SpaceX lancerà i nuovi satelliti Starlink V3 a partire da metà 2026
I data center spaziali non sono una novità, dal punto di vista progettuale e tecnologico, ma fino ad ora la sfida è sembrata difficile da raccogliere. Almeno fino ad oggi. Alla domanda “ma è possibile spostare i data center nello Spazio?”, Elon Musk su X ha risposto senza indugi: “Basterebbe semplicemente potenziare i satelliti Starlink V3, dotati di collegamenti laser ad alta velocità. Sarà SpaceX a farlo”.
I satelliti Starlink V3 (terza generazione) sono satelliti in orbita terrestre bassa (LEO) progettati da SpaceX per fornire connessione internet a banda larga ad alta velocità e bassa latenza ovunque sulla Terra. Danno vita ad una costellazione di migliaia di satelliti che orbitano a circa 550 km di altitudine.
Come annunciato direttamente da SpaceX in un recente aggiornamento, l’azienda “prevede di iniziare a lanciare i satelliti di terza generazione nella prima metà del 2026. Ognuno di questi nuovi satelliti è progettato per fornire oltre un terabit al secondo di capacità di downlink (oltre 1.000 Gbps) e più di 200 Gbps di capacità di uplink ai clienti a terra. Si tratta di una capacità superiore rispettivamente di 10 volte (downlink) e 24 volte (uplink) se comparata con quella dei satelliti di seconda generazione”.
Ogni lancio di satelliti di terza generazione tramite Starship, si legge ancora nella nota, “dovrebbe aggiungere 60 Tbps di capacità alla rete, ovvero più di 20 volte quella aggiunta dagli attuali lanci. Inoltre, i satelliti di terza generazione sfrutteranno i computer, i modem, il beamforming e lo switching di nuova generazione di SpaceX e opereranno a bassa quota per ridurre ulteriormente la latenza della rete”.
Verso il cloud spaziale, ma con problemi irrisolti di sostenibilità e sicurezza
In base al posti di Musk su X, è facile capire che ci troviamo di fronte ad una nuova fase storica per il cloud computing, le telecomunicazioni e la capacità di connettere centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Tutto dallo Spazio.
Musk vuole trasformare la sua costellazione di satelliti in un’infrastruttura cloud di nuova generazione, che supera definitivamente alcuni limiti, principalmente energetici, con la possibilità di sfruttare l’energia solare in maniera massiva.
Dal punto di vista di spazio fisico e ambientale, molto meno, perché non è pensabile riempire la bassa orbita terrestre di decine di migliaia di satelliti e non si può semplicemente “spostare” il problema della sostenibilità dal piano terrestre a quello orbitale.
Si pongono, inoltre, anche seri problemi di sicurezza, continuità e affidabilità del servizio. I satelliti di SpaceX sono ormai un asset geopolitico. La natura strategica di queste infrastrutture pone interrogativi seri in termini di cybersecurity, perché trasforma i satelliti in bersagli militari o di organizzazioni criminali.
Dipendere da queste infrastrutture rende i Governi, le industrie e le imprese più vulnerabili e scarsamente resilienti nei confronti di qualsiasi strategia geopolitica aggressiva da parte di enti statali e proxy militari ostili.
Non a caso, l’idea di portare i data center nello Spazio è anche alla base di Ascend (Advanced Space Cloud for European Net zero emission and Data sovereignty), un progetto della Commissione europea il cui studio di fattibilità è stato commissionato a Thales Alenia Space, una joint venture Thales (67%) e Leonardo (33%). Nel 2030 i data center dovranno avere una capacità di 23 GW per rispondere alle necessità del mercato e Ascend si prefigge l’implementazione di 1 GW prima del 2050.
La concentrazione di potere nelle mani di un’azienda e di un solo uomo
Non ultimo, per importanza, è il tema dell’eccessiva concentrazione di potere nelle mani di una sola azienda, o di un solo uomo.
Geopoliticamente, la concentrazione di potere tecnologico nelle mani di SpaceX ed Elon Musk pone una serie di tensioni, dato che molti Governi si preoccupano della dipendenza da un’infrastruttura critica privata e legata ad un altro Paese, gli Stati Uniti (di cui abbiamo ampiamente saggiato le difficoltà di relazionamento politico e commerciale negli ultimi tempi), con conseguenze dirette sulla sovranità digitale.
L’Unione europea, per esempio, teme che questo monopolio privato possa limitare la sua autonomia tecnologica e sta lavorando a progetti satellitari alternativi (come IRIS²) per contare progressivamente sempre meno sugli Stati Uniti. Cina e Russia, allo stesso tempo, vedono in Starlink un’evidente leva strategica americana nella conquista dello Spazio e si stanno mobilitando per contrastarla con proprie costellazioni, aumentando il problema della sicurezza orbitale (Pechino sarebbe pronta ad armare i propri satelliti per future guerre spaziali, con i satelliti come principali obiettivi militari e di cyberattacchi).
Il dominio SpaceX e l’impatto sistemico sulle comunicazioni civili, militari e industriali
Una rete così vasta e centralizzata di satelliti, sempre più progettati per finalità “dual use” può rappresentare un target vulnerabile per attacchi informatici, con il rischio che una minaccia, un attacco o un disserrvizio su scala globale possa avere un impatto sistemico sulle comunicazioni civili, militari e industriali. Inoltre, la gestione unilaterale di SpaceX sulle decisioni operative può condizionare eventi geopolitici, come già accaduto nel conflitto Russia-Ucraina, dove Musk ha limitato o permesso l’uso della rete secondo proprie valutazioni.
Da un punto di vista squisitamente di mercato, infine, la posizione dominante di SpaceX rischia di soffocare la competizione, creando un monopolio nelle telecomunicazioni satellitari con poca trasparenza e controllo pubblico. Ciò può portare a prezzi, condizioni di accesso e controlli data-driven, non proprio democratici e comunque poco allineati con gli interessi nazionali o di organizzazioni sovranazionali.
In arrivo la 2^ edizione di Space & Underwater, la Conferenza internazionale dedicata ai domìni Spazio e Subacqueo, che si terrà il 3 dicembre 2025.
Ecco il videoreportage della 1^ edizione:
