Il nostro articolo di ieri dal titolo Data center, perché l’iter della legge è a rischio in Parlamento? ha scoperchiato un vaso di Pandora. Soprattutto ha messo in luce il malumore di tanti imprenditori e operatori indipendenti digitali italiani. Abbiamo intervistato Giuliano Peritore, Presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP), storica organizzazione che dal 1995 rappresenta e tutela gli operatori indipendenti del settore telco e cloud.
Key4Biz. Il Governo Meloni è l’esecutivo del Made in Italy, mentre con la Legge delega sui data center Fratelli d’Italia punta al Make in Italy. Perché AIIP, che non è un’associazione “contro” ma un’associazione “per”, critica il testo attuale del provvedimento, ora in discussione alla Camera dei deputati?
Giuliano Peritore. La Legge delega sui “centri di elaborazione dati” rischia di essere il colpo di grazia per l’ecosistema italiano dell’innovazione: un settore che, fino ad oggi, ha retto non grazie a fondi iperspeculativi, ma grazie alla visione e agli investimenti di operatori indipendenti, molti dei quali rappresentati da AIIP, che hanno creduto nella trasformazione digitale del Paese quando il digitale non era ancora un tema giornalistico. Ci si dovrebbe chiedere, infatti, con quali data center funzionino i servizi Internet oggi in Italia e quale sia il reale trend di crescita dei prossimi anni tra il normale sviluppo dei servizi tradizionali e quello dei servizi digitali innovativi quali, per esempio, quelli IA-based, fermo restando che per ogni individuo il tempo da dedicare al digitale, ma anche il relativo budget economico, rimane pressoché costante – oltre naturalmente a quale sia il trend verso la crescita di servizi erogabili dall’Italia verso l’estero in una prospettica inversione di tendenza.
Key4Biz. Nel merito, cosa contestate del testo unificato?
Giuliano Peritore. Mentre i nostri associati hanno affrontato negli anni i normali iter autorizzativi, valutazioni ambientali, norme urbanistiche, oggi si assiste a un’inversione brutale di paradigma: chi ha già costruito, nel pieno rispetto delle regole e del territorio, si ritrova escluso dai benefici; chi arriva oggi, spesso con capitali esteri e con l’animo di realizzare infrastrutture non neutrali (quindi spesso non aperte a co-locazione ed interconnessione a beneficio di imprese, pubbliche amministrazioni, operatori locali, fornitori di servizi digitali, integratori locali di ICT, ecc.), viene accolto con una semplificazione normativa senza precedenti.
Key4Biz. L’on. Antonino Iaria (M5S) ci ha detto che teme con questo provvedimento l’effetto negativo avuto con il ‘Salva Milano’ e le deroghe urbanistiche. Secondo lei?
Giuliano Peritore. Anche secondo noi questo rischio c’è. Il cuore della delega affidata al Governo prevede infatti l’introduzione di un canale privilegiato per chi costruisce nuovi “centri di elaborazione dati”: semplificazioni urbanistiche, deroghe ambientali, assenza di vincoli sull’uso del suolo, persino l’eliminazione dell’obbligo di parcheggi, come se i data center del futuro non dovessero più ospitare lavoratori ma solo container refrigerati. È la fotografia perfetta di un modello che spinge verso l’esternalizzazione strutturale: centri di calcolo completamente automatizzati, controllati da remoto, scollegati dal territorio, alimentati dall’energia che è stata frutto di risparmio e, purtroppo, di deindustrializzazione. È la riedizione forse – potenziale s’intende – del “modello Milano” delle SCIA in deroga alle norme, magari senza oneri di urbanizzazione.
Key4Biz. Qual è il paradosso più grande contenuto del testo?
Giuliano Peritore. Il dato più grottesco è che, in questo processo, si è scelto di cancellare perfino la possibilità di detrarre fiscalmente gli investimenti in data center già realizzati o ristrutturati. In altre parole, si comunica con chiarezza a chi ha investito negli ultimi dieci anni, spesso in aree industriali marginali, su immobili recuperati, puntando su efficienza energetica e sostenibilità, che lo sforzo è stato vano, che d’ora in poi il modello è un altro: meno legato al tessuto produttivo italiano, più comodo per chi arriva oggi con un progetto chiavi in mano e un interlocutore politico già seduto al tavolo. Quando invece le grandi, medie e piccole imprese che hanno già investito in Italia sono di fatto, con la loro distribuzione sul territorio, quelle immediatamente più vicine ai fabbisogni di enti locali, cittadini e imprese.
Key4Biz. Vi sentite discriminati dal Parlamento?
Giuliano Peritore. Non è più questione di equità, è questione di visione industriale: perché senza un quadro strategico serio, senza una vera analisi di cosa serva davvero al Paese in termini di capacità di calcolo, infrastrutture critiche e sovranità dei dati, si rischia di cementificare territorio per ospitare data center di proprietà estera, scollegati però da ogni progettualità nazionale. È la replica digitale di ciò che abbiamo già visto nel cemento: prima si costruisce, poi si inventa l’utilità. Quanto è concreto il rischio di costruire cattedrali nel deserto senza una precisa e puntuale analisi della domanda? Analisi che non può essere basata solo sugli annunci di affascinanti investimenti.
Key4Biz. Allora cosa avrebbe dovuto fare il Legislatore?
Giuliano Peritore. Lo Stato, prima di regalare scorciatoie normative, dovrebbe chiedersi che cosa vuole ottenere. Se l’obiettivo è attrarre capitali (dei soliti fondi speculativi…) a qualsiasi costo, allora si abbia il coraggio di dirlo chiaramente e di assumersi la responsabilità di una scelta industriale che marginalizza chi è cresciuto in Italia, con regole italiane, per dare spazio a soggetti che neppure rispondono del proprio operato sul nostro territorio o la cui fiscalità può potenzialmente non ricadere interamente sul nostro Paese.
Se l’obiettivo è costruire una vera infrastruttura digitale nazionale, prima di varare leggi di questo tipo occorre condurre una valutazione seria e puntuale delle infrastrutture già esistenti sul territorio, stimare con rigore la capacità di calcolo effettivamente necessaria e la sua crescita, e solo in seguito procedere con una selezione consapevole dei nuovi siti da realizzare, così come degli insediamenti esistenti da potenziare, anche con valutazioni attente su eventuali conseguenze di eccessive concentrazioni di domanda di energia.
Key4Biz. Da imprenditori digitali italiani siete delusi dal Make in Italy?
Giuliano Peritore. Si badi bene, non si può resistere al progresso, né si può pensare di privare l’Italia di investimenti innovativi ed ingenti che potrebbero qualificarla come hub europeo, ma la loro attrazione e la messa a terra di nuovi progetti non deve generare una sorta di discriminazione inversa a danno di operatori italiani già attivi nel settore, che devono poter usufruire, per esempio, di detrazioni fiscali o di accesso a pari condizioni al mercato dell’energia.