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Data center, pilastro economico e occupazionale. Peritore (AIIP): “Valorizzare filiera nazionale”. Baldassarra (Seeweb): “Qualsiasi agevolazione non sia discriminatoria”

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I data center sono infrastrutture critiche per indipendenza digitale, competitività e transizione energetica. Lo studio TEH Ambrosetti e A2A. I commenti del Presidente AIIP, Giuliano Peritore, e del CEO di Seeweb, Antonio Baldassarra.

Una data economy da 60 miliardi, destinata a triplicare

I data center non sono più semplici infrastrutture tecnologiche. Lo Studio 2025 presentato a Cernobbio, realizzato da A2A TEH Ambrosetti, dal titolo “L’Italia dei data center. Energia, efficienza, sostenibilità per la transizione digitale”, li definisce asset strategici per la transizione digitale e per la competitività del Paese, al pari di energia, reti e grandi hub logistici.

Il valore della Data Economy italiana è pari oggi a 60 miliardi di euro (2,8% del PIL). Se l’Italia raggiungesse l’incidenza sul PIL dei best performer europei (Estonia, Finlandia, Lituania, Paesi Bassi e Svezia), arriverebbe a 206,7 miliardi di euro nel 2030, con un peso del 7,9% sul PIL.

La rapida espansione della connettività, del cloud, dell’IoT e dell’Intelligenza Artificiale sta generando una crescita senza precedenti di dati e capacità computazionale. Secondo lo studio, entro il 2040 l’Italia vedrà:

  • una crescita esponenziale del numero di dispositivi Internet of Things (IoT) connessi,
  • un forte aumento del traffico dati sulle reti fisse,
  • un incremento a doppia cifra dell’utilizzo di servizi cloud,
  • un raddoppio del volume di dati di cybersecurity.

Mazzoncini (A2A): “Indispensabile una programmazione che eviti modelli di crescita incontrollata

La crescita dei data center, ha spiegato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato e Direttore Generale di A2A nella prefazione allo studio, “trainata da connettività, cloud e intelligenza artificiale, è un fenomeno globale che interessa Stati Uniti, Asia ed Europa. Nel nostro continente si osservano dinamiche in rapida evoluzione: mentre i grandi hub storici europei – Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi, Dublino (FLAPD) – rallentano per saturazione, per l’Italia si è aperta una finestra di opportunità grazie al crescente interesse da parte degli investitori internazionali con Milano e la Lombardia che si stanno affermando come poli strategici”.

Per promuovere uno sviluppo sostenibile dei data center, è indispensabile una programmazione che eviti modelli di crescita incontrollata, con effetti negativi su infrastrutture, ambiente ed energia”, ha sottolineato Mazzoncini.

La mappa italiana: 168 data center, Milano hub emergente

A livello globale nel 2024, secondo lo Studio, erano censiti 10.332 data center in 168 Paesi: oltre 5.000 negli Stati Uniti, più di 2.254 nell’Unione Europea. L’Italia, con 168 data center, è il 13° Paese al mondo.

La capacità installata è di 513 MW (+17% rispetto al 2023), con una superficie di 333.341 m² (+15% in un anno).

In Italia, oltre il 60% si concentra in Lombardia e Milano da sola rappresenta il 46% (238 MW), più di Madrid (172 MW) e oltre il doppio di Zurigo (110 MW).

Mentre gli hub europei storici di data center (FLAPD) mostrano segnali di rallentamento a causa della saturazione del mercato, l’Italia attira crescente interesse da parte degli investitori.

Peritore (AIIP): “Valorizzare ruolo della filiera nazionale delle imprese sul territorio e del procurement della PA”

La transizione digitale ha bisogno dei data center come i data center hanno bisogno della transizione digitale. Lo sviluppo dei data center italiani è un processo in corso ed ineluttabile – ha commentato il Presidente AIIP, Giuliano Peritoreche va governato senza creare distorsioni di mercato, tutelando quindi con attenzione gli operatori già attivi sul territorio nazionale da qualsivoglia discriminazione fiscale o relativa ad i costi di approvvigionamento di energia. Non bisogna però farsi prendere da facili entusiasmi. Anche in uno scenario di crescita “moderato”, diciamo 5 GW al 2040, e non 50 GW come in alcune fantasiose previsioni, e quindi con un glide-path realistico di circa 300 MW addizionali / anno, non possiamo dimenticare che 5 GW corrispondono ad un costo energetico vivo annuo di almeno 7 miliardi, nella migliore delle ipotesi, cui vanno sommati il deprezzamento ed i costi di ammortamento degli investimenti in acquisizione di aree, costi di costruzione, acquisizione di hardware, licenze software, altri beni, personale, servizi, ecc. ed infine un margine lordo. E tutto questo deve trasformarsi in ricavi. Chi pagherà questi ricavi? Senza ricavi il risultato sarebbe quello di avere cattedrali nel deserto. Anche se l’intera crescita prospettica del mercato ICT/TLC italiano ai tassi attuali di crescita venisse spesa solo per servizi di data center e non per alcun altro servizio o prodotto, non sarebbe sufficiente”.

Come AIIP riteniamo doveroso valorizzare il ruolo della filiera nazionale delle imprese sul territorio, molte delle quali hanno investito in data center e cloud in linea con le esigenze dell’industria nazionale. Se queste imprese, che rappresentano competenze e posti di lavoro sul territorio italiano, trovassero un valido alleato nel procurement della Pubblica Amministrazione – ha sottolineato Peritore – ne beneficerebbe la digital economy italiana anche garantendo un futuro di competenze ai nostri giovani che non devono essere spettatori ma attori nella nuova economia digitale. In AIIP crediamo nelle competenze del nostro Paese, la cui sovranità digitale non può prescindere dal controllo di quelle che sono le proprie risorse, che nel mondo moderno sono i dati di tutti noi e la capacità di gestirli in totale autonomia”.

Baldassarra (Seeweb): “Essenziale che qualsiasi agevolazione, anche in tema di energia, non sia discriminatoria e riservata a tutti gli operatori

E’ sicuramente un punto di soddisfazione, per i tanti operatori italiani del settore che ormai da decenni vi lavorano, vedere il tema dei datacenter, solitamente riservato a pochi addetti ai lavori, diventare oggetto di discussione del Forum Ambrosetti a Cernobbio. Personalmente, ho qualche dubbio sulle valutazioni delle reali necessità di risorse di datacenter che si stanno facendo: com’è riportato nello stesso studio presentato, sono attivi datacenter nel Paese per 512MW e fanno funzionare, direi egregiamente, Internet, il Cloud, le Banche, l’intelligenza artificiale etc., sostenendo un’economia digitale dei dati valutata in 65 miliardi. 
Le stime però dei consumi futuri, 2,5GW già nel 2030 sono poco convincenti in quanto ipotizzano il futuro dei prossimi 10 anni costruito con le tecnologie dei precedenti 10 anni, fortunatamente nel mondo dell’elettronica e dell’informatica un “disastro” del genere non è mai accaduto e non accadrà nemmeno questa volta: quando le “nubi della speculazione” si diraderanno la verità sarà inesorabile e si faranno i conti con la sostenibilità degli investimenti
”, ci ha detto Antonio Baldassarra, CEO di Seeweb e DHH.  

Auspico solo che, oltre agli investitori impegnati nella costruzione di questi mega datacenter, non vengano risucchiate negli effetti negativi  anche le aziende sane che hanno investito e che continuano ad investire nei datacenter in base a criteri basati sulle esigenze di mercato e dell’innovazione tecnologica, le stesse che “fanno funzionare” il digitale come lo conosciamo oggi con “soli” 512MW e per scongiurare questo – ha proseguito Baldassarra – è essenziale che qualsiasi agevolazione, anche in tema di energia, non sia discriminatoria, sia orizzontale e riservata a tutti gli operatori indipendentemente dalle dimensioni o da qualsiasi altro elemento distintivo”. 

In Italia ancora non esiste una normativa che preveda lo sviluppo dei data center in modo omogeneo sul territorio nazionale. Ad oggi sono quasi tutti nel Milanese: Rozzano, Peschiera Borromeo, e tanti e tanti comuni, dove i colossi informatici nella provincia di Milano stanno costruendo il loro hub.
Colmare questo gap normativo sui data center è il primo obiettivo delle cinque proposte di legge (PdL) di Giulia Pastorella (Azione), Anna Ascani (PD), Giulio Centemero (Lega), Antonino Iaria (M5S) e Vincenzo Amich (FDI), poi confluite in un testo unificato.

La sfida energetica: dal 1% al 4% dei consumi globali

Tornando ai dati raccolti da TEHA e A2A, i data center sono infrastrutture energivore e richiederanno una ragionata pianificazione strategica. Nel 2024 hanno consumato a livello globale 371 TWh di elettricità (circa l’1% del totale). Al 2035 la domanda potrà arrivare a 1.600 TWh, pari al 4% dei consumi mondiali.

In Italia la traiettoria è altrettanto rapida:

  • la potenza installata potrebbe passare da 513 MW (2024) a 2,3 GW (2035 scenario tendenziale), fino a 4,6 GW (scenario full potential);
  • l’incidenza sui consumi elettrici nazionali salirebbe dal 1,9% (2023) al 7,4% (2035 tendenziale) e al 12,7% (2035 full potential).

Le richieste di connessione in alta tensione hanno già raggiunto 55 GW ad agosto 2025, con 67 nuove domande solo tra febbraio e agosto (15 GW), superando del 60% il totale delle richieste del quinquennio 2019-2023.

Qui l’ulteriore sfida tutta politica è nel non favorire come al solito i grandi player, ma puntare maggiormente e con convinzione sulla filiera nazionale, gli attori che già da anni lavorano a livello regionale e che già hanno investito in data center, cloud e transizione digitale in modo consapevole e adeguato alle reali esigenze e che potrebbero trovare un valido alleato nel procurement digitale della pubblica amministrazione (PA).

I data center hanno bisogno di alimentazione costante, 24 ore su 24, 365 giorni l’anno. Con il crescente ruolo delle fonti energetiche rinnovabili – caratterizzate da intermittenza – lo studio sottolinea la necessità di integrare le FER con le centrali a ciclo combinato.

Alcuni operatori globali (Microsoft, Google) stanno valutando in prospettiva anche l’uso di energia nucleare o SMR (Small Modular Reactors) per stabilizzare la fornitura. Nel breve termine, il gas naturale resta una risorsa di backup.

Pilastro economico e occupazionale

Investire in data center non è solo un tema tecnologico, ma industriale e politico: nello scenario tendenziale al 2035, il settore contribuirà a circa il 6,4% della crescita annua del PIL; nello scenario full potential, fino al 15,6%.

In valore assoluto, significa circa 55 miliardi di euro di PIL aggiuntivo.

Sul fronte occupazionale, si attendono: 77.517 nuovi posti di lavoro nello scenario tendenziale al 2035 e 152.055 occupati in quello full potential, con profili altamente qualificati e legati alle filiere locali.

Lo studio evidenzia quattro dimensioni chiave:

  • sicurezza nazionale: mantenere i dati critici sotto giurisdizione italiana.
  • innovazione: prossimità alla potenza computazionale per IA, cloud ed edge computing.
  • benefici economici: attivazione di startup, costruzioni, servizi IT e filiere energetiche.
  • sostenibilità: recupero di calore per il teleriscaldamento, utilizzo di aree brownfield per preservare suolo greenfield, valorizzazione dei RAEE (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, fino a 74 mila tonnellate riciclabili all’anno, per 133 milioni di euro di valore economico).

Con il recupero termico, i data center potrebbero scaldare 800 mila famiglie, riducendo le emissioni di 2 milioni di tonnellate di CO₂.

Leve di efficientamento e circolarità

Il 75% dei KPI UE per la sostenibilità dei data center è legato all’efficienza energetica. Le leve individuate da TEHA:

  • diffusione del teleriscaldamento,
  • contratti PPA per approvvigionamento di energia rinnovabile (Power Purchase Agreement, sono accordi a lungo termine stipulati tra un produttore di energia rinnovabile e un acquirente – azienda, ente o utility – per la compravendita di elettricità a un prezzo prestabilito, garantendo stabilità all’acquirente e un flusso di entrate al produttore, spesso con l’obiettivo di finanziare nuovi impianti rinnovabili e ridurre le emissioni);
  • valorizzazione dell’Economia Circolare;
  • recupero aree dismesse (brownfield).

In uno scenario full potential, la pianificazione strategica del settore porterebbe benefici sistemici enormi:

  • -5,7 milioni di tonnellate di CO₂ evitate,
  • risparmi economici stimati in 1,7 miliardi di euro annui,
  • fino a 30,9 TWh di energia pulita prodotta con contratti PPA.

La posta in gioco per l’Italia e l’Europa: regolamentazione efficace, sostenibilità e indipendenza

Il messaggio dello Studio 2025 è chiaro: i data center sono infrastrutture critiche per la sovranità digitale, la competitività economica e la transizione energetica.
Per l’Italia rappresentano un’occasione di crescita e di innovazione, ma richiedono pianificazione politica, coerenza regolatoria e visione strategica per evitare i rischi di crescita incontrollata già emersi in Irlanda e Virginia, dove i data center hanno pesato rispettivamente sul 21% del consumo elettrico nazionale (Irlanda, 2023) e aumentato del 65% il consumo idrico (Virginia, 2019-2023).

L’Europa, oggi in posizione marginale rispetto agli Stati Uniti, deve decidere se rimanere dipendente da piattaforme e infrastrutture straniere o investire in maggiore indipendenza, per costruire un proprio modello sostenibile di data economy.

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