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Data center, perché l’iter della legge è a rischio in Parlamento?  

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Dopo l’ottimo lavoro bipartisan nella Commissione TLC della Camera, grazie al relatore Amich e al Presidente Deidda, l’opposizione è preoccupata che il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica possa “scippare” il testo al Parlamento e trasformarlo in un decreto ministeriale. Secondo Key4Biz, il blitz potrebbe davvero avvenire durante questa pausa estiva. La lobby dei data center già esulta?

Per la normativa italiana i data center non esistono. 

Non esiste un codice Ateco, non esiste una destinazione d’uso. 

Sono considerati, tecnicamente, dei capannoni industriali e in quanto tali chi li costruisce è costretto a realizzare centinaia di parcheggi per i veicoli. Follia normativa nell’era dell’intelligenza artificiale generativa, che è in simbiosi con i centri di elaborazione dati.

E di conseguenza non esiste una normativa che preveda lo sviluppo dei data center in modo omogeneo sul territorio nazionale. Ad oggi sono quasi tutti nel Milanese: Rozzano, Peschiera Borromeo, e tanti e tanti comuni, dove i colossi informatici nella provincia di Milano stanno costruendo il loro hub.

Colmare questo gap normativo sui data center è il primo obiettivo delle cinque proposte di legge (PdL) di Giulia Pastorella (Azione), Anna Ascani (PD), Giulio Centemero (Lega), Antonino Iaria (M5S) e Vincenzo Amich (FDI). Cinque PdL poi confluite in un testo unificato grazie all’ottimo lavoro bipartisan nella Commissione TLC della Camera, grazie al relatore Amich e al Presidente Deidda.

“Io sono solo al mio primo mandato, ma sicuramente è la prima e l’unica volta che ho visto una tale coesione”, ha commentato ieri in Aula alla Camera Pastorella, intervenendo durante la discussione generale.

Fino a ieri, dunque, è stato svolto dalla maggioranza e dall’opposizione nella Commissione TLC un ottimo lavoro per dar vita alla normativa sui data center, ma ora iniziano le frizioni tra i due schieramenti perché dall’opposizione c’è il timore che la legge delega non continui il suo iter in Parlamento, (è atteso per il voto nell’Aula della Camera a settembre), ma venga “scippato” dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) per motivi di urgenza.

Secondo quanto è riuscito a ricostruire Key4Biz, il blitz del MASE potrebbe davvero avvenire questo mese, durante la pausa estiva. La lobby dei data center già esulta?

  • Nell’eventuale decreto ministeriale resterà, come previsto della proposta di Iaria (M5S), “un controllo pubblico sulle destinazioni urbanistiche o sulle specifiche deroghe urbanistiche, per fare in modo di costruire questi data center, che si abbia sempre, appunto, un controllo pubblico”?

Antonino Iaria (M5S): “Temo con deroghe del MASE un Far West nei Comuni”

Non vorrei”, ha spiegato a Key4Biz Iaria, “che anche per i data center succedesse come il ‘Salva Milano’ con delle deroghe urbanistiche con l’obiettivo di creare delle semplificazioni che poi possono essere in futuro delle complicazioni”.

“Temo”, ci ha detto, “che il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica possa, con il suo eventuale decreto, imporre delle deroghe, per accelerare la realizzazione dei data center, ai piani regolatori dei Comuni. Se fosse così, ci sarebbe un Far West nei Comuni”.

“Dal mio punto di vista”, ha continuato il deputato di M5S, “non serve questa forzatura da parte del MASE, perché la legge delega consentirebbe molto libertà legislativa al Governo”.

“E poi”, ha concluso Iaria, “perché non si prevedono incentivi ai data center pubblici – conosco molto bene quelli gestiti da CSI Piemonte e Aria Lombardia, ma ce ne sono davvero tanti nel resto d’Italia. Sarebbe un investimento che gioverebbe sia alla casse dei Comuni, Regioni ed Enti pubblici, che oggi finanziano questi data center pubblici, sia una spesa pubblica utile a rafforzare la protezione dei dati delle Pubbliche Amministrazioni, custoditi in questi data center”.

Amich (FDI): “Il provvedimento pianifica – direi finalmente – in modo sostenibile la crescita del settore, determinante per la trasformazione digitale”

Il provvedimento”, ha raccontato il relatore Vincenzo AmichKey4Biz, “invece, punta a pianificare – direi finalmente – in modo sostenibile la crescita del settore, determinante per la trasformazione digitale e per le sfide tecnologiche del futuro – tenendo conto anche degli impatti ambientali ed energetici, a rendere più rapide le vie autorizzative, a semplificare le procedure per consentire a chi investe e agli amministratori locali di valutare e accogliere proposte di insediamento di queste strutture”.

Russo (FDI): “Make in Italy”

“Per Fratelli d’Italia costruire una politica di sviluppo a lungo termine significa lavorare per creare le condizioni affinché sempre più aziende e sempre più investitori scelgano la nostra Nazione per produrre. Lo abbiamo chiamato ‘Make in Italy’, mandando anche un messaggio a nostro avviso piuttosto chiaro, cioè: scegliete l’Italia, perché l’economia è solida e resiliente, e perché si può contare su un sistema industriale e manifatturiero di prim’ordine, che crea valore aggiunto e moltiplica qui, da noi, le opportunità”, questa la posizione espressa da Gaetana Russo (FDI) in Aula ieri.

Casu (PD): “Non costruire la scorciatoia per qualcuno e, soprattutto, che non si vuole dare l’ennesimo schiaffo al Parlamento”

“Pensiamo che, nel momento in cui si decidesse – e auspichiamo che sia questa la direzione – di agire nell’ambito della cornice costruita con questa norma, questi temi molto rilevanti potranno essere affrontati in una giusta prospettiva, in uno scambio, in un confronto naturalmente tra posizioni anche differenti che ci sono tra maggioranza e opposizione, ma rispettando il fatto”, ha affermato Andrea Casu (PD) nel suo intervento in Aula, “che non si vuole costruire la scorciatoia per qualcuno e, soprattutto, che non si vuole dare l’ennesimo schiaffo al Parlamento.

Pastorella (Azione): “C’è urgenza da parte di operatori e sindaci”

“Il mio auspicio è molto semplice”, ha detto in Aula Giulia Pastorella, “spero naturalmente che l’Esecutivo si muova e recepisca l’urgenza degli operatori, non solo l’urgenza delle imprese che vogliono avere una potenza di calcolo vicino a loro, ma anche l’urgenza dei sindaci, che sono lasciati a loro stessi e non sanno come gestire questi importanti investimenti, così come l’urgenza dei cittadini, che vogliono accesso all’intelligenza artificiale”.

Data Center, cosa prevede il testo unificato

Il testo risultante dal lavoro parlamentare della Commissione TLC della Camera è composto da quattro articoli. 

  1. Il primo articolo prevede di sostenere la crescita del sistema produttivo digitale e lo sviluppo tecnologico del Paese, attraverso la definizione di una normativa di carattere generale in materia di data center, che ne garantisca anche – come aggiunto nel corso dell’esame in sede referente – l’approvvigionamento energetico sostenibile, circolare e costante. 

Secondo quanto riportato dall’Agenzia internazionale dell’energia, nel 2030, il consumo mondiale dei data center raddoppierà, arrivando fino a circa il 3 per cento del consumo energetico globale. Al fine di affrontare l’aumento della domanda di energia elettrica, anche alla luce delle condizioni attuali della rete elettrica in Europa, si stima che serviranno investimenti pari a circa 3 miliardi di euro.

  • Il secondo articolo fornisce la definizione di “centro di elaborazione dati”, ovvero il complesso costituito dalla struttura fisica e dall’infrastruttura tecnologica per la progettazione, la produzione, lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni e di servizi informatici, nonché per l’archiviazione, l’elaborazione, il trattamento e la gestione dei dati associati a tali applicazioni e servizi.
  • Il terzo articolo reca una delega al Governo, da esercitarsi entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, i cui principi e criteri direttivi vanno dalla semplificazione amministrativa attraverso, ad esempio, l’attribuzione di un codice Ateco al comparto, alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza energetica, alla cybersicurezza, fino alla promozione della formazione tecnica e digitale. Resta fermo che il testo prevede che gli schemi di decreto delegato dovranno essere sottoposti al parere parlamentare, affinché le Commissioni competenti possano verificare che lo spirito di questa legge, da com’è nato tutto questo lavoro, sia stato ben colto dall’Esecutivo.
  • Il quarto articolo, infine, specifica l’applicabilità della legge alle autonomie speciali nel rispetto dei relativi statuti. In particolare, nella definizione dei principi e dei criteri direttivi, abbiamo voluto rafforzare alcuni aspetti qualificanti del testo, e porterò alcuni esempi: ad esempio, la promozione di infrastrutture per il recupero del calore residuo, come i sistemi di teleriscaldamento; la possibilità di utilizzare siti dismessi per realizzare i nuovi data center; il potenziamento della rete elettrica nazionale; l’ampliamento delle competenze dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’Agcom, e dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, l’ACN, per garantire un corretto controllo sull’utilizzo dei sistemi iCloud e la vigilanza sui protocolli di sicurezza. 

Si tratta di un testo con scelte concrete che coniugano innovazione, ambiente e sviluppo economico. Sono orgoglioso del lavoro che ho svolto”, ci ha raccontato il relatore Vincenzo Amich (FDI), “insieme alla collaborazione dei colleghi in Commissione. Sono convinto che, con questa legge e con i successivi decreti delegati, l’Italia si doterà di uno strumento moderno, utile e strategico, capace di sostenere in modo efficace la trasformazione digitale in corso”.

Se il decreto ministeriale del MASE non dovesse arrivare, il testo unificato è atteso a settembre alla Camera per poi passare al Senato.

*Nota per i colleghi giornalisti: se copi, citaci.

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