riconosciuto un apprezzabile margine di autonomia e correlativa responsabilità anche con riguardo alla individuazione e predisposizione di idonee misure di sicurezza, sia tecniche che organizzative, a tutela dei dati personali trattati”.

Secondo dati ufficiale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, questi in Italia sono circa 23.000, hanno 70.000 dipendenti, amministrano 1.000.000 aziende con 7 milioni di addetti; gestiscono personale dipendente per un monte retribuzioni di circa 100.000 miliardi all’anno, redigono 1.200.000 dichiarazioni dei redditi ed esercitano funzioni di conciliazione o di consulenza di parte o di consulenza tecnica del giudice in oltre 100.000 vertenze di lavoro.