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Data economy, nel 2020 varrà 643 miliardi in Europa. Il ruolo delle città nella catena del valore dei dati

L’economia dei dati, o data economy, è stimata in Europa attorno ai 643 miliardi di euro di valore nel 2020. Come illustrato a gennaio di quest’anno dalla Commissione europea, già nel 2015 il settore aveva raggiunto i 272 miliardi di euro di valore, con una crescita annuale del 5,6%.

Nel documento presentato, la Commissione proponeva soluzioni politiche e giuridiche più efficaci per realizzare un’economia dei dati a livello di tutta l’Unione europea, nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale presentata nel maggio 2015.

I dati dovrebbero poter circolare liberamente da un luogo all’altro, al di là delle frontiere e all’interno di uno spazio di dati unico”, aveva dichiarato Andrus Ansip, Vicepresidente responsabile per il Mercato unico digitale. “In Europa, l’accesso ai dati e il loro flusso sono spesso ostacolati dalle norme sulla localizzazione o da altre barriere tecniche e giuridiche. I dati devono essere usati se vogliamo che la nostra economia dei dati produca crescita e occupazione”.

Il punto è, ancora oggi, a 9 mesi da quelle parole, che l’Ue non sta sfruttando in modo ottimale il suo potenziale in termini di dati. Per raggiungere un valore economico così elevato, come quello prospettato dalla Commissione, è necessario rimuovere le restrizioni ingiustificate alla libera circolazione transfrontaliera dei dati eliminando inoltre diverse incertezze giuridiche. La comunicazione presentata a gennaio suggerisce soluzioni politiche e giuridiche per realizzare la data economy europea.

Se nel 2020 il mercato dei dati nell’Ue raggiungerà il valore complessivo di 643 miliardi di euro, significa che anche i posti di lavoro cresceranno. Nel Rapporto di inizio anno, si stimavano per quella data 7,5 milioni di occupati nell’economia dei dati.

I dati, come ben spiegato da un recente Report scaricabile dallo European Data Portal,  possono essere utilizzati per migliorare quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana, dall’analisi aziendale alle previsioni del tempo, dai progressi della medicina che permettono di prestare cure personalizzate a una maggiore sicurezza stradale e alla riduzione degli ingorghi. Per questa ragione la comunicazione della Commissione pone l’accento sul ruolo della libera circolazione dei dati nell’UE.

In prospettiva, nella catena del valore dei dati, il ruolo delle città crescerà notevolmente. Grazie all’importanza degli open data, infatti, i centri urbani saranno i nuovi driver di tale economia. Il mercato europeo dei dati aperti potrebbe raggiungere il valore di 75,7 miliardi di euro nel 2020, con un incremento del 27% rispetto al 2017.

Anche le proiezioni italiane sono interessanti, con oltre 8 miliardi di euro nel 2020 e solo del mercato diretto.

Tornando alle città, su suggerimento dell’Ue, ogni area urbana può e deve sviluppare una piattaforma open data accessibile a tutti. In questo modo le informazioni sui livelli di inquinamento, di traffico, di criminalità, di accesso ai servizi e tanto altro ancora, sono facilmente raggiungibili da cittadini, altre amministrazioni pubbliche e gli stessi privati.

Le tecnologie smart city presenti in gran parte dei progetti di rigenerazione/riqualificazione urbana presentati negli ultimi anni aiutano a implementare tali piattaforme e a diffondere ed utilizzare le soluzioni dell’Internet delle cose, altra tecnologia in grado di raccogliere un’infinità di dati su ogni tematica: dai rifiuti al clima, dalla CO2 all’efficienza energetica, dall’utilizzo dei mezzi pubblici alle auto private.

Ad oggi, le barriere principali all’adozione e il maggiore impiego degli open data sono di natura tecnologica (87,5% dei casi), giuridica/amministrativa (62,5%), finanziaria (37,5%) e politica (25%).

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