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Data intelligence: le aziende europee investiranno 100 miliardi di dollari entro il 2022

Oggi la raccolta e l’analisi dei dati provenienti dalle più disparate fonti, dal web agli smartphone, sono attività che possiamo tranquillamente definire strategiche per le imprese che vogliano programmare una strategia efficiente sul mercato.

I big data e le piattaforme analytics (analytical tools) consentono alle organizzazioni di sviluppare soluzioni integrate di web intelligence da cui estrarre indicazioni utili alla valorizzazione e al potenziamento della presenza dei brand e dei prodotti collegati in rete e sui mercati, tanto quelli digitali, quanto quelli tradizionali (il negozio sotto casa per intenderci o i centri commerciali).
La data intelligence serve proprio all’interpretazione dei dati raccolti e allo sviluppo di strategie di business che sappiano anticipare la domanda del mercato ed in qualche caso orientarla o crearla addirittura.

In questi termini, fondamentale è il rapporto con gli utenti di rete, con i consumatori, per i quali sono creati diversi modelli di customer experience (CX) in nome di un processo di personalizzazione non solo dei servizi, ma della stessa esperienza utente, sempre più attento al contesto emotivo (i desideri), sociale (le tendenze) e culturale (stili di vita) in cui viviamo. Secondo dati forniti da IDC, per l’82% dei business executive europei la CX è già al momento la massima priorità aziendale ed entro il 2022 gli investimenti in questo settore dovrebbero raggiungere i 100 miliardi di dollari.
La customer experience è divenuta la priorità numero uno per le aziende europee, lasciando alle proprie spalle tematiche quali la sicurezza e l’efficienza. La necessità di differenziarsi obbliga le aziende ad avere una conoscenza sempre più approfondita dei clienti, riconoscendone l’unicità e gestendo l’elasticità della relazione. L’utilizzo di dati condensati, l’adozione dell’intelligenza artificiale e la creazione di una roadmap mirata all’implementazione di una nuova piattaforma CX determineranno i risultati e il successo di molte aziende”, ha dichiarato in una nota aziendale Andrea Sangalli, Research Director, EU CX Practice co-Leader di IDC.

L’aumento dell’uso della tecnologia da parte dei consumatori, secondo i ricercatori IDC, si riflette in più “interfacce di engagement” e in più dati a disposizione delle aziende, ma alza anche le aspettative dei consumatori stessi: dai device mobili all’Internet of Things, dall’elaborazione del linguaggio naturale all’intelligenza artificiale (IA), quello che oggi funziona per il cliente potrebbe non essere più sufficiente domani.

La customer experience, sfruttando queste tecnologie e il lavoro degli assistenti digitali, dovrà poi “trasformarsi da transazionale a conversazionale”. Entro il 2022, il 30% delle aziende utilizzerà tecnologie interattive conversazionali per supportare attività di customer engagement nel marketing, nelle vendite e nell’assistenza, si legge in una nota IDC.

Le aziende, infine, sempre in ottica di CX avanzata, devono anche proteggere l’intero customer journey attraverso il consenso del cliente, così da garantire il rispetto delle normative (per esempio il GDPR) e la confidenzialità. A tal proposito, secondo la società di ricerche, entro il 2020 il 50% delle imprese integrerà opportunità progressive di consenso in tutte le fasi del customer journey, che è l’intero itinerario che il cliente percorre quando instaura una relazione con un’impresa, nel tempo e nei diversi “ambienti” di contatto, siano essi offline che online.

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